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La nostra amata Rovereto/ 15 – Di Paolo Farinati

Il Liceo delle Scienze Umane «Fabio Filzi» di Rovereto grazie a un'intervista fatta al preside prof. Giuseppe Santoli

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Percorriamo Corso Rosmini da est a ovest verso la stazione dei treni, giungendo alla bella palazzina liberty che ospita la storica Scuola Musicale Riccardo Zandonai.
Proprio di fronte a questa possiamo ammirare l’elegante palazzo di chiaro stile austro-ungarico di metà Ottocento, che sin dal 1882 ospita l’Istituto Magistrale, oggi Liceo delle Scienze Umane, intitolato all’irredentista istriano Fabio Filzi, catturato nel corso della Grande Guerra sul Monte Pasubio e ucciso pochi giorni dopo nella fossa del Castello del Buonconsiglio di Trento.
Ci accoglie il Preside prof. Giuseppe Santoli.
 

 
Egregio Signor Preside prof. Santoli, buon giorno. Lei ha l’onore di dirigere uno dei più prestigiosi Istituti Superiori di Rovereto. Moltissime persone che nel tempo lo hanno frequentato sono rimaste molto affezionate al Liceo «Fabio Filzi». Le chiedo, in breve, la storia di questa nostra prestigiosa istituzione scolastica. Quali furono i motivi fondanti di quello che è stato tra i primi Istituti Magistrali in Trentino? Quali sono gli obiettivi attuali dell'Istituto?
«Sono arrivato al Liceo Fabio Filzi nel settembre 2018 in punta di piedi e con profondo rispetto per la storia di questo glorioso Istituto e per ciò che esso ha rappresentato e rappresenta nel contesto culturale e formativo della città e non solo. Ho avuto la fortuna di poter conoscere la storia e il prestigio dell'Istituto attraverso il libro di Rossano Recchia e Roberto Setti la fabbrica dei maestri che racconta il primo secolo di vita dell'Istituto magistrale di Rovereto, ma anche attraverso le testimonianze di tante persone che hanno frequentato il Filzi, come studenti e/o come docenti e dirigenti.
«Le magistrali arrivano a Rovereto nel 1874 come scuola esclusivamente maschile, quando lo Stato asburgico decise il distacco da Trento del settore maschile dell'istituto. La sede attuale venne costruita nel 1882. Con l'avvento del fascismo iniziò la soppressione progressiva delle magistrali, perché in Italia c'erano troppi maestri. Il regime tornò sui propri passi presto e riaprì la magistrale maschile nel 1929.
«L'altro passaggio fondamentale fu quello nell'Italia democratica, e l'apertura alle donne. In pochi anni, da scuola per soli uomini, divenne un istituto scelto quasi esclusivamente da ragazze.
«Fino al 2001 l'istituto magistrale Filzi è stata la scuola per tanti studenti della Vallagarina, del Trentino ma anche delle provincie vicine, ed è stata la fucina dei maestri e delle maestre di tutta la comunità.
«Direi che per lungo tempo tutta la popolazione roveretana e della Vallagarina hanno avuto l'impronta formativa dei maestri e delle maestre delle magistrali di Rovereto.
«Dal 2001 l'Istituto diventa Liceo. Un cambiamento epocale a cui non è stato facile abituarsi soprattutto da parte della comunità che ancora oggi identifica il Filzi come la scuola magistrale.»
 
Oggi molto è cambiato. Quali sono ora gli indirizzi di studio proposti?
«Sì, molto è cambiato! Siamo un Liceo il cui obiettivo non è più quello di formare docenti per la scuola dell’infanzia e primaria, ma quello di fornire ai propri studenti una solida formazione culturale fatta di conoscenze ampie, abilità e competenze adeguate al proseguimento degli studi universitari di tutte le facoltà, ma anche all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro.
«Attualmente il Liceo Filzi propone due indirizzi di studio: il Liceo delle Scienze umane e il Liceo Economico Sociale. Il primo fornisce una preparazione specifica nell’ambito delle Scienze del comportamento, favorendo l’accesso ai settori della formazione, dell’educazione, della cura della persona, delle strutture educative sociali.
«Il Liceo economico sociale consente una lettura dei fenomeni economici e sociali del mondo contemporaneo grazie allo studio quinquennale del diritto e dell’economia politica.
«In entrambi gli indirizzi si studiano inoltre le lingue comunitarie e le discipline caratterizzanti quali l’antropologia, la sociologia, la psicologia, e la ricerca sociale.»
 

