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Il 1° gennaio 1948 nasceva la Costituzione Italiana

Un riconoscimento alla democrazia e al futuro – Di Daniele Bornancin

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Il Presidente della Repubblica Enrico De Nicola firma la costituzione alla presenza di Alcide De Gasperi.
 
Il 1° gennaio del 1948, dopo circa due anni di lavori, entra ufficialmente in vigore la Costituzione italiana, uno scritto che racchiude un’insieme di disposizioni, che ancora oggi regolano il funzionamento dello Stato.
L’Italia non aveva mai avuto una vera Costituzione, fatta eccezione per lo Statuto Albertino, promulgato da Carlo di Savoia nel 1848 periodo del Regno Sardo – Piemontese e adottato nel 1861 e poi con il Regno d’Italia, rimasto in vigore fino al 1946, quando attraverso una serie di decreti legislativi venne introdotto un regime costituzionale transitorio.
Il testo della Costituzione consegna per la prima volta al Paese una fonte di diritto superiore, una legge fondamentale, dalla quale provengono in via gerarchica tutte le altre leggi.
Il 2 giugno del 1946, il referendum per la scelta tra repubblica e monarchia, sancì la nascita della Repubblica.
 
Per la prima volta si votò con il suffragio universale maschile e femminile, l’Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi, distribuiti in 31 collegi elettorali.
Nelle varie formazioni politiche emersero la Democrazia Cristiana con il 35,2 % e 207 seggi, il Partito Socialista con il 20,7% e 115 seggi, il Partito Comunista con il 18,9% e 104 seggi, il Partito Repubblicano con il 4,4%.
Il confronto e la discussione tra le forze politiche per l’esame del testo della Costituzione risultò appassionato e durò fino al gennaio 1948. I lavori delle varie commissioni terminarono il 31 gennaio del 1947 quando il Comitato di redazione, composto da 18 membri, presentò all’aula parlamentare il progetto della Costituzione.
Dal 4 marzo al 20 dicembre proseguì senza sosta la discussione all’interno dell’aula e il 22 dicembre del 1948, con 458 voti favorevoli e 62 contrari venne approvato il testo definitivo.
Il 27 dicembre, il Capo dello Stato, promulgò la nuova Costituzione repubblicana, che entrò in vigore il primo gennaio di 68 anni fa.
 
Di grande rilievo soprattutto sul piano etico di questo importante punto di riferimento, gli articoli inerenti i principi della sovranità popolare, della democrazia, del pluralismo, dei diritti della libertà e del lavoro, dell’uguaglianza davanti alla legge, dell’unitarietà dello Stato, delle Autonomie, dello sviluppo della cultura e della tutela del paesaggio.
Negli anni, anche merito della Carta costituzionale, il nostro Paese è stato l’unica democrazia del Mediterraneo a superare le varie difficoltà, compresa la drammatica stagione del terrorismo rosso e i tentativi di golpe della destra.
Negli anni novanta sono state introdotte leggi elettorali prima in parte maggioritarie e in parte proporzionale, poi tornate proporzionali con premio di maggioranza .
Si è giunti quindi ad una riforma istituzionale introdotta grazie all’azione congiunta del referendum di Segni, fortemente supportata dall’opinione pubblica, che ha reso inutile anche l’effettuazione del referendum stesso ed inoltre dal lavoro particolare di alcuni parlamentari riformisti attraverso altri disegni di legge.
 
Nel 1993 la legge Mattarella, anch’essa impostata da un referendum, ha spostato il sistema elettorale ad una dinamica bipolare ed ha spinto i partiti ad aggregarsi intorno a due coalizioni.
Pur tuttavia, negli ultimi vent’anni si sono susseguite diverse e varie forme di alternanza, con criteri di delegittimazione reciproca tra i due schieramenti, senza giungere ad una stabilità di governo, senza procedere a significative riforme e senza attuare ricambi dei gruppi dirigenti.
Queste leggi inserite in un sistema istituzionale parlamentare, rimasto immutato nel tempo, non sono riuscite a conciliarsi pienamente con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio.
Nel 2000 sono stati inseriti commi di articoli per le elezioni nelle varie circoscrizioni territoriali di componenti della Camera e del Senato di cittadini italiani all’estero.
Nel 2003 è stato modificato l’art.51 con l’inserimento delle disposizioni di uguaglianza e pari opportunità tra uomini e donne, sia in campo lavorativo sia nelle cariche elettive. Si è inoltre fissata l’elezione diretta dei sindaci.
 
Da poche settimane il Parlamento italiano ha approvato un nuovo disegno di legge che prevede una divisione del lavoro tra le due Camere e un vero superamento del bicameralismo.
Vi è in tale nuova disposizione legislativa la riduzione a 630 deputati eletti a suffragio universale e la nomina, da parte delle Regioni e delle Provincie Autonome di Trento e Bolzano di 100 senatori (attualmente 320) scelti tra Presidenti di Regione, Consiglieri e Sindaci.
Il Senato sarà quindi costituito da 74 rappresentanti dei Consigli Regionali, 21 Sindaci e 5 persone illustri nominate dal Capo dello Stato e inoltre i nuovi Senatori non voteranno più la fiducia al governo e vengono tolti anche i senatori a vita.
Anche i tempi per l’approvazione delle leggi saranno più stretti.
 
Si è oggi, con questo progetto di legge che sfocerà in ottobre in un referendum popolare confermativo, davanti ad una rivoluzione istituzionale che non ha precedenti a livello italiano, sicuramente contestabile, ma che richiede attenzione e che comunque risulta un notevole passo avanti verso l’innovazione e verso la semplificazione degli organismi istituzionali nel rispetto delle basi poste dalla nostra Costituzione.
Una riforma che può portare fiducia, non solo nel pensiero degli amministratori, ma anche della comunità.
I presupposti per uscirne bene da ciò che per anni rappresentava una introvabile governabilità del nostro Paese vi sono tutti, ora si tratta di lavorare insieme su tale impostazione.
E’risaputo che se si vive giorno per giorno ci si abitua a non credere più a niente, a non avere fastidi e ad accontentarsi di quelle piccole cose senza pretese che rendono sopportabile il contesto del vivere sociale.
 
Credo tuttavia che sia meglio oggi più di sempre, affidarsi e condividere le parole dello statista europeo Churchill: «Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare».
 
Maurizio Bornancin

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