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Gino Pedrotti, Piccolo Mondo antico e Piccolo mondo moderno

L’azienda agricola di Cavedine compie 100 anni. Nulla è cambiato da allora, salvo noi, che ci siamo dimenticati quello che eravamo

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Quando avevamo accettato l’invito di Aurora Endrici, ambasciatrice in tutto il mondo del vino di qualità, non sapevamo che sarebbe caduto proprio nel mezzo della tre giorni del raduno degli alpini a Bolzano.
Sapendolo, ovviamente non avremmo potuto accettare. Non tanto perché siamo alpini, ma perché il lavoro nel corso di un’adunata nazionale è gigantesco.
Tuttavia, mai fu così ripagato l’aver mantenuto la parola. Una sorpresa in tutto e per tutto. Un paio d’ore passate lontani migliaia di chilometri dai problemi, che improvvisamente scompaiono come per incanto. Ma quanto lasci la statale della Gardesana e ti addentri nella campagna di Cavedine, in effetti ,un incanto proprio lo è.
Senti subito che il clima cambia. Non quello atmosferico, sia ben chiaro, perché cambia proprio tutto.
Niente più traffico, niente rumori, niente inquinamento, niente stress. Solo il verde della natura e l’azzurro dei corsi d’acqua. Da una parte vedi le colline di Cavedine e di fronte la parete zebrata tanto amata dai rocciatori.
L’azienda agricola di Gino Pedrotti si trova nella valle di Cavedine e consta dei quattro ettari di vigneti che vediamo ubicati nella cartina che riportiamo qui di seguito.
 

 
Il motivo del ritrovo è stato un compleanno: l’azienda agricola Gino Pedrotti compiva i suoi primi cent’anni, essendo nata nel 1912.
Nonno Giuseppe però era nato trent’anni prima, nel lontano 1882.
Prima di fondare l’azienda aveva dovuto compiere l’obbligo della leva a Vienna nel corpo dei Kaiserjäger.
Dopo tre anni, trascorsi nella città austriaca, tornò nella sua Valle di Cavedine. Seguendo la tendenza diffusa all'epoca, aveva abbandonato il piccolo paese di origine, Brusino, per trasferirsi a Sarca, la zona di fondovalle con un clima più mite grazie al quale le famiglie potevano forse dimenticare la miseria che ancora attanagliava la nostra popolazione rurale in quei primi anni del Novecento.
Con il prezioso e valido aiuto del papà e del fratello Francesco, nonno Giuseppe riuscì a costruire la casa che tutt’ora è abitazione della attuale generazione.
Il lavoro durò alcuni anni e venne utilizzata la tipica pietra rossa trentina di una piccola cava delle vicinanze. Da subito, nel 1912, iniziò l’attività nella vigna e nella cantina con il vino e con la produzione della grappa. 
 

 
Ma nonno Giuseppe venne richiamato alle armi allo scoppio della Grande Guerra e inviato in Galizia. Una drammatica esperienza, dalla quale tornò ferito.
Ma la sua volontà era rimasta intatta, come si usa presso la gente di montagna. All'inizio degli anni Venti sempre con l’aiuto del fratello, aggiunse l’attività di una piccola locanda, nella gestione della quale fu poi affiancato dalla moglie Tullia, sposata nel 1928.
Dal matrimonio nacquero i figli Gino (il nostro Gino), Edda e Rosetta.
In breve l’intera famiglia si impegnò nell’attività e il passaggio generazionale avvenne naturalmente, nella più tradizionale spontaneità.
Dal 1969, papà Gino è sostenuto, aiutato e coadiuvato da mamma Rosanna, sempre al suo fianco, pronta a seguirlo nei diversi progetti che assieme sono sempre riusciti a realizzare, a partire dalla ristrutturazione della casa, alla costruzione della nuova cantina.
Gino e Rosanna hanno iniziato per primi ad imbottigliare la produzione di vino a marchio Gino Pedrotti.
Li vediamo insieme nella foto che segue, scattata l’altro giorno da noi.
 

 
Da qualche anno, ci sono anche i figli di Gino e Rosanna, Tullia, Clara e Giuseppe (foto seguente), terza generazione.
In questi ultimi tempi la famiglia ha rinnovato le cantine e ristrutturato la casa. Poi, cosa assai più delicata, ha avviato una minuziosa opera di reimpianto dei vigneti con l'intento di proseguire il cammino di crescita negli ideali di sostenibilità, semplicità e disponibilità con i quali era iniziata cent’anni prima questa avventura, superando anche i momenti di grande difficoltà senza mai mettere a rischio l’ambiente.
Le difficoltà, si sa, fanno esprimere il meglio di sé. Anche la vite produce i grappoli migliori quando cresce in terreni ghiaiosi e avari. E così i figli hanno consolidato il rispetto per la terra natia e cercato di capire quello che la terra realmente trasmette.
Convinti di dover conservare l’ambiente per le future generazioni, hanno percorso un cammino di crescita e di ricerca nel mondo biologico e biodinamico. Hanno condiviso la filosofia di vigna e cantina degli undici vignaioli trentini del gruppo «I Dolomitici» ai quali hanno aderito fino dall'inizio della loro fondazione.
Il lavoro di vigna e cantina è curato meticolosamente da Giuseppe, che sin dalla prima esperienza di vinificazione si è impegnato nello studio e ricerca sulla salubrità e tutela del terreno e del vino prodotto. 
 

 
Con la presenza di Clara in locanda hanno dedicato la massima attenzione all’ospitalità, alle persone che hanno il piacere di accogliere in azienda.
Oltre ai loro vini, offrono prodotti del territorio: salumi, formaggi, trote e salmerini ricercati fra piccole realtà a filiera corta che arricchiscono il patrimonio delle nostre valli del Sarca.
Beh, possiamo testimoniare che le cose stanno proprio così.
Appena arrivati, siamo stati portati sul campo, dove ci avevano preparato un antipasto delizioso. Eccolo.
Aperitivo nel vigneto Oasi, culla della Nosiola.
Salmerino e gli asparagi verdi all'aceto di Nosiola in alluminio.
Tartare di trota affinata al miele di rododendro in tubetto.
Salumi e ortaggi da radice all'olio del Garda serviti in vetro.
Il brodo al bicchiere e il fuoco nella «fornella».
Nosiola 2010.
Il tutto servito, è il caso di dirlo, sul balcone del Vigneto Oasi. Lo vediamo nella foto sotto il titolo.
 

  
Poi abbiamo fatto due passi nella vigna, che in questo periodo inizia a mettere al mondo i primi timidi grappoli.
Dopo una scampagnata così sopraffina, siamo tornati in locanda, dove ci avevano preparato un menù molto particolare, deciso apposta per noi.
Ci siamo seduti nella sala da pranzo della cantina, in un’unica tavolata, dove ci è stato servito in pranzo che possiamo leggere nel seguente menù.
In tavola c’era un pane che da solo valeva un pasto. È una creazione del Panificio Moderno di Isera, simbolo di lavorazione artigianale dove i prodotti nascono dal rigoroso ed esclusivo uso di lievito madre e farine di altissima qualità.  
Crudo e cotto di trota e salmerino con olio di S.Massenza e sale al Nosiola serviti su piastrella.
I pesci di lago e fiume sono una lavorazione di Trotaoro, vero gioiello nella selezione e trasformazione di trote e salmerini del Trentino, che si nutrono nelle acque limpide e fresche per Parco Naturale Adamello Brenta.
Infine, la delizia della giornata: riso con asparagi bianchi e guanciale servito in ciotola, accompagnati col vino L'Aura 2009, una creazione Pedrotti da uve Chardonnay e Nosiola.
Poi è giunto il tagliere delle cose buone: salumi e formaggi, nello stile di casa Pedrotti, accompagnato da un’altra creazione Pedrotti da uve Cabernet franc e Merlot, L'Auro 2008.
Inutile dire che alla fine ci è stato portato il Vino Santo (annata 1999) per accompagnare un’incredibile mescolanza di miele, mango, fico, albicocca, pesca e vaniglia. 
 

