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Dialogo con la Senatrice Donatella Conzatti – Di Paolo Farinati

«Sono una donna volitiva, mai del tutto appagata di ciò che so e che riesco a fare»

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Abbiamo avuto la felice opportunità di intervistare la Senatrice Donatella Conzatti, non ex Senatrice, in quanto l'appellativo rimane a vita. E, aggiungo, giustamente.
Nella nostra bella lunga chiacchierata la politica l'ha fatta evidentemente da padrona, ma abbiamo potuto conoscere anche la donna, la moglie e la mamma Donatella. Una donna determinata e dalle idee molto chiare e, nel contempo, affabile e rispettosa di tutti e di tutto.
Mi sento onestamente di dire: un bell'esempio per la politica trentina, una donna preparata che potrà liberamente dare molto in futuro alla nostra comunità.
Ma leggiamola. Lasciando naturalmente ad ognuno di voi il proprio libero giudizio.
Grazie.


In Sala della Costituzione al secondo piano di Palazzo Giustiniani.
 
Gentile Senatrice Conzatti, innanzitutto, le chiedo gentilmente una sua breve presentazione.
«Sono una donna volitiva, mai del tutto appagata di ciò che so e che riesco a fare.
Questa tensione mi ha portato ad un impegno costante nella vita, prima nello studio, poi nella professione e negli ultimi 13 anni in politica. Contrariamente a ciò che si pensa del carattere estroverso dei politici, sono piuttosto riservata, riflessiva e parlo quando ho qualcosa da dire. E se ritengo importante dire cose scomode lo faccio.
«Ho due figlie adolescenti e un figlio ancora bambino, diversissimi e molto amati, con i quali imparo nuovi linguaggi e nuovi punti di vista. Un marito con il quale condivido anche la vita professionale, siamo entrambi economisti e dottori commercialisti.
«Sono arrivata alla politica da grande. Fino a quel momento la mia più grande fonte di curiosità era stato il diritto tributario e non immaginavo che risolvere i problemi, ascoltare le persone, trovare soluzioni a tematiche anche molto distanti da ciò che avevo studiato, mi avrebbe dato così grande stimolo.»
 
La parola «politica» cosa le ispira istintivamente?
«Politica è una parola splendida, perché racconta di ciò che ancora non c’è e che possiamo assieme realizzare. Racconta di ciò che muove le persone a riflettere sulla via migliore per procedere, a credere nelle idee e a lottare affinché ingiustizie, disuguaglianze, disfunzionalità siano arginate e risolte.
«Poi ci sono i politici e i partiti, che sono persone ed organizzazioni di persone con pregi, difetti, limiti. Su politici e partiti penso cose diverse e non sempre positive. Per questo la affermazione i politici sono tutti uguali va smentita con massima forza, è falsa. I politici sono tutti diversi, un politico non vale l’altro.
«Ho conosciuto politici straordinari: competenti, generosi nel dedicare la loro vita al benessere di tutti, umanamente solidi. Ho conosciuto politici scorretti, disimpegnati, dediti solo alla loro sopravvivenza nel giro, a discapito di tutti e di tutto.
«Non sempre ho trovato corrispondenza tra il voto e la qualità dei politici, qualche volta e nonostante i proclami di molti cittadini, ho visto votare per moda politici squalificati dai loro stessi comportamenti.»
 

A Bolzano, con la Ministra alle Pari opportunità del Governo Draghi, Elena Bonetti.
 
Lei ha iniziato nella Comunità di Valle della nostra Vallagarina. Come descrive questa sua prima esperienza?
«Ho iniziato da grande, come dicevo, per via di una specifica richiesta di candidatura. Grazie alle leggi elettorali ispirate ai principi costituzionali di parità di genere, nelle liste elettorali devono infatti esserci candidati uomini e donne. Solo dal 2014 i partiti, per essere iscritti all’albo nazionale dei partiti politici, devono essere gestiti con regole paritarie e quindi solo recentemente i partiti hanno investito e fatto crescere politiche donne.
«Prima di allora e anche nel 2010, quando ho candidato per la prima volta, si usava spesso chiedere all’ultimo momento la disponibilità della candidatura a qualche donna pescata dalla società civile. Un metodo per salvare la forma ma non la sostanza, rarissimamente candidature così improvvisate, potevano avere l’esperienza ed i voti per essere altro da una candidatura di mero servizio invece di essere una occasione seria per portare sempre più il punto di vista delle donne là dove si decidono le sorti di tutti.
«Ancora oggi è in parte così, in Parlamento le donne sono il 30% e dopo anni di crescita graduale della presenza, questa XIX vede la presenza femminile in calo. Racconto questo fatto perché è quello che più di altri ha segnato il mio successivo impegno a tutti i livelli istituzionali per le pari opportunità e per il contrasto alla violenza contro le donne.
«Per il resto in Comunità di Valle ho capito che la politica mi interessava e che ero capace di costruire consenso attorno alle proposte. Ricordo che pur essendo all’opposizione con i Civici ho ottenuto anche voti della allora maggioranza sulle proposte per la mobilità in Vallagarina. Progetti che all’epoca sembravano maturi e che ancora ad oggi sono fermi segnando così un ritardo nello sviluppo del nostro territorio rispetto ad altri.
«So che il rinnovo della concessione dell’Autostrada del Brennero, cui ho contribuito in Parlamento in modo decisivo, porterà anche investimenti in viabilità e mobilità: mi auguro che anche in Vallagarina sapremo cogliere questa grande opportunità.»
 