 
Il Liceo delle Scienze Umane Fabio Filzi è un Istituto in continua crescita. Ci può descrivere i segreti di questo successo?
«Effettivamente negli ultimi tre anni la popolazione studentesca è passata da poco più di 500 alunni a circa 700. Di conseguenza sono aumentate anche le classi (da 26 a 36) e il personale docente che annovera oltre 80 insegnanti.
«Credo che oggi l’autonomia del Liceo Filzi sia ben salda, contrariamente a qualche anno addietro quando si era prospettata l’idea di accorparlo al Liceo Rosmini.
«Perché cresciamo? Credo che molto sia dovuto all’ambiente. Abbiamo bravi insegnanti che sanno coniugare rigore e umanità che si propongono prima di tutto come educatori e poi come mediatori dell’apprendimento.
«I nostri studenti sono educati, responsabili, propositivi, accoglienti, partecipano alla vita scolastica con senso di appartenenza e di comunità. Sono convinto che il clima che i nostri ragazzi vivono a scuola lo portano e lo diffondono nelle famiglie, tra gli amici, nella comunità e che questo sia il segreto più importante del nostro successo.»
 
Lei ha avuto importanti esperienze anche a livello di scuola media inferiore. Ci può illustrare le principali innovazioni che ha condiviso qui con i suoi collaboratori?
«È vero per 9 anni ho lavorato nel primo ciclo, nell’Istituto Comprensivo Isera - Rovereto Ovest. Quella comunità mi ha dato molto. A parte il legame d’amore per il mio primo incarico di dirigente ho imparato tanto dal sorriso dei bambini, dalla loro gioia ma anche dalla loro tristezza. Ho appreso tanto dai tanti bambini più sfortunati, dal dolore e dalla dignità dei loro genitori.
«Questo patrimonio di umanità l’ho portato con me. È sempre sotteso nella mia visione dell’azione dirigenziale che sempre e comunque mette al centro lo studente come persona a cui devono essere assicurati i diritti all’apprendimento e alla cittadinanza attiva.
«Ho aperto il mio ufficio agli studenti, possono venire da me in tutti i momenti e rappresentarmi i loro problemi, le loro proposte, le loro iniziative. Quindi ci siamo preoccupati di ragionare come comunità educante sui piani di studio di scuola, sul Clil, sull’inclusione degli studenti con bisogni educativi speciali, sui percorsi di alternanza scuola lavoro, sulla valutazione degli apprendimenti in modo da condividere con i nostri studenti il fare scuola.
«Offrire agli stessi percorsi innovativi, al passo con l’evoluzione di una società sempre più complessa. Far crescere nella comunità educante la consapevolezza di un sapere plurale, interconnesso e non particellare come sommatoria dei saperi delle singole discipline.»
 

 
Su cosa sta lavorando per il futuro? Possiamo conoscere i nuovi progetti didattici del Liceo Filzi?
«Il futuro formativo del Liceo Filzi è in continuità con i progetti didattici avviati. Entro il mese di febbraio gli organi collegiali approveranno il nuovo Progetto di Istituto triennale. È ridefinita e resa più chiara l’offerta formativa ordinaria e integrativa dell’Istituto. Di rilievo i progetti verticali di alternanza scuola lavoro per le classi del triennio, il progetto verticale di educazione civica e alla cittadinanza dalla prima alla quinta classe, le attività di recupero e sostegno, l’inclusione degli alunni con BES, i progetti integrativi: educazione alla salute, spazio ascolto, cultura della montagna, storia locale, certificazioni linguistiche e informatiche, strumento musicale.
«Un’attenzione particolare l’Istituto la sta dedicando agli studenti con bisogni educativi speciali e certificati ai sensi della Legge 104/92. Abbiamo un importante progetto di inclusione che è in continua implementazione grazie anche alla disponibilità e professionalità dei nostri docenti di sostegno e degli assistenti educatori.
«Prova ne è che il numero degli studenti certificati che si iscrivono al Filzi sta aumentando di anno in anno a dimostrazione che l’inclusione, la personalizzazione e individualizzazione dei percorsi e la stessa programmazione differenziata si può fare anche in un Liceo.»
 