 
Subito dopo il caffè, noi abbiamo dovuto lasciare la compagnia, perdendoci così la merenda nel vigneto Belvedere, dove veniva portato lo strudel croccante con uve di Nosiola, vendemmia di praline.
Un delitto, ma ci rifaremo…
Sulla strada del ritorno, man mano che ritornavamo nella cruda realtà cittadina, abbiamo pensato un po’ a tutto il tesoro che ci è stato presentato e che forse continuiamo a sottovalutare.
Certamente è la famiglia Pedrotti il personaggio principale che anima l’azienda agricola e il suo amore per la trasformazione dei prodotti in delizie. Il calore umano è di per sé la tovaglia che tutti noi vorremmo trovare in tavola prima di sederci.
Ma la tavola di Gino Pedrotti va ricordata proprio perché le promesse vengono mantenute.
I loro vini non dispongono di una vasta gamma, ma questo dimostra come le specializzazioni debbano essere promosse e incentivate. A parte il doveroso Vino Santo, segnaliamo il nosiola, e i due uvaggi L’Aura bianco e rosso.
Quello che noi consideriamo un vero e proprio capolavoro è il nosiola. Maturato in barrique per brevissimo tempo, offre la freschezza dei vini bianchi trentini con una punta di importanza che poi persisterà nel ricordo della gola per il resto del pasto.
Chi scrive non ama molto il bianco barricato, termine non apprezzato dai sommelier, ma che noi usiamo quando la maturazione in botte è andata oltre al nostro gusto.
Ma il nosiola Pedrotti è riuscito a cogliere quell’attimo fuggente rappresentato dal giusto equilibrio fra tradizione e innovazione che fa di questo vino un must da tenere sempre in cantina per quando vengono gli amici migliori.
Gli uvaggi di Pedrotti seguono una tradizione del tutto trentina: per secoli il nostro vino si divideva in due sole varietà: il bianco e il rosso. Poi gli enotecnici hanno separato le viti e fatto merlot, cabernet, chardonnay, pinot, e così via.
Va benissimo, diciamo noi, ma il vino trentino è per tradizione un uvaggio. Manteniamo questa tradizione secolare, perché è vincente.
 

 
Infine, due parole sullo chef, Peter Brunel (foto sopra).
Il pranzo che ci è stato presentato ha molto a che fare con la nouvelle cuisine, che noi di solito non apprezziamo troppo. Ci piace mangiare sano e quanto basta.
Stavolta però, il balzo di qualità del giovane chef ci ha fatto ricredere, perché ha saputo portare in tavola la tradizione trentina preparata in un modo decisamente eccellente.
Le delizie assaggiate sul campo, inscatolate solo per trasportarle e renderle pronte per l’immediato consumo, contenevano cubetti di insaccati del luogo in bagno d’olio e fiori di timo. Impossibile descriverli, bisogna assaggiarli.
Il risotto con gli asparagi era di una delicatezza davvero unica, con un leggerissimo tono di dolce che faceva pensare alla mela (che non c’era).
Della portata principale, lo chef ci perdonerà se ricordiamo solo il formaggio molle di capra con le erbette… Sì, c’era anche il resto, ma quando torneremo a trovarli, sapranno che cosa andrò cercando. Anche il formaggio di capra è prodotto in zona.
Il segreto di tutto questo? Domandatelo a lui. Nel corso degli assaggi ne ha parlato, ma ci comprenderà se non lo abbiamo ascoltato con troppa attenzione. I fatti contano molto più delle parole.
L’unica cosa che possiamo dire è questa. Un vino va presentato descrivendone il giusto abbinamento. Quando per TV vediamo un sommelier che cerca di spiegarci che cosa sta provando, il vero momento utile è quando ci racconta con che piatti va bevuto.
Bene, lo chef Peter Brunel ha seguito questo percorso: ha creato le sue portate per farci comprendere al meglio la naturale fine dei vini dell’azienda agricola Gino Pedrotti.
Il Piccolo mondo moderno di Peter Brunel ha saputo adattarsi al piccolo mondo antico di Gino Pedrotti.
 
Guido de Mozzi
g.demozzi@ladigetto.it
 

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