Il Vaio Armaron di Serego Alighieri – Di Giuseppe Casagrande

Masi ha presentato l'annata 2015 del vino icona (intenso, elegante, vellutato) della storica Tenuta veronese acquistata nel 1353 dal figlio del Sommo Poeta

Il conte Pieralvise Serego Alighieri brinda con la figlia Massimilla.
 
C'è un file rouge che accomuna Verona al Sommo Poeta: i vini che da oltre 650 anni sono prodotti nei vigneti della Tenuta, meglio nelle Possessioni dei conti Serego Alighieri sulle colline di Gargagnago, minuscola frazione del comune di Sant'Ambrogio.
Siamo nel cuore della Valpolicella Classica, attorniata da verdi colline e ad un tiro di schioppo dal Lago di Garda.
Già nel Trecento la Tenuta era famosa per l’eccellenza dei suoi vini.

Nel 1353 fu acquistata dal figlio del Sommo Poeta, Pietro Alighieri, che aveva seguito il padre durante il suo esilio a Verona.
Da 21 generazioni i discendenti di Dante vivono nelle Possessioni, simbolo della storia vitivinicola della Valpolicella.
Dal 1973 il Gruppo Masi, che condivide con i Conti Serego Alighieri il grande amore per questa terra, li affianca nella produzione di vini prestigiosi, eredi di una nobile tradizione vitivinicola.
 

Una panoramica dall'alto della Tenuta Serego Alighieri.
 
 Una Tenuta storica, la più antica (1353) della Valpolicella  
La Tenuta dei Conti Serego Alighieri è quella che vanta in Valpolicella, terra di grandi vini (Amarone su tutti) la più lunga tradizione, storica, culturale e vitivinicola: 650 anni.
Tutto ebbe inizio nel 1353 quando Pietro Alighieri, figlio del Sommo Poeta Dante, che aveva seguito il padre nel suo esilio a Verona, acquistò la possessione «Casal dei Ronchi» a Gargagnago, nel cuore della Valpolicella Classica.

Nel 1549 avvenne l’unione tra la famiglia Alighieri, che si era trovata ad avere solo eredi femmine e i Serego, potente famiglia dell’Impero: da allora la discendenza porta il doppio cognome Serego Alighieri.
Marcantonio Serego si dedicò attivamente nel Cinquecento a inedite forme di agricoltura e a nuove soluzioni per bonificare e accrescere la redditività delle sue possessioni.
A partire dal Settecento si è sviluppata nella tenuta un’agricoltura intesa come scienza ed arte, dove ogni coltura è ubicata nel suo habitat naturale.

Negli Anni Venti del Novecento Pieralvise Serego Alighieri, dopo la fillossera, istituì a Gargagnago la Scuola di Agricoltura per reimpiantare i vitigni autoctoni locali.
Cinquant'anni fa il matrimonio tecnico-commerciale con il Gruppo vitivinicolo Masi (famiglia Boscaini) che oltre alla Tenuta dei Conti Serego Alighieri ha avviato un ambizioso progetto di valorizzazione della storica Tenuta dei Conti Bossi Fedrigotti in Trentino e delle proprietà Canevel a Valdobbiadene.
Masi possiede inoltre in Toscana la tenuta a conduzione biologica «Poderi del Bello Ovile» e la grande tenuta Tupungato in Argentina.
 

Valpolicella i vigneti della Tenuta dei Conti Serego Alighieri.
 
 Quelle 11 vigne antichissime presenti nell'antica corte  
Tornando a Gargagnago, la tenuta accoglie i visitatori, al termine di un lungo viale alberato che fiancheggia i vigneti, in un'ampia corte usata per le attività agricole, lastricata con il materiale tipico della zona, la pietra Prun, che svela l’anima della Valpolicella e la sua memoria storica.
All'interno della corte si possono ammirare undici vigne antichissime piantate nel 1875 in occasione della nascita del Conte Pieralvise, poi fondatore nel 1920 della Scuola Agricola di Gargagnago.
Tra le poche sopravvissute alla fillossera dei primi ’900, queste vigne producono le uve di un antico vitigno locale: la Molinara, clone Serego Alighieri.
 
Questo storico vitigno risulta fondamentale per conferire ai vini della Tenuta una personalità unica.
Affacciato sulla corte e sui vigneti, si trova il fruttaio dove viene effettuato l'appassimento, metodo tradizionalmente utilizzato nelle Tre Venezie per concentrare aromi e profumi.
I locali sono allestiti con graticci di bambù, le cosiddette «arèle», sulle quali vengono adagiati i grappoli ad appassire.
Le uve che compongono l’uvaggio classico della Valpolicella (Corvina, Rondinella e Molinara) vengono lasciate riposare per un minimo di cento giorni per poi essere vinificate per la produzione dei grandi vini della Valpolicella: l’Amarone e il suo alter ego dolce, il Recioto.
 

L'ingresso della Tenuta Serego Alighieri nel cuore della Valpolicella.
 
 Wine Spectator lo consacra nella top ten dei migliori vini al mondo  
Nelle Possessioni Serego Alighieri si producono due preziosi cru: l'Amarone Vaio Armaron, consacrato da Wine Spectator nella "top ten" dei dieci migliori vini al mondo e il Recioto Casal dei Ronchi.
Anche il Valpolicella Classico Superiore Monte Piazzo, proveniente dall’omonimo vigneto, è frutto di questa antica tecnica.
La cantina Serego Alighieri è - come abbiamo detto - la più antica della Valpolicella: vi riposano vini di riconoscibile carattere e nobiltà.
Il profumo che si respira è sorprendente e deriva dalla presenza dei fusti in ciliegio da 600 litri.
Utilizzato anche oggi secondo l’antica tradizione della Famiglia Serego Alighieri, il legno di ciliegio contribuisce ad aumentare la morbidezza e la rotondità dei vini accentuando l’aroma tipico delle uve della Valpolicella.
Alcuni fusti di rovere sono ugualmente presenti in cantina: vengono utilizzati per la prima fase dell’affinamento poiché il legno di ciliegio consente solo un breve invecchiamento del vino a causa della sua porosità e dunque viene usato solo per un massimo di 4 mesi per conferire ai vini una propria, particolare ed esclusiva personalità.
 

Il Vaio Armaron annata 2015 premiato con le 5 stelle.
 
 Il segreto del Vaio Armaron: la Molinara Clone Serego Alighieri  
Dopo aver raccontato la storia della Tenuta Serego Alighieri, parliamo ora del Vaio Armaron annata 2015 presentata nei giorni scorsi e valutata 5 stelle, una delle più grandi annate in Valpolicella.
Un vino icona, un vino elegante, vellutato, ma al tempo stesso di straordinaria forza e complessità.
L'eleganza è enfatizzata dalla personalità della Molinara Clone Serego Alighieri e dall'affinamento in fusti di ciliegio rispettando l'antica tradizione di famiglia.
 
Colore rosso rubino impenetrabile, inonda le narici con il suo bouquet intenso di frutta sotto spirito, prugne secche, cacao. In bocca è elegante, equilibrato, ben strutturato, tannini vellutati con un finale lunghissimo di ciliegie mature e spezie. Ideale, a mio avviso, per accompagnare carni rosse, selvaggina, arrosti.
Ma è una libidine anche con i formaggi stagionati: Vezzena, Parmigiano, Trentingrana, Pecorino. Opulento e carezzevole, non disdegna il fuori pasto magari davanti al caminetto nelle fredde giornate invernali.

In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande – [email protected]