Lo Stato maggiore Difesa: «misure sono valvola di emergenza»
Revisione strumento militare, la precisazione della Difesa sulla revisione dello strumento militare che prevede la riduzione di 30.000 effettivi in 10 anni
«La riorganizzazione delle Forze Armate si propone di realizzare uno strumento militare finanziariamente sostenibile nel tempo, in cui vengano salvaguardati i livelli di efficienza ed efficacia operativa e la ripartizione delle spese non sia eccessivamente sbilanciata sul personale.»
Questo è quanto si legge in un comunicato diffuso dallo Stato maggiore della Difesa, volta a precisare e a motivare le logiche della riforma avviata dall’ex ministro Giampaolo Di Paola (Ammiraglio) e proseguita anche nelle linee dell’Amministrazione attuale.
«Come è noto – prosegue la nota – la riforma avverrà con la riduzione di 30.000 unità nei prossimi dieci anni, in linea con i decreti attuativi all’esame del Parlamento.
«Tra le varie misure vi è anche l’esenzione dal servizio per il personale appartenente ai ruoli sovraffollati dei gradi medio bassi e qualora tutti gli altri provvedimenti previsti (transito in altre amministrazioni, riserva di posti in concorsi pubblici, etc) non consentano di raggiungere i volumi indicati dalla legge. Essa è riservata in via esclusiva al personale militare interessato da processi di riorganizzazione di strutture ed Enti.
«Si tratta quindi di una valvola di emergenza intesa a mantenere entro limiti accettabili l’età media del personale, che in tutti gli eserciti del mondo non supera i 35/40 anni. Un invecchiamento del personale comporta infatti una serie di implicazioni negative sull’efficienza, l’operatività e la capacità di mantenere gli impegni assunti in ambito internazionale.»
La proposta di riforma prevede uno «scivolo» di 10 anni, per ufficiali che abbiano compiuto 50 anni, consentendo loro l’85% dello stipendio e la pensione piena al termine dei 10 anni.
La scelta sarà volontaria e gli interessati potranno anche effettuare un altro lavoro, nel qual caso però i redditi non saranno cumulabili.
«Tale azione consentirà altresì un risparmio per l’Amministrazione della Difesa – si legge ancora – che agirà all’interno delle proprie disponibilità, senza nessun ulteriore aggravio per le finanze pubbliche.
«Agli aderenti si chiederà, senza possibilità di tornare sui propri passi, di lasciare il servizio per ricollocarsi nel mondo del lavoro, rinunciando a futuri miglioramenti economici e progressione di carriera.»
L’intera operazione, che richiederà appunto una decina d’anni, consentirà la rinuncia di 30.000 militari.
Per contro, avverranno investimenti di grande entità, volti a rendere più efficienti le nostre Forze armate (Esercito, Marina e Aviazione).
La logica dunque sarà quella adottata da tempo dalle grandi industrie: più macchine e meno dipendenti.
«Si precisa, infine – conclude la nota, – che quali siano le misure adottate per gestire il passaggio verso i nuovi organici, va evidenziata la specificità del personale militare, nel senso del particolare status di chi, indossando l’uniforme, ne ha accettato senza riserve gli obblighi e i sacrifici ad esso connessi. Ad essi va dedicata la massima, concreta attenzione da parte del Paese.»