Festa dell’Autonomia, 5 settembre 2024
L’intervento del senatore Giorgio Postal, insignito dell’Aquila di San Venceslao

Giorgio Postal.
Alla Festa dell’Autonomia di quest’anno, abbiamo assistito al conferimento della massima onorificenza della Provincia autonoma di Trento al senatore Giorgio Postal. Deputato, senatore e sottosegretario in più governi, è la memoria storica dell’Autonomia del Trentino. L’ultimo rimasto in vita dei testimoni del nostro tempo. Per questo pensiamo che il suo intervento (e, nel prossimo articolo, quello del direttore del Museo Storico del Trentino) meriti che venga riportato per esteso. |
Signor presidente.
Naturalmente sono molto onorato per il prestigioso riconoscimento che oggi mi viene concesso e sono molto grato a lei e all'intera giunta provinciale.
L'aquila di San Venceslao è un simbolo che da solo riassume integralmente la storia e l'identità di questa nostra terra tra i monti, terra di confine.
Una storia che va sempre recuperata, ripercorsa e spiegata nella intersecazione plurale delle sue vicende.
E una identità che per sua natura è una dimensione dinamica, quindi una dimensione che va sì salvaguardata e ma anche riconfigurata giorno dopo giorno.
C'è un tempo per ogni cosa, dice il Qoelet. Ebbene il tempo mio, il tempo politico mio, è stato il tempo della costruzione del sistema delle nostre autonomie.
Il tempo attuale invece è il tempo del suo perfezionamento, ma soprattutto della sua salvaguardia e della sua difesa
Nel tempo mio, gli anni 60 sono stati gli anni nei quali, dopo la difficile e controversa eredità degli anni 50, della prima stagione autonomistica, uomini di grande sensibilità, visione e lungimiranza hanno saputo individuare e percorrere le strade attraverso le quali porre le fondamenta durature di una pacificazione etnica.
Dove, tra i vari tavoli delle trattative - quelli interni e quello internazionale - anche sotto la stretta di un terrorismo martellante, appunto il fine imprescindibile della pacificazione doveva essere perseguito con un metodo rigoroso, con il metodo rigoroso del confronto, attento alle ragioni degli altri.
Non per niente oggi il Presidente della Giunta Provinciale di Bolzano può andare all'ONU a mostrare e dichiarare il valore universale di un modello valido per il riconoscimento e il trattamento delle minoranze (e chiedere nel contempo all'ONU la partecipazione e il sostegno al progetto altoatesino di un Centro di ricerca sulle minoranze).
E dove anche i trentini hanno potuto e saputo dare un contributo decisivo.
Comunque, straordinario, anzi storico, l'obiettivo raggiunto in quegli anni, quello di aver affermato e ottenuto la dimensione pattizia del nostro rapporto con lo Stato, nella logica del riconoscimento del carattere originario della nostra comunità autonoma.
Una condizione cioè che precede le scelte giuridiche che la interpretano e ne costruiscono l'assetto istituzionale.
Il tutto germinato dai lavori della commissione del 19 e consolidato in particolare dalle commissioni paritetiche.
Con il secondo statuto, poi, anche la Questione trentina ha potuto trovare una sua soluzione, merito di rappresentanze parlamentari di assoluto rilievo e prestigio.
E, nel contempo, in quegli anni ricchi di grande e diffuso senso identitario di appartenenza, i Trentini hanno potuto e saputo riappropriarsi, culturalmente e politicamente, del senso e delle ragioni a fondamento di una propria specifica autonomia.
I risultati, nel tempo, sono stati straordinari, sono sotto gli occhi di tutti, anche se spesso ce ne dimentichiamo.
Penso che pochi dei presenti possono ricordare lo stato di arretratezza e di marginalità del Trