Sofia Goggia e Urbano Cairo sul palco del Teatro Sociale
Al Festival dello Sport «L’arte di essere vincenti» – In città un doppio bagno di folla per la campionessa bergamasca
Foto Alessandro Eccel.
Se l’attenzione verso il mondo dello sci è di nuovo in forte salita nel nostro Paese dopo le imprese di Gustavo Thoeni, Alberto Tomba e Deborah Compagnoni il merito è tutto suo, di Sofia Goggia, grazie alle sue straordinarie prestazioni sugli sci in primis e la sua stravaganza nei comportamenti di tutti i giorni.
Sofia, trentenne di Bergamo residente in Valle Astino, è l’unica atleta italiana ad aver vinto una medaglia d’oro in discesa libera alle Olimpiadi di Pyeongchang nel 2018, ma pure un argento a Pechino 2022, quindi trionfatrice in ben quattro Coppe del Mondo di discesa libera e due medaglie ai campionati mondiali.
Fra l’altro detiene anche il record nazionale di podi in una singola stagione, ben tredici nel 2017, risultando peraltro la prima sciatrice italiana capace di ottenerne in quattro specialità.
La sua è una carriera fatta di grandi successi, ma pure di un numero rilevante di infortuni, eventi che non l’hanno mai scoraggiata, ma l’hanno sempre stimolata a ripartire con grande determinazione.
E di questo si è parlato oggi nell’incontro «L’Arte di vincere», assieme ad Urbano Cairo, presidente e amministratore Delegato RCS MediaGroup, e al vicedirettore vicario della Gazzetta dello Sport Gianni Valenti.
Un incontro che è stato scandito da una serie di frasi e da parole-guida pronunciate da grandi campioni dello sport che Gianni Valenti ha proposto ai suoi due ospiti. E la prima è stata «Opportunità».
«Avevo quattro anni, racconta Goggia, e già sognavo di diventare una campionessa di sci. Ma più che l’opportunità è importante essere pronti a compiere un percorso. L’opportunità di essere un atleta sempre migliore è la chance più bella di cui un atleta può avvalersi.»
«La mia prima grande opportunità, ha raccontato Urbano Cairo, è arrivata a 24 anni quando ho voluto chiamare Berlusconi.
«Mi ero procurato un libro che parlava di alcune idee valide per la televisione e che funzionavano bene in America Eravamo negli anni 80 e le tv commerciali stavano decollando.
«L’ho chiamato per un appuntamento, mi ha voluto incontrare, gli ho sottoposto le mie idee e poco dopo mi ha proposto di diventare il suo assistente. E questa è stata la mia grande opportunità.»
La seconda parola è stata «Radici» e Sofia Goggia ha raccontato che «Sul mio casco di gara ho riportato skyline di Bergamo quello che si vede passando dall’autostrada.
«Essere di Bergamo ti dà un imprinting forte per come lo vivo io. Io vengo da una famiglia normale, senza un imprinting culturale in fatto di sport.
«È sempre stata accanto a me e senza i loro mezzi non avrei potuto affrontare questo percorso.»
«Sentivo forte la voglia di dare delle soddisfazioni alla mia famiglia, che potevo fare delle buone cose.
«Alcune scelte invece le ho fatte anche per compiacere, come quando ho preso in mano il Torino. I miei genitori erano entrambi tifosi del Toro, soprattutto mia madre mi incoraggiava. Sapevo di fare una cosa anche rischiosa ma poi l’ho fatta.»
Talento. «Il talento è fondamentale nello sport – ha detto Sofia Goggia, – ma lo sport ci insegna che in tanti, senza talento e solo con la costanza e la perseveranza sono riusciti a fare grandi cose.
«Il talento, se non è coltivato, può rivelarsi una meteora, è destinato a spegnersi.
«Se invece il tuo percorso è stato alimentato da costanza, perseveranza, allora è qualcosa che diventa molto più solido. E questo ha valore universale.»
«Non posso che essere d’accordo con Sofia, – ha aggiunto Urbano Cairo. – Anche nel calcio ho visto giocatori con un talento incredibile, ma che poi non hanno la testa, che è fondamentale, di fare con perseveranza ciò che potrebbero fare.
«Sul lavoro ogni talento deve essere messo alla prova, confermato continuamente, non bastano i colpi di genio.»
Squadra. «Il nostro sport – ha detto la Goggia – è davvero particolare, perché ci alleniamo tutti insieme, ma poi al cancelletto siamo tutti uno contro l’altro.
«Non c’è mai stata una squadra femminile in Coppa del mondo così forte nella sua complessità. In questo gruppo ognuna ha individualità e particolarità proprie.
«È un onore per me allenarsi, con loro, c’ è sempre da imparare qualcosa. È fondamentale avere un team di persone che lavorano con te per te e che guardano nella tua stessa direzione. È come un’orchestra che suona un’unica sinfonia.»
Anche per Urbano Cairo «La squadra è importante. Noi oggi abbiamo 4.500 persone e altrettanti collaboratori, alcuni lavorano da tantissimo tempo.
«E ho un grande rapporto con loro che spesso non è solo di lavoro. Avverto una forte partecipazione, loro sentono davvero l’azienda come propria.»
Julio Velasco ha detto «Ogni tanto ci vuole qualcuno che ti spinge in piscina E ci costringe a nuotare.»
Gianni Valenti introduce così la parola sfida e questa è la risposta di Sofia Goggia:
«In realtà le scelte le ho fatte per me e non è stato necessario che mi spingesse qualcuno. Ho sempre seguito quello che avevo dentro, anche sbagliando, ma mai per la paura di rimanere ferma.»
E Urbano Cairo: «Spero che ne vengano anche altre in futuro. Le cose vanno fatte quando ti senti pronto. La cerchi, la vuoi, poi arriva e arriva anche un po’ di paura.»
Limiti. Il limite è la linea sottile tra l’osare e il rischiare, dice la Goggia. Che aggiunge:
«Dicono che sia spericolata, ma sono stata sempre abituata a dare tutto, anche a strafare e sbagliare. Io vedo molti meno rischi in pista rispetto ad altre atlete.
«È un punto debole da un lato, ma dall’altra ti fai meno paranoie inutili. Quando vedo il pericolo e decido di accantonarlo, come se non lo vedessi, quello è l’oltrepassare il limite che non ti è concesso.»
Sconfitta. «Sono una persona per cui l’euforia della vittoria dura poco, perché sono subito focalizzata sulla gara successiva.
«Invece mi innervosisco quando dovevo fare una cosa e non sono riuscita a sciare come avrei voluto e questo mi dà un dolore terribile. La vittoria non è legata al risultato ma ad una tua attitudine quotidiana.
«Ogni errore o sconfitta è sempre più lacerante per me il dolore della sconfitta piuttosto che la felicità della vittoria. Infatti me le sono sempre godute molto poco.»
Per Cairo «È bello godersi la vittoria. Io dopo la sconfitta ci penso, ma sono capace di lasciarle dietro le spalle e guardare avanti. Fanno parte della vita, ma conta trarre una lezione e imparare qualcosa ed essere pronti per la battaglia successiva.»
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