Partecipazione femminile: «Servono le quote rosa»

Scegliere qualcuno sulla base del sesso, è discriminante. Ma in questo momento storico si può ampiamente tollerare questa scelta...

La rappresentanza femminile ai vertici delle aziende italiane è molto limitata.
L’88% delle imprese italiane con fatturato oltre i 10 milioni di euro, ad esempio, ha un consiglio di amministrazione composto prevalentemente, se non esclusivamente, da uomini, secondo l’ultimo rapporto Cerved sulle donne al comando delle imprese.
Eppure le statistiche dimostrano che le italiane hanno un livello di formazione superiore rispetto ai colleghi maschi.
Come è possibile raggiungere una rappresentanza di genere paritaria? Il tema è al centro del convegno «Partecipazione: per una governance democratica e paritaria», promosso dall’associazione Donne in cooperazione, in corso da stamani presso la sala della Cooperazione di Trento.
 
 Quote? Sì grazie
Partendo dai dati dell’attuale situazione, che per le cooperative trentine vedono passata dal 13% del 2007 all’attuale 17% la presenza di donne nei CdA e nelle posizioni apicali, Barbara Grassi, presidente dell’associazione Donne in cooperazione, ha presentato alcuni strumenti mirati e azioni concrete utili a promuovere una maggiore rappresentazione femminile.
Il tutto raccolto in una sorta di «cassetta degli attrezzi» multimediale, contenente la descrizione dei tanti strumenti utilizzabili, accompagnata da buone prassi ed esempi concreti, che è stata distribuita a tutti i partecipanti.
 
«Abbiamo fatto molto, ma c’è ancora tanto da fare – ha commentato il presidente della Cooperazione Trentina Diego Schelfi – Il tessuto sociale trentino, e in particolare il mondo della cooperazione, sono realtà dove sono convinto sia possibile raggiungere risultati positivi.»
Per farlo, ha concluso il presidente Schelfi, è necessario operare a livello di cultura organizzativa.
 
Un punto di vista condiviso da Dora Iacobelli, presidente della Commissione Pari Opportunità di Legacoop, per la quale è fondamentale iniziare a considerare la partecipazione femminile come un fattore di sviluppo del Paese.
In termini di cultura organizzativa Legacoop ha dato il via a un progetto sperimentale, coinvolgendo una ventina di cooperative, che prevede la destrutturazione del sistema organizzativo aziendale e la sua riorganizzazione in un’ottica di genere, per poi passare alla predisposizione di piani di miglioramento, con definizione di obiettivi concreti a tutti i livelli e monitoraggio costante.
 
Fondamentale lo strumento delle «quote rosa», che Legacoop ha introdotto al 30%.
«Il mondo cooperativo – ha detto Iacobelli – dovrebbe far rientrare le pari opportunità tra gli elementi distintivi del suo essere impresa. Nessuna azienda finora ha fatto delle quote rosa la propria bandiera e credo che le cooperative, in quanto imprese che mettono al centro la persona, dovrebbero farlo.»
 
Le quote rose sono necessarie anche per Giovanna Zago, coordinatrice della Commissione Dirigenti Cooperatrici di Confcooperative, per la quale non possono essere la soluzione definitiva, ma aiutano a introdurre un cambiamento.
«In questo momento noi donne siamo zoppe – ha commentato – e le quote rosa sono il nostro bastone.»
E ha rilanciato proponendo delle penali per le aziende che non le introducono.
 
 Imitare le esperienze positive
Durante la mattinata sono state presentate le esperienze di imprese e di cooperative virtuose, che hanno attivato percorsi in direzione di una maggiore partecipazione delle donne nelle aziende.
Adele Mapelli, coordinatrice dell’Osservatorio Diversity Managment della Bocconi, ha introdotto alcune esperienza di grandi multinazionali che hanno avviato progetti a favore della genitorialità (uno su tutti, 90 giorni per l’aiuto ai dipendenti con i figli durante le vacanze scolastiche), politiche di flessibilità, telelavoro e servizi per liberare tempo alle donne.
«In quest’ultimo ambito – ha detto Grassi – la cooperazione trentina può offrire molte opportunità, dalla spesa in ufficio, al servizio di lavanderia ai pasti d’asporto, perché ha in sé le imprese che già svolgono questi servizi.»
 
Nel contesto delle buone prassi ha raccontato la sua esperienza Marina Mattarei, vicepresidente della Federazione Trentina della Cooperazione, che partendo dal suo impegno sociale nella sua zona di residenza è arrivata alla guida della Famiglia Cooperativa Valli di Rabbi e Sole e poi alla vicepresidenza dell’ente di via Segantini.
«Ho osato – ha detto – e affrontato gli incarichi cooperativi con spirito di servizio. Mi ha a aiutata la mia capacità tutta femminile di mediare, creare ponti tra anime diverse e la presenza di un presidente sensibile a queste tematiche.»
 
Interessanti anche le buone prassi della Equipe Ornella, la cui titolare Ornella Gambarotto ha spiegato il suo percorso personale che l’ha condotta alla guida di una cooperativa di acconciatori che offre servizi ad oltre 200 aziende, in primis riguardo alla formazione.
Infine Chiara Stabile, referente per le pari opportunità della cooperativa Itaca di Pordenone, che ha illustrato gli effetti benefici dell’inserimento delle quote rosa e di un sistema di valutazione delle posizioni in impresa. 
 
 Fare rete
Per promuovere le pari opportunità è importante anche fare rete, come ha sottolineato Simonetta Fedrizzi, presidente della Commissione provinciale Pari Opportunità tra uomo e donna.
«Le reti permettono di avere una visione più ampia, più informazioni non mediate – ha aggiunto Fedrizzi, – sono forme di partecipazione, democrazia e cittadinanza attiva.»
 
A presentare alcuni esempi di reti costituite a livello provinciale Flavia Angeli, presidente del Movimento Donne Impresa dell’Associazione Artigiani di Trento, e Anna Ciech, responsabile Trentino Network Donna.
Al convegno è intervenuto anche Luciano Malfer, dirigente generale dell’Agenzia provinciale per la famiglia che ha portato i saluti dell’assessora Lia Giovanazzi Beltrami.