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Messner e Viesturs, i re degli Ottomila al Festival dello Sport

Entrambi la pensano così: «L’alpinismo non ha bisogno di record né gare»


Foto © Marco Oss.
 
Reihold Messner e Ed Viesturs, protagonisti in questi giorni dell'attenzione dei media su chi dei due abbia scalato per primo tutti i 14 Ottomila, si sono incontrati per la prima volta proprio grazie a Il Festival dello Sport:
«Non dobbiamo far perdere alle nuove generazioni i valori e le emozioni fondanti dell’alpinismo tradizionale: raggiungere la vetta non significa nulla, quello che conta è il percorso, il viaggio anche interiore, lo spingersi oltre ai propri limiti.»
 
Un Teatro Sociale tutto esaurito a Trento ha accolto con un applauso da brividi due grandi della storia dell’alpinismo internazionale: Reihnold Messner e Ed Viesturs.
Oltre ad essere i Re degli Ottomila, avendo entrambi scalato tutte le 14 vette di quell’altitudine al mondo, sono stati loro malgrado protagonisti, nelle ultime settimane, di un dibattito pubblico innescato dalla sorprendente rimozione del nome di Reinhold Messner dal «Guinness World Record».
 
Secondo il giornalista tedesco Eberhard Jurgalski sarebbe stata infatti di Viesturs il primo completamento dei 14 Ottomila: ma Reinhold e Ed, tornando all’evento del Sociale, loro primo incontro pubblico, sono stati categorici nel tirarsi fuori da record, conteggi e moviole:
«La gente – ha detto la leggenda altoatesina – segue le nostre imprese e ci mette in classifiche con i nostri nomi, ma non è questa la ragione per cui scaliamo o per cui compiamo quelle imprese.»
I due nel pomeriggio si erano già incontrati al museo di Messner a Castel Firmiano:
«Per me, come per Reinhold, – ha ripreso lo statunitense Viesturs – il cuore dell’alpinismo era tutto nella preparazione, nel viaggio, nell’emozione, nel vivere il momento.
«Una volta sulla montagna sai che è una battaglia, che è difficile, ma sei lì esattamente per fronteggiare quelle difficoltà, per misurarti con la natura, per metterti alla prova e vedere dove puoi arrivare.
«La sensazione è che oggi spesso l’alpinismo sia portato avanti con il solo obiettivo di toccare la vetta con le mani e farsi una foto, si rischia di perdere il senso di tutto quello che invece rendeva e rende l’alpinismo così straordinario e profondo.»
 
Al Teatro Sociale i due hanno ripercorso tutte e 14 le vette degli Ottomila, tra immagini mozzafiato e aneddoti sulle varie spedizioni entrate di diritto nella storia dell’alpinismo; e anche qualche impresa mancata.
«Chi – ha concluso il 79enne di Bressanone – appartiene all’alpinismo tradizionale mette senso a in quello che fa in montagna. Il senso lo mettiamo noi, non cade dalla cima.
«Negli anni delle mie imprese, ogni anno mettevo senso nei progetti che ho realizzato.
«Idee diventate progetti. Lo sostengo da sempre e sempre continuerò a dirlo: l’alpinismo è un fatto culturale, non uno sport di competizione. La competizione non ha nulla a che fare con la montagna.»

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