L’orso in Trentino. – La sorte di un animale cacciato per secoli
Solo dopo aver raggiunto il proprio benessere, l'uomo ha cominciato a considerare i diritti degli altri animali Il futuro di Jurka

Jurka, prima ancora che adattarsi
alla nuova situazione di cattività, dovrà smaltire la dose di
narcotico che l'ha tramortita la notte scorsa. Ma poi il problema
reale per la celebre plantigrada sarà proprio la mancanza di
libertà. Se si pensa che aveva un carattere difficile in situazioni
ottimali, adesso per lei dovrà essere proprio dura. Il veterinario
che l'ha seguita da vicino, rispondendo alla domanda di un
giornalista, aveva detto che ci impiegherà qualche mese prima di
adattarsi. Poi, di fronte alle obiezioni che non si trattava
proprio di un soggetto proprio «normale», ha prudenzialmente esteso
il periodo ad un anno.
Noi riteniamo che non ci sia alcun modo per fissare tempi in
proposito. Tutto è possibile, perfino che la nuova condizione le
calzi a pennello. Come diceva De André in una sua canzone, «a volte
i pesci cantano sul fondo del Sand Kreek».
Il presidente Dellai, alla conferenza stampa indetta l'indomani
della cattura, non aveva nascosto la sua disapprovazione per
l'iniziativa di ripopolamento orsi che era stata avviata più di una
decina di anni fa (se non andiamo errati, sotto la presidenza
Andreotti). Un dirigente della Forestale aveva avanzato la proposta
di importare orsi in Trentino, e nessuno lì per lì gli aveva
trovato validi argomenti in opposizione, sicché si è rivolto alla
Slovenia.
I Balcani sono pieni di orsi, si parla di 3-4 mila esemplari in un
territorio impervio, molto vasto e scarsamente popolato, dove il
plantigrado è ancora considerato una calamità naturale. In molti
paesi della ex Jugislavia la caccia all'orso è quindi permessa e va
detto che più di un cacciatore Trentino è andato per orsi nella ex
Jugoslavia, compreso qualche importante politico.
In Trentino, l'ultimo orso ucciso a furor di popolo sembra che sia
stato sui monti Lessini (sopra Ala) nel 1896, praticamente un
secolo prima dell'arrivo di Jurka. Pare che fosse venuto
dall'Italia, e l'impero Austro-Ungarico pagava profumatamente per
l'eliminazione degli animali predatori. D'altronde, l'uccisione di
un orso, di un lupo, di una vipera, ma anche di una poiana, erano
vissute come un passo avanti della civiltà. E non si deve neanche
andare troppo indietro nel tempo, se negli anni 60 veniva ancora
dato un premio di 1.500 lire a chi portava in farmacia una vipera,
meglio morta che viva. Per la cronaca, adesso la vipera è protetta
e perfino ripopolata…
Quando vennero messi sotto protezione, per i pochi orsi rimasti nel
Trentino l'estinzione sarebbe stata inevitabile senza questo
«incauto» ripopolamento forzato, in un ambiente naturalmente non
più equilibrato.
Fatto sta che solo il benessere ha consentito di vedere gli animali
selvatici come una risorsa, prima ancora che come un settore da
proteggere. La stessa Jurka ha l'indiscusso pregio di essere
divenuta popolare. La sua notorietà ha scatenato l'interesse delle
persone, tanto vero che anche la sua difficile propensione al «vivi
e lascia vivere» è diventata un esempio da ammirare. Purtroppo è
così che funziona.
Va premesso che Dellai ha preso delle decisioni impopolari anche se
giuste. La prima delle quali è stato il togliere di mezzo l'orsa
pericolosa. Una decisione di responsabilità, perché era una cosa
assolutamente da fare all'analisi della situazione presentata. Ma
anche una decisione morale, perché ogni altra soluzione (in testa a
tutte la «restituzione» dell'orsa al mittente) sarebbe stata
eticamente deprecabile anche da parte di chi non condivide il
progetto di ripopolamento orsi.
La seconda è stata quella di non volere che Jurka divenisse oggetto
di interesse morboso da parte della gente. Morboso in tutti i
sensi, cioè sia quello di voler vedere da vicino il «pericoloso
plantigrado», che quello di voler toccare con mano la «vittima del
potere». Questa soluzione ha un aspetto morale molto rigoroso,
tanto vero che merita secondo noi tanto di cappello. Ma purtroppo
ha anche molte controindicazioni, che spingono ad avanzare altre
ipotesi di soluzione.
Anzitutto è fuori dubbio che anche per un plantigrado «normale»
1.500 metri quadrati siano decisamente pochi. Poi, per una famiglia
di orsi che ha dimostrato che lo stesso Trentino andava stretto,
deve per forza di cose trattarsi di una soluzione momentanea, né
più né meno della durata di una degenza post-operatoria. Prima o
poi dovrà essere trovata una soluzione dignitosa, come dicono le
stesse autorità, sia per lei che per chi la «ospita».
Fra l'altro si sussurra che sia incinta, ma - per quanto gli orsi
siano sessualmente molto attivi e fecondi fino a tarda età - sembra
tanto una bufala inserita sulla questione come una sorta di
interferenza indebita. Se fosse vero, al di là dei possibili danni
provocati dall'anestesia sui cromosomi dei nascituri, si
aprirebbero due ulteriori questioni, in contrasto tra loro. La
prima è che un regime carcerario non si addice a una puerpera. La
seconda è che Jurka ha dimostrato di saper trasmettere ai suoi
cuccioli la propria indole caratteriale. Ma di questo ne parleremo
se e quando si presenterà il momento.
Resta il problema della sua destinazione definitiva. Secondo noi,
l'opportunità suggerisce di lavorare un po' più attentamente sulla
soluzione, peraltro responsabile e razionale, di Lorenzo Dellai. Ma
non è escluso che lui stesso abbia altre idee in proposito.
Va preso atto anzitutto che Jurka - comunque la si voglia vedere -
ha riscosso la simpatia non solo della gente trentina, ma anche
dell'intero Paese e perfino dell'Europa. La notizia ha
immediatamente fatto registrare su Google un migliaio di voci
presenti in rete. Insomma adesso è un testimonial del Trentino a
tutti gli effetti, e qualsiasi provvedimento preso contro di lei,
ivi compresa la possibilità di vederla, sia controproducente
all'immagine del Trentino.
Per quanto possa sembrare moralmente giusto impedire che Jurka
diventi un'attrazione turistica, pensiamo che ormai sia impossibile
evitarlo del tutto. A questo punto secondo noi converrebbe che
venisse destinato all'orsa un territorio ben più vasto, anche di
una decina di ettari, ma ci pare che questo sia già in programma.
Sicuramente anche il nuovo areale andrà recintato con adeguate
barriere anti-uomo e anti-orsa, ma con la localizzazione di alcuni
«bear-waching». Non si parla di torrette come quelle fatte
per studiare gli uccelli, a meno che non servano agli addetti ai
lavori. Ma piuttosto dell'applicazione di adeguate webcam,
strategicamente sistemate ai punti giusti per poterla vedere di
tanto in tanto. La gente potrebbe così vederla dal proprio PC ogni
volta che l'orsa si trovasse a passare dalle parti della
camera.