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La parola passa - umilmente - a Lucio Gardin

«Inizio chiedendo scusa a chi si è sentito offeso dallo scritto…»

Scrivo in riferimento alle polemiche suscitate dal mio scritto comico che intendeva ironizzare sul linguaggio di genere ma che invece ha finito col rendere risibile un tema drammatico.
Ho lasciato trascorrere qualche giorno prima di intervenire, per comprendere meglio le ragioni mie e di tutti.
Inizio chiedendo scusa a chi si è sentito offeso dallo scritto.
Mi devo imputare su questa vicenda una mancanza di sensibilità che non mi appartiene, chi mi conosce lo sa bene che mi commuovo facilmente, che opero nel volontariato e che mi rallegra ogni piccolo gesto di gentilezza.
 
E quindi, come posso avere toccato con tanta superficialità un tema così drammatico?
Me lo sono chiesto in questi giorni. E la risposta che mi sono dato è che quando devi trovare il lato divertente di ogni argomento per lavoro, succede spesso di chiudere in automatico il rubinetto della sensibilità per tenere aperto quello del cinismo.
È giusto? È sbagliato? Credo che la verità stia nel mezzo, e cioè ho capito che non si può usare questa regola indistintamente per ogni occasione.
Il fatto è che essendo umani, quale sia la cosa corretta da fare lo scopriamo sempre dopo che abbiamo fatto quella sbagliata.
Capita a un chirurgo quando sbaglia un’operazione, a un calciatore quando fallisce un rigore, e a un comico quando falla l’argomento della satira.
Riconosco di avere toccato una ferita aperta. E avere procurato dolore quando l’intenzione era quella di dare allegria, mi amareggia.
 
Ora però, credo sia il tempo di trasformare questo… scivolone in qualcosa di costruttivo.
Nei giorni scorsi ho avuto un confronto con il consigliere di parità nel lavoro, e a breve ci incontreremo per capire perché questa ferita fa ancora così male.
La sfida sarà sensibilizzare sulla disparità di trattamento e sulla violenza famigliare.
E semmai riuscissi a farlo anche utilizzando il linguaggio dell’ironia, sarà un segnale che la nostra società è pronta a cambiare.
 
Lucio Gardin

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