La sua emozione all'entrata del Senato della nostra Repubblica.
«Entrare nel Senato della Repubblica da Senatrice eletta è stata una emozione vera, quasi da far intimidire. Giorno dopo giorno anche il Senato è diventato un ambiente di lavoro abituale ma mi capitava comunque di fermarmi a guardare in alto i soffitti affrescati e le frasi evocative della storia d’Italia.
«Ho sempre cercato di tenere a mente che ogni mio ruolo, ogni parola, ogni decisione in quel luogo era decisiva per le sorti di molti e dell’Italia.
«Non ho mai apprezzato chi si comportava in Parlamento come nei contesti più informali, con urla, gesti e parole inadeguate al ruolo e alla gravitas delle decisioni. In politica uno non vale mai uno; anche se in quella parte di politica parlamentare trasformata in stories per i social, poteva come può accadere che i comportamenti forti siano più seguiti dei comportamenti adeguati.
«Il populismo ha fatto moltissimi danni, compreso l’aver trasformato troppi politici in influencer. D’ora in poi, se vogliamo che le cose funzionino meglio, dobbiamo creare le condizioni affinché i politici tornino ad essere pienamente tali e per questo serve che i partiti tornino ad essere tali.»
 

Nella Sala Garibaldi del Senato della Repubblica con la Senatrice a vita Liliana Segre.
 
Cinque anni certamente molto impegnativi. Cosa le rimane politicamente e umanamente?
«Sono stati politicamente 5 anni difficili. Per prima cosa tre crisi di Governo che hanno trasformato un Parlamento a composizione populista, con il Governo Conte I animato da Lega e M5S, in un parlamento tra i più europeisti della storia con il capace e solido Premier Draghi.
«La crisi del Governo Conte II, che abbiamo scelto e condotto a termine fino a portare Mario Draghi al Governo del Paese, è stata un passaggio politicamente e umanamente duro per l’assedio mediatico e le enormi contestazioni che nel giro di poco - dall’insediamento del nuovo Governo - si sono trasformate in ossequiosi ringraziamenti.
«Essere un politico e non un influencer, significa anche avere il coraggio di decisioni impopolari quando sono necessarie per il bene generale. Ci si deve assumere la responsabilità di scegliere e non solo la comodità di seguire i sondaggi o il gradimento momentaneo.
«Sono stati per il mondo intero 5 anni drammatici. Due anni di pandemia non ancora conclusa, tanto che ho appena assunto la 4’ dose del vaccino contro la nuova variante cinese del Covid. La sciagurata e pericolosa guerra della Russia ai danni dell’Ucraina e nel cuore della nostra Europa. La grave crisi energetica-inflazionistica-economica che porta difficoltà per persone, famiglie e imprese.
«Se quest’estate populisti e sovranisti non avessero voluto capitalizzare i sondaggi, non essendo oggettivamente pronti per governare, avremmo ancora un Governo a solida guida. E nei momenti difficili avere delle solide guide è vitale.»
 
Veniamo al nostro Trentino. Qual è la sua lettura dello status quo della nostra Autonomia Speciale?
«Anche per il Trentino ripeto l’ultima affermazione: nei momenti difficili avere delle solide guide è vitale. La Lega e i suoi alleati non governano, amministrano malamente, distruggendo quanto di buono è stato fatto dal dopoguerra ad oggi. Stanno creando un grave danno all’Autonomia.
«Il vulnus di un Presidente trentino che risponde prima al proprio partito nazionale rispetto alle esigenze dell’autonomia è pericoloso, lo vediamo concretamente. Lo vediamo in molti campi che gli slogan nazionali del partito o della coalizione di destra guidano le loro azioni più dell’interesse precipuo per il buon governo dell’Autonomia.
«Penso al disimpegno a favore di una buona sanità pubblica (quella trentina era di eccellenza), nella demagogia ai danni delle politiche pubbliche per l’integrazione e la parità. Penso anche alle battute contro i professoroni come se studiare fosse un difetto; battute inopportune per chi amministra un territorio con una delle migliori Università d’Italia ma un tasso troppo basso di trentini iscritti.
«Lo vediamo pericolosamente ai danni dell’Autonomia: il progetto della Macro-Regione unito al regionalismo differenziato, porta non solo ad omologare le nostre comunità a quelle delle città metropolitane, ad appiattire la nostra economia alpina ad una economia di pianura ma anche, ed è l’aspetto più pericoloso, a declassare la nostra specialità.
«L’Autonomia esiste se fa meglio e in modo costantemente innovativo, se invece va al seguito o si omologa viene condotta all’esaurimento. E la destra trentina la omologa per tornaconto partitico.
«L’aver accettato che la Meloni, nel discorso sulla fiducia, riconosca l’Autonomia dell’Alto Adige come sola e diversa ha creato un solco profondo. Questa è una direzione di marcia autodistruttiva per l’Autonomia trentina. Non è accettabile. Per questo serve una alternativa proposta solida ed autorevole per il futuro di tutti noi e del Trentino.»
 