Il valore del Liceo Fabio Filzi di Rovereto è non solo scolastico, ma pure culturale e sociale, ed è un patrimonio riconosciuto unanimemente dalla nostra comunità, come pure fuori dal Trentino. Proprio per questo, lei ha qualche specifica richiesta da porre alle Amministrazioni comunali e provinciali?
«Il Liceo Fabio Filzi certamente rappresenta un valore culturale e sociale della nostra comunità. Ne siamo perfettamente consapevoli e abbiamo l’ambizione di mantenere questa importante Istituzione al centro della città. Siamo orgogliosi del riconoscimento diffuso ma vogliamo anche restituire alla comunità il Liceo Filzi come istituzione permanente del territorio, mettendo a disposizione i saperi e le competenze dei propri alunni in tutte le occasioni culturali e formative insieme a tutte le altre istituzioni del territorio.
«Cosa chiediamo? Banalmente un tavolo interistituzionale che si occupi dell’intera filiera formativa (istruzione e cultura) della città, un tavolo che valorizzi le migliori proposte e progetti per far crescere e migliorare l’offerta formativa complessiva offrendo le migliori opportunità alle future generazioni della Vallagarina.
«Nel caso specifico del Liceo Filzi chiediamo che venga finalmente risolto il problema dei maggiori spazi didattici necessari per accogliere l’aumento delle iscrizioni. Ci auguriamo che a breve vengano resi disponibili per gli studenti del Liceo Filzi l’edificio attualmente occupato dall’associazione sclerosi multipla e parte dell’ex scuola media Paolo Orsi, a sua volta oggi occupata dagli studenti della scuola secondaria di primo grado dell’Alta Vallagarina, che da oltre un decennio stanno aspettando il nuovo edificio a Volano.
«Infine, sarebbe auspicabile che anche gli stabili ex Gil e Peterlini prospicienti il nostro Istituto e in forte stato di degrado, fossero recuperati e restituiti alla comunità. Sarebbe davvero qualificante per Rovereto un polo scolastico importante al centro della città nel quadrilatero Corso Rosmini - Via Tommaseo - Via Manzoni - Via Savioli.
«Un sogno? Spero di no!
 

 
Oggi i suoi studenti vengono pure da fuori città se non anche da altre province. Questo comporta difficoltà, ma offre pure delle opportunità. Ce le può indicare?
«Rovereto ormai è città della cultura, dell’istruzione e della formazione oltre che dei servizi. Ogni mattina la città è invasa da circa 4.000 studenti delle scuole superiori. Di questi, per la stragrande maggioranza non sono roveretani.
«Questo comporta qualche problema logistico, di gestione del traffico ordinario e dei mezzi di trasporto soprattutto negli orari di ingresso e di uscita degli studenti. Questa massa umana rappresenta un indotto significativo per la crescita culturale e per l’economia della città. Basti pensare solo al volume di affari dei locali di ristoro di cui gli studenti usufruiscono. Se consideriamo anche l’Università allora a ragione possiamo dire che Rovereto è anche città della conoscenza.
«E però Rovereto deve saper accogliere e includere nella città questo enorme capitale umano. Vanno implementati i servizi e gli spazi di socializzazione, razionalizzata la mobilità e soprattutto pensare ad una rigenerazione urbana del centro storico che deve poter accogliere i giovani studenti, soprattutto gli universitari fuori sede, anche in una dimensione di welfare di vicinanza tra questi e i proprietari (non più giovani) di appartamenti.»
 
Come si trova a Rovereto? Ha riscontrato diversità rispetto ad altre città? Il Trentino ha margini di miglioramento nella propria offerta scolastica complessiva?
«A Rovereto mi trovo molto bene. È una città a dimensione umana, ricca di tante opportunità. Certo che ho notato diversità rispetto ad altre città dove sono vissuto. Ognuna ha le sue peculiarità, ognuna mi ha dato molto e non mi piace fare differenze o classifiche. In realtà sono una persona che tende ad adattarsi alle nuove realtà, cercare di conoscerle e capirle, rispettarle e piano piano cercare di portare il proprio contributo.
«Per quanto riguarda il sistema scolastico trentino ritengo che esso sia di buon livello e devo dire che per molto tempo è stato un riferimento di innovazioni importante anche per il sistema nazionale.
«Certo che ci sono margini di miglioramento, ma non bisogna farsi prendere dall’ansia di dover migliorare per forza o peggio ancora di essere i primi della classe. Il cambiare deve necessariamente avvenire nell’ambito di relazioni con i sistemi scolastici europei a noi vicini.
«L’autonomia speciale del Trentino è la leva importante e strategica da utilizzare per l’innovazione anche nel settore scolastico.»
 

