Cooperfidi: anche la Cantina La Vis fra gli impegni 2014

Ma la questione ha sollevato un vespaio, o meglio due scuole di pensiero: da un lato un segnale di fiducia, dall'altro la volontà di ottenere «il massimo delle garanzie»

Forse, prima di parlare del discusso finanziamento della Cantina La Vis, è bene specificare alcune cose e ricordarne altre.
La prima è di carattere amministrativo.
Un’azienda si presenta contabilmente con tre tipi di conti, quelli patrimoniali, quelli economici e quelli finanziari.
La partita doppia conferisce a ogni conto le giuste attribuzioni, per cui al momento della lettura di un bilancio si vede dallo stato patrimoniale quanto varrebbe l’impresa se venisse chiusa in quel momento, si legge se l’azienda produce reddito quanto basta per compensare tutte le componenti dell’impresa e infine si analizza il conto finanziario per vedere se l’azienda è in grado di far fronte ai propri impegni, indipendentemente da come si trovino stato patrimoniale e conto economico.
Se il patrimonio aziendale è solido tanto meglio per tutti, ma non si muore per scarsa patrimonializzazione.
La redditività dell’azienda invece deve essere certa nel tempo, altrimenti non ha senso tenere in piedi l’azienda.
Le finanze dell’azienda sono vitali sempre per immediato. Per la legge, o i soldi ci sono o non ci sono. E di fronte a questa condizione si basa tutta la giurisprudenza concorsuale. Ovviamente le banche hanno il ruolo di distribuire in tutti i giorni dell’anno la giusta liquidità sulla base del patrimonio a garanzia e della capacità reddituale di far fronte ai propri impegni economici.
 
Ciò premesso, qualora si verificasse l’incapacità finanziaria di far fronte con le proprie forze ai debiti, a nulla possono servire un ricco patrimonio e fantastico conto economico.
Ed è qui che entrano ballo le banche. Ma a loro esclusiva discrezionalità. Sono aziende private e non sono mai obbligate a concedere un prestito. A volte non sono abbastanza grandi da poter assumersi certi rischi, o di poterli mantenere in essere.
La Banca d’Italia ha dimostrato una particolare fiscalità nei controlli delle casse Rurali, cosa che non abbiamo riscontrato nei grossi gruppi bancari. Ma tant’è, la Banca d’Italia fa paura alle piccole banche sulla base di parametri che non possono essere valicati.
Comunque sia, la Cantina La Vis si è trovata in difficoltà finanziarie. Già in passato ha attinto all’Ente pubblico con un’operazione assimilabile all’istituto del lease-back (che consiste nella vendita di parte del proprio patrimonio con la possibilità di riscattarlo a fine leasing), vendendo a Cooperfidi un proprio asset patrimoniale (Maso Franch), per poi prenderlo in affitto dalla stessa Cooperfidi e, se possibile, un domani tornare ad acquistarlo.
 
Ne avevamo parlato in un servizio tuttora leggibile tramite questo link.
La cantina si era trovata in piena «crisi dei mutui» con troppi investimenti in corso. Pur con un solido patrimonio alle spalle si era trovata con una minore redditività e di conseguenza aveva bisogno di monetizzare.
Il meccanismo finanziario attivato allora dalla Provincia era subito particolare, quasi ad hoc per la La Vis. La PAT aveva versato a Cooperfidi i 6 milioni necessari ad acquistare Maso Franch, in modo che l’operazione venisse distinta tra Pubblica Amministrazione e Ente di garanzia.
La logica è evidente. La PA non può acquistare né affittare alcunché, così come non può valutare rischi e benefici, operazioni invece proprie della Cooperfidi, che per la verità ha acceso un conto che non coinvolgesse in alcuna maniera il proprio stato patrimoniale. Restavano la disponibilità patrimoniale di Maso Franch e la redditività dell’affitto, con la possibilità eventuale di richiamare tutta l’operazione.
Insomma quei 6 milioni non sono andati persi dalla Provincia e non incidono sulla vita aziendale della Cooperfidi.
 
Da allora le cose sono cambiate, ma evidentemente si è presentata un’altra emergenza alla Cantina La Vis.
Ed è stato chiesto alla Provincia di operare un altro passo avanti.
La società ha presentato domanda per ottenere altri 10 milioni di finanziamento.  La Cantina ha presentato infatti una richiesta di intervento volto all’acquisto, da parte di Cooperfidi, di una porzione della sede di Lavis, per un importo pari a 10 milioni di euro.
È lo stesso principio applicato a Maso Franch, perché la Cantina, anche stavolta, verserà un canone di affitto all'acquirente.
L’acquisto effettivo dell'immobile da parte dell'Ente cooperativo di garanzia è comunque condizionato all'acquisizione di un'attestazione che certifica che il piano di rilancio della Cantina è sostenibile sotto il profilo economico-finanziario.
L'attestazione di certificazione seguirà una procedura rafforzata, essendo previsto anche il benestare al Piano da parte dei principali creditori della Cantina. Insomma, una vera e propria «ristrutturazione dei debiti», voce che prende corpo nella nuova disciplina sulle procedure concorsuali.
Nel complesso per la Provincia gli interventi del Fondo, per il 2014, ammontano a 14,2 milioni di euro, di cui 11,7 milioni a carico della Provincia e 2,5 milioni a carico di Cooperfidi.

Ecco il tutto riportato nel dettaglio che segue.
FAMIGLIA COOPERATIVA VALSUGANA - 1.500.000,00
COOP. S.E.I.- COOPERATIVA SERVIZI ED ELETTROIMPIANTI - 1.200.000,00
FAMIGLIA COOPERATIVA VALLE DEL CHIESE - 1.500.000,00
CANTINA LAVIS S.C. - 10.000.000,00
TOTALE - 14.200.000,00
 
E qui si è aperta una fase politica non da poco. D’altronde, la politica è il momento di confronto non solo delle idee ma di interi periodi storici.
La questione ha sollevato un vespaio, o meglio due scuole di pensiero: da un lato un segnale di fiducia, dall'altro la volontà di «ottenere il massimo delle garanzie».
Non che si voglia cambiare il passo rispetto ai tempi di Dellai, la cui politica di contrasto alla Grande Crisi è stata attuata con aiuti finanziari (mai a fondo perduto), ma le reazioni degli assessori del PD si sono dimostrate prudenti per principio più che per cognizione di causa.
Come ripetiamo, le garanzie ci sono per definizione in un acquisto-affitto. Semmai è in gioco la volontà di intervenire in aiuto alle aziende. O la volontà di cambiare campi di intervento. Forse l'agricoltura non è più nelle priorità del PD. O chissà cos’altro ancora.
Fatto sta che oggi la Giunta provinciale si è protratta di oltre un’ora sul previsto proprio perché il confronto è stato duro e non ha portato ad alcuna soluzione condivisa degna di questo nome.

Nel corso della conferenza stampa, poi, c’è stata una pubblica divergenza tra presidente e assessori, che secondo il nostro modo di vivere le istituzioni sarebbe stato meglio evitare. Non solo - come abbiamo visto - la Giunta si è conclusa con un nulla di fatto (si procede sì, ma verso un’ulteriore valutazione dei rischi), ma per la prima volta si è assistito a una pubblica discussione impensabile fino ad oggi.
Se fosse accaduto in una conferenza stampa del Governo italiano, la naturale conclusione della diatriba sarebbe terminata con le dimissioni dei ministri dissenzienti.
 
G. de Mozzi