Come vede le elezioni provinciali del prossimo autunno?
«Oggettivamente ancora in fase di preparazione. Ma sono certa che il Trentino per salvarsi debba poter scegliere un progetto ed una classe dirigente all’altezza del ruolo. La parentesi di questi ultimi 5 anni va chiusa. Per questo servono decisioni tempestive.»
 

Italia Viva a Trento con il Sindaco Ianeselli e l’Assessore Panetta.

L'astensione aumenta un po' ovunque. Come rendere la politica più vicina ai cittadini?
«Ricominciando a lavorare nei partiti in modo serio, coinvolgendo e formando i più appassionati alla politica. Ci vuole infatti tempo per imparare, per studiare i dossier, tempo per costruire legami e conoscere i territori. I partiti che funzionano hanno la possibilità di un rapporto di confronto costante con i territori e le persone.
«Sono più scettica sulle soluzioni sbrigative e populiste: penso ai voti online, ma penso anche allo scaricare sulle persone decisioni e responsabilità che invece competono ai partiti. Vengono spacciate per partecipazione ma altro non sono che sintomo di partiti deboli ed incapaci di decidere.»
 
Il panorama politico internazionale ci pone molti problemi. Quale il ruolo della nostra UE?
«Ruolo centrale. La dimensione minima per stare ed esistere nell’attuale contesto geopolitico è quella europea. Dobbiamo confrontarci con altre potenze, sia quelle debolmente democratiche, come la Cina, quelle emergenti come l’India sia con gli alleati USA: nessuno dei nostri singoli Stati europei ha la dimensione economica, demografica e anche di difesa, per poterlo fare in proprio.
«Aggiungo che l’Europa deve rimanere forte per essere baluardo nel mondo dei valori di libertà, giustizia, eguaglianza.
«Per me, per noi europei convinti, la strada da seguire è quella tracciata dalla Conferenza sul futuro dell’Europa e quella fondativa di Degasperi. Un’Europa politica più forte e coesa, che garantisca dignità e sicurezza ad ogni singolo cittadino europeo. Un’Europa federale. Esattamente l’opposto dell’Europa tecnocratica e somma di singoli Stati nazionalisti. La visione delle destre sovraniste ci porterebbe ad essere deboli nel mondo e a disperdere il valore immenso della democrazia e della pari dignità degli esseri umani.
«Siamo ad un bivio decisivo. Anche il dialogo tra il PPE ed i conservatori europei, se proseguisse, porterebbe i popolari europei non più all’interno della maggioranza Ursula ma al traino dei sovranisti, così come già accade a FI in Italia. Anche in questo senso il ruolo dei liberali e dei riformisti è e sarà fondamentale per tenere la rotta, in Europa con ReNew Europe, in Italia con il Terzo Polo (Italia Viva e Azione) e anche in Trentino.»
 
Un suo messaggio ai giovani. Sono preparati e sensibili ai temi dell'ambiente e del clima. Come renderli protagonisti della politica di oggi e di domani?
«L’Italia si è trasformata in un Paese non per i giovani. Ovviamente è una constatazione amara e inaccettabile. Autodistruttiva. La denatalità, il ruolo subalterno delle donne costrette a scegliere tra maternità e lavoro, la dispersione scolastica, il basso tasso di laureati, il 30% dei NEET giovani che non studiano né lavorano, dipingono uno scenario molto preoccupante. Inoltre molti dei giovani che formiamo con enormi sacrifici di famiglie e ingenti investimenti statali, trovano opportunità di lavoro e crescita professionale in altri Stati e Continenti e non rientrano in Italia. Lasciando così l’Italia senza futuro per questo va invertita questa tendenza.
«Il progetto politico (formazione, specializzazione, opportunità) e gli investimenti del PNRR che abbiamo messo in campo durante la scorsa legislatura devono essere portati avanti con grande determinazione.
«Inoltre serve che la voce dei giovani sia amplificata anche in politica, che è il luogo dove far convergere nuovi progetti. Certo la vita nei partiti non è sempre confortevole ma è il luogo giusto per costruire una nuova Italia.
«In Italia Viva anche i più giovani tra gli aderenti stanno negli organi decisionali del partito, non abbiamo sezioni separate, perché siamo convinti che la contaminazione di idee ed esperienze debba essere totale.
«Pari opportunità e emergenza climatica sono centrali nella nostra agenda politica grazie alla loro costanza nel ribadire che quelli sono i temi prioritari.
«Per noi riformisti avere lo sguardo fisso sul futuro è postura politica, che unito alla concretezza ci guida nell’azione giorno dopo giorno.»

Paolo Farinati – p.farinati@ladigetto.it

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