«Non sfruttiamo il Creato, curiamo il territorio»
L'appello di quattro Diocesi per il Creato: anche i trentini nel Bellunese guidati dall’arcivescovo Lauro

Nelle foto, la camminata in Val Visdende e la firma dell'appello.
Una delegazione trentina con l'Arcivescovo Lauro Tisi ha condiviso e lanciato oggi il «messaggio per il Creato» dalla bellunese Val Visdende, insieme alle Diocesi di Belluno-Feltre, Bolzano-Bressanone e Como.
«Custodire il creato – dice l'appello letto nella chiesa della Madonna delle Nevi a Pra Marino, in occasione dell'11ª Giornata per la salvaguardia del Creato – non significa sfruttarlo fino a compromettere la vita dei più poveri.»
A partire dal «mea culpa» per i «gravi fenomeni d'inquinamento», i territori «più urbanizzati e degradati», le catastrofi causate dall'uomo (come quella del Vajont nel 1963), il documento, firmato anche da due delegati dall'arcidiocesi ortodossa d'Italia e di Malta, insiste sulla responsabilità personale nel governo del territorio.
«Ciascuno di noi non può pensare che i cambiamenti climatici siano ineluttabili, ma si deve impegnare con un personale stile di vita a ridurre gli sprechi, ad assumere comportamenti consoni e rispettosi, anche a evitare nuove infrastrutturazioni ove non necessarie al bene comune.»
Nel suo intervento, monsignor Tisi, accompagnato dai delegati don Andrea Decarli e don Rodolfo Pizzolli e dai laici della Pastorale sociale, ha osservato come la conversione ecologica, ribadita pure da papa Francesco nel messaggio per la giornata di oggi («la cura della casa comune – scrive Bergoglio – è opera di misericordia»), si realizza anche «nel riconoscere l'altro non come una minaccia ma come una risorsa e un'opportunità».
Durante il cammino di riflessione, sotto le cime in passato frequentate anche da Giovanni Paolo II, si è ricordata l'esigenza di un equilibrio nella cura del territorio, segnalando l'eccesso di veicoli sui passi dolomitici e il consumo di acqua per l'innevamento delle piste da sci.
Come «vera emergenza e priorità» anche «la cura di prati e pascoli, da affrontare cercando di conciliare, senza compromessi al ribasso, i valori naturalistici con le comprensibili esigenze di garantire a chi lavora in montagna un dignitoso livello di vita, senza lasciarsi peraltro travolgere da iniziative di carattere speculativo e consumistico.»