Il libro storico della settimana. – Di Guido de Mozzi

Titolo: L' ultima crociata. Quando gli ottomani arrivarono alle porte dell'Europa Autore: Petacco Arrigo Editore: Mondadori (collana Le scie) Rilegato, pagine 209

IL CONTENUTO
Dopo «La Croce e la Mezzaluna», Arrigo Petacco torna a occuparsi del conflitto tra Islam e Occidente nell'età moderna, partendo dal 1522, quando i turchi giunsero con la loro cavalleria fino a Ratisbona in Germania, mentre il grosso dell'esercito, guidato da Solimano il Magnifico, assediava Vienna. L'arrivo dell'inverno concluse la campagna militare ottomana, ma la capitale degli Asburgo rimarrà costantemente in pericolo per quasi due secoli. Nel 1683, infatti, i giannizzeri sono di nuovo sotto le mura viennesi, e proprio da Ratisbona la Dieta imperiale proclama l'ultima crociata che, dopo la vittoria di Eugenio di Savoia, generale al servizio degli Asburgo, sull'esercito della Sublime Porta a Zenda nei Balcani, porrà definitivamente fine alla minaccia islamica. Ecco allora che, secondo l'autore, il discorso pronunciato da Benedetto XVI a Ratisbona nel settembre del 2006 assume nuovi significati e in quella che è stata l'ultima grande impresa della cristianità unita - liberare per sempre l'Europa dalla minaccia di un'invasione musulmana - si può forse leggere in filigrana una vicenda di attualità.
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IL COMMENTO
Nella sua premessa l'autore si collega a un ragionamento che avevo fatto anch'io, quando ho saputo che il papa attuale Benedetto XVI era nato a Regensburg (Ratisbona), città bavarese che aveva visto arrivare le avanguardie della cavalleria turca che assediava Vienna. Città che aveva dato i natali al vincitore della battaglia di Lepanto. Quella stessa Ratisbona da dove la Dieta aveva proclamato l'ultima crociata contro i Turchi.
E anch'io, quando il papa aveva pronunciato l'enciclica «Lectio Magistralis» mi ero domandato quale ruolo avrebbe giocato il «dogmatico» Ratzinger nei confronti di un Islam che non si era fatto problemi ad attaccare il papa per futili motivi e nella piena indifferenza dei capi di stato europei.
Insomma, condivido quanto dice in premessa lo stesso Petacco commentando l'enciclica di Benedetto XVI: «Si tarda ancora - forse per viltà - a comprenderne i segnali politici e gli ammonimenti profetici».
È in questa premessa che ho trovato la logica per cui in breve tempo Arrigo Petacco ha voluto scrivere un secondo volume sulle secolari vicende tra Turchia e Europa. Il primo era stato «La croce e la mezzaluna», incentrato sulla storica battaglia di Lepanto, che aveva segnato le sorti del mondo. Il secondo è questo, incentrato su quella che l'autore chiama «l'ultima crociata», cioè la battaglia che tolse per sempre velleità di conquiste alla Turchia.
Con ogni probabilità, ma col senno di poi, Petacco avrebbe scritto un solo libro sulle guerre tra Islam e Cristianità se papa Ratzinger avesse pronunciato la sua «Lectio magistralis» "prima" del primo volume.
Questo lo scrivo perché ho letto che molti appassionati di storia si sono domandati per quale motivo l'autore avesse fatto due libri a breve distanza l'uno dall'altro, e dove il primo poteva essere contenuto nel secondo.

A dir la verità, ho letto anche molte critiche su questo saggio. L'autore viene accusato di aver dato spazio più agli aneddoti che agli avvenimenti storici, ai particolari più che ai documenti originali, ai dettagli piuttosto che alle vicende politiche. È molto probabile che uno studioso trovi questo modo di raccontare la storia inutile e divulgativo, ma per gli appassionati della storia nel tempo libero credo che non ci sia modo migliore per studiare la storia in maniera piacevole, dettagliata, logica, credibile e soprattutto più che sufficiente per un non professionista. Io stesso, appassionato di storia dell'umanità dalla Rivoluzione Francese ad oggi, ho colto l'occasione per conoscere un periodo di cui non sapevo più di tanto.
A chi lo ha accusato di aver così banalizzato la storia, ricordo che l'autore è un giornalista e questo è il suo giusto modo professionale di scrivere la storia.
E, comunque sia, condensare in poco più di 200 pagine cinquecento anni di storia non è una cosa da poco. Con la precisazione che non si tratta assolutamente di un Bignami ma, appunto, di un Petacco.

Il libro riesce ad inquadrare perfettamente le due civiltà, mettendo in luce le caratteristiche peculiari di due mondi totalmente diversi per religione e cultura.
Da una parte l'impero turco che predicava «un solo Dio in Cielo e un solo imperatore sulla terra», contando sulla più cieca obbedienza del popolo grazie proprio alla forza della fede così come predicata da Maometto ed alla sostanziale mancanza di cultura della gente, che preferiva mille volte depredare il ricco Occidente piuttosto che produrre qualcosa da soli. E' stata la stessa caduta di Costantinopoli a generare gli anticorpi destinati a far decadere lo stesso impero: la cultura è passata da Costantinopoli a Roma, i commerci sono stati spostati dal Mediterraneo agli oceani.
Dall'altra l'Europa, esattamente divisa allora come oggi (fatte le dovute proporzioni), dove i vari stati non esitavano ad allearsi con gli stessi infedeli pur di battere il proprio vicino. Le guerre di religione seguite alla Riforma e alla Controriforma avevano fortemente indebolito la Cristianità, per cui la Turchia aveva davvero pensato di conquistare prima Vienna (la mela d'oro) e poi Roma (la mela rossa). Fu proprio grazie ad un papa, Pio V, se si riuscì nei momenti peggiori raccogliere e mettere insieme i vari eserciti europei per sconfiggere il nemico infedele a Lepanto. Ci volle poi un altro papa, Innocenzo XI, per rimettere insieme un secolo dopo un altro esercito per fermare i Turchi alle porte di Vienna. Ma soprattutto ci vollero la capacità politica del frate cappuccino Marco D'Aviano e la dote militare del condottiero italo-francese Principe Eugenio di Savoia per portare l'Europa alla vittoria.
Da allora la Turchia iniziò il suo declino (quello di Venezia era già cominciato con le grandi scoperte geografiche) e gli stati europei poterono dedicarsi nuovamente alle guerre in-door.

Vale la pena ricordare alcuni particolari, che gli storici ritengono marginali e che noi lettori «comuni» invece consideriamo vitali. Padre Marco D'Aviano venne beatificato solo di recente (2003) da papa Voitila, mentre Eugenio di Savoia diede il nome a molte strutture militari, come reggimenti, grandi corazzate (col nome di Prinz Eugen).
Utilissima invece l'analisi stringata ma puntuale fatta dall'autore sulla Guerra dei Trent'anni, altro triste episodio del nostro continente. Si trattò per l'autore (e lo condividiamo) del primo «conflitto totale» del nostro continente, una sorta di anticipo di quanto sarebbe accaduto tre secoli dopo, dal 1914 al 1945. La stessa Turchia, anziché approfittare di quella terribile guerra senza quartiere, preferì tenersi lontana… E quando provò ad attaccare l'Europa alla firma della pace, scoprì a proprie spese che in quei trent'anni gli eserciti europei avevano fatto passi da gigante.