La Guardia di Finanza di Trento scopre maxi truffa da 12 milioni
Truffati oltre 300 risparmiatori da una finanziaria di S. Michele, denunciate 16 persone

Al termine di una complessa indagine, il Nucleo di Polizia Tributaria ha svelato una truffa di oltre 12 milioni di euro perpetrata ai danni di oltre 300 investitori e ha denunciato 16 persone tra cui amministratori, soci e brokers di 5 società. Si tratta di gente trentina, ma anche di altre regioni.
La truffa è stata realizzata avvalendosi di una società Finanziaria di San Michele all’Adige che vendeva una serie di prodotti finanziari.
Le indagini sono state coordinate dal Comandante Regionale, gen. Francesco Attardi, dirette dal Col. Fabrizio Nieddu e svolte in linea con gli indirizzi della Procura della Repubblica di Trento e sono scaturite da un’ispezione finalizzata alla prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio.
Il controllo antiriciclaggio ha infatti messo in luce che la Finanziaria proponeva al pubblico l’acquisto di azioni di ben 4 società, operanti nel settore dell’intermediazione in cambi, della produzione e commercializzazione di topicidi, delle comunicazioni radio-televisive e in particolare dell’estrazione mineraria.
In breve è emerso che le società, tutte riconducibili agli stessi titolari, si finanziavano in realtà con il denaro degli investitori senza ricorrere ai regolari canali del credito bancario.
Per allettare i risparmiatori, l’acquisto delle azioni veniva fraudolentemente presentato come un investimento fruttifero di interessi annuali certi e precisi superiori a quelli garantiti dagli istituti di credito, senza ulteriori delucidazioni e senza consegna di alcun prospetto informativo sui rischi dell’investimento o di informative sulla privacy.
In particolare, veniva spiegato che i capitali investiti avrebbero prodotto interessi elevati e proporzionalmente crescenti, fino anche al 10% netto, in relazione al numero di anni di immobilizzo del capitale.
In realtà, il guadagno millantato sarebbe stato semmai un anticipo su eventuali futuri utili che le società avrebbero dovuto conseguire, visto che si trattava di una mera sottoscrizione di azioni.
Un classico. Addirittura alcuni contratti di sottoscrizione prevedevano un «rendita» mensile denominata «Piano Stai sereno», in base alla quale il venditore si impegnava a versare all’acquirente una somma mensile, stabilendo però, con una clausola vessatoria, anche una penale pari al 40% del percepito in caso di recesso anticipato.
Una fortissima penale che serviva a evitare che i risparmiatori ritirassero gli investimenti fatti prima del tempo.
Per convincere i potenziali acquirenti della bontà dell’investimento, i brokers si avvalevano di materiale pubblicitario che illustrava le attività delle società.
In particolare, - e questa è una vera chicca - una di queste attività era legata allo sfruttamento di una miniera di oro e diamanti nella Repubblica Centroafricana, la cui estrazione avrebbe garantito ai loro investimenti guadagni certi ed esponenziali in vista della quotazione crescente del valore di tali beni sul mercato.
Come si sa, non esistono miniere che producano insieme oro e diamanti, ma i clienti attratti dai guadagni promessi non si sono mai posti il problema.
In realtà le società disponevano solo di diritti di carotaggio e di licenze di prospezione aurifera e diamantifera del sottosuolo, senza di fatto essere proprietarie di alcuna miniera.
Tra l’altro l’incaricato di sovrintendere ai lavori di estrazione, spacciatosi quale ingegnere minerario ed esperto geologo, è risultato in possesso di un falso titolo accademico.
I sottoscrittori, allettati dai facili guadagni, hanno investito somme anche consistenti che in alcuni casi hanno superato il mezzo milione di euro.
In molti casi si trattava comunque dei risparmi di un’intera vita, per i quali se qualche interesse è stato ottenuto inizialmente, questo è stato assolutamente inconsistente rispetto a quanto promesso e frutto dei soldi ricevuti da altri investitori.
Le società, infatti, sono riuscite a corrispondere agli investitori le rendite mensili solo fino a quando la continua liquidità, derivante dalla sottoscrizione di azioni da parte di nuovi investitori, ha garantito un afflusso di denaro.
E’ il cosiddetto «schema Ponzi» altrimenti definito come «Boyler room», una versione industrializzata della più popolare catena di S. Antonio, utilizzato successivamente anche dallo stesso Madoff nella sua truffa, in base alla quale i primi investitori sono remunerati con i soldi investiti dai risparmiatori successivi.
L’intervento delle Fiamme Gialle ha impedito la continuazione della truffa e ha consentito di accertare che la maggior parte del denaro raccolto era stato impiegato per spese attinenti la gestione delle società stesse (stipendi del personale, provvigioni ai brokers, pagamento canoni d’affitto e delle utenze dell’abitazione del rappresentante legale della Finanziaria, canoni di leasing dei locali sede delle società e delle auto in uso, organizzazioni di convention presso alberghi per la presentazione dei prodotti, continui pranzi e viaggi, ecc.) nonché anche dell’attività mineraria in Africa (circa 50/100.000 euro mensili per i soli scavi, per garantire la sicurezza del cantiere, le paghe degli operai, la manutenzione dei mezzi, il carburante, il pagamento delle guardie locali, ecc.) che non ha mai portato ad alcuna estrazione di pietre preziose.
Sino ad ora sono 20 i risparmiatori che, venuti a conoscenza delle indagini, dopo aver richiesto invano il disinvestimento delle somme, hanno presentato querela agli inquirenti.
Gli altri sottoscrittori che hanno richiesto invano il disinvestimento dei capitali, possono rivolgersi al Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trento, per sporgere querela e potersi così costituire parte civile.
A quanto ci è dato di sapere, tuttavia, non sarebbe stato possibile sequestrare praticamente nulla.
Nelle immagini che seguono, la pubblicità con cui le società invitavano i clienti a investire nelle proprie attività. Marchi e insegne sono stati cancellati dalla GdF.