Il governo indiano potrà indagare sui Marò come meglio crede
Lo ha stabilito la sentenza della Suprema corte indiana, che si è dichiarata incompetente di fronte a scelte spettanti all’Esecutivo
Comunque la si voglia vedere, si tratta di un nuovo atto inutile.
La Suprema Corte indiana ha stabilito di non essere titolata a stabilire quale tipo di organismo sia abilitato a indagare sulla vicenda dei Marò italiani.
La nostra posizione è nota. Che sia l’antiterrorismo indiano o qualsiasi altra agenzia sulla sicurezza è del tutto ininfluente. L’India non prende neppure in considerazione il fatto di non essere titolata a giudicare alcunché.
Anche il fatto che i due non rischino la pena di morte è del tutto ininfluente, perché anche in caso di condanna si tratterebbe di un delitto preterintenzionale.
Il punto è un altro. L’India non può giudicare i nostri militari perché aderisce a un codice di comportamento che stabilisce due principi.
Il primo è che nelle operazioni militari concordate dall’ONU solo lo stato di appartenenza dei soldati è titolato a giudicare eventuali ipotesi di reato loro addebitate.
Il secondo è che il fatto è accaduto in acque internazionali, aspetto non contestato dagli Indiani ma mai preso in considerazione nella gestione del fatto in termini di diritto.
Si tratta dunque di un sopruso che l’opinione internazionale dovrebbe condannare all’unanimità, proprio perché i nostri Marò stavano lavorando per la comunità internazionale.
Alla luce di tutto ciò, il ministro Terzi aveva fatto bene a decidere di non far ritornare in India i due militari italiani. Purtroppo il governo non aveva fatto squadra, lasciando il ministro degli esteri a metà del guado.
Adesso ci si pone una domanda: che fare se i due militari dovessero essere condannati? Mandiamo la flotta come avrebbero fatto gli americani?
Molto probabilmente non faremo niente, nella più ambia tradizione del nostro Paese che non si è mai preoccupato della sorte dei militari dopo averli inviati un po’ in tutto il mondo.
Forse invieremo una «vibrante protesta», poi tornerà tutto come prima.
Un’altra problematica emerge da questo insegnamento. C’è qualche buona ragione per inviare ancora i nostri militari a scortare le nostre navi contro i pirati?
Ovviamente le ragioni ci sono, ma chi dovrà prendere servizio saprà che in caso di necessità dovranno cavarsela da soli.
Infine, dopo che il Ministero degli Interni ha deciso di autorizzare il servizio di vigilanza privata a bordo delle navi italiane (vedi nostro servizio), ci si domanda quali armi potranno utilizzare le eventuali guardie giurate speciali, ma soprattutto quali saranno le regole di ingaggio.
«Armi semiautomatiche [pistole - NdR] – ci risponde un alto dirigente di una società di sicurezza privata. – Al massimo il fucile a pompa. Quanto alle regole di ingaggio, esse sono rimaste le stesse vigenti per il servizio in Italia: sparare solo per legittima difesa.»
Non abbiamo parole. I pirati possono tirar fuori posate e tovaglioli…