 
La convivenza con il Covid-19 non è stata e non è semplice all'interno del mondo della scuola. Voi come vi siete organizzati?
«La pandemia per il Covid-19 è stato un evento eccezionale che ha messo in discussione tutto. Anche la scuola ha dovuto necessariamente cambiare le proprie abitudini. Da subito abbiamo cercato di fare il possibile per continuare ad essere comunità educante, a mantenere le relazioni sociali e didattico-organizzative tra i docenti e nostri ragazzi.
«Siamo partiti subito con la didattica a distanza e tutti i docenti si sono resi disponibili con profondo senso professionale di appartenenza. Abbiano fornito agli studenti più bisognosi le attrezzature informatiche necessarie. I docenti sono stati supportati con iniziative di formazione sia sulla metodologia della didattica a distanza e soprattutto sulle modalità di valutazione degli apprendimenti in questa nuova situazione.
«Durante l’estate la scuola è diventata un cantiere per sistemare le aule alle nuove normative sulla sicurezza. È stato necessario riconvertire alcuni ambienti in aule didattiche per far fronte al maggior numero di iscrizioni e alle norme di sicurezza. Abbiamo rivisto tutta l’organizzazione del piano di emergenza.
«Durante il breve periodo in presenza di inizio anno scolastico tutto sembrava funzionare bene. Poi è ritornata la didattica digitale e da gennaio la ripresa della didattica in presenza al 50% della popolazione scolastica. Abbiamo suddiviso le 36 classi dell’Istituto in due gruppi che a settimane alterne frequentano in presenza e a distanza.
«Inoltre, garantiamo sempre la didattica digitale a distanza agli studenti in quarantena e/o in situazione di fragilità.
«Durante il lockdown abbiamo sempre assicurato le lezioni in presenza agli studenti disabili insieme ad un piccolo gruppo di compagni della classe; ciò è confermato anche nelle settimane in cui le classi sono a distanza.
«Un altro aspetto importante che abbiamo curato riguarda il disagio di tanti ragazzi che improvvisamente si sono trovati ad essere chiusi in casa. Abbiamo implementato il gruppo di ascolto interno con il supporto di uno psicologo esterno con il mantenimento dello sportello di ascolto anche a distanza.
«Nel frattempo abbiamo definito in modo puntuale l’organizzazione della didattica digitale e il nuovo patto di corresponsabilità tra famiglie, studenti e scuola.
«Che dire? un’esperienza davvero forte e faticosa. Spero che la situazione ritorni alla normalità al più presto perché la scuola è soprattutto relazioni, apprendimento cooperativo.
«E spero anche che l’esperienza maturata nell’utilizzo delle nuove tecnologie possa essere utilizzata in maniera efficace anche quando ritorneremo tutti in presenza.»
 

 
Gentile prof. Santoli, le chiedo infine un breve messaggio per i nostri concittadini, giovani e meno giovani, affinché continuino a costruire, soprattutto attraverso l'istruzione e la conoscenza, il proprio futuro con determinazione, responsabilità e fiducia.
«Domanda impegnativa! Penso che l’istruzione e la formazione siano paragonabili ai bisogni primari di sopravvivenza di ogni individuo. Oggi più di ieri! La società attuale si caratterizza per complessità e cambiamenti repentini che trasformano profondamente il nostro modo di vivere, lavorare, interagire, comunicare e organizzare la vita sociale.
«La trasformazione è così radicale negli assetti culturali, sociali, politici ed economici da rendere difficile immaginare quali saranno le condizioni di vita nel futuro. In questo scenario di grande complessità il settore dell’istruzione e della formazione è cruciale per la formazione delle nuove generazioni che dovranno saper affrontare la transizione continua, alimentare la capacità di visione e la volontà di progettare un futuro in grado di superare l’individualismo, di affrontare le sfide comuni della società civile.
«Pertanto ai giovani mi permetto di dire di essere curiosi, fare domande, provare, sbagliare, riprovare per acquisire una prospettiva di ampio respiro e strumenti per capire e valutare i rapidi cambiamenti politici e sociali, per immaginare modalità d’intervento efficaci e appropriati. Senza immaginazione viene meno la possibilità di capire il mondo che ci circonda ma soprattutto non esisterebbero nuove culture globali da conoscere, da sperimentare, da acquisire per poi contestualizzarle nella propria realtà.
«Ragazzi amate lo studio, alzate l’asticella della conoscenza, studiate per voi, e non solo per il voto che i docenti vi daranno. Agli adulti, giovani e meno giovani, chiedo di credere nei giovani, di sostenerli e guidare, ma anche di farli camminare con la loro testa. Cosi come dobbiamo credere nelle Istituzioni democratiche sostenerle ed alimentarle. Credere nell’Istituzione scuola come funzione irrinunciabile dello Stato.

Molte grazie, prof. Santoli, sinceri complimenti e buon lavoro.
Paolo Farinati – p.farinati.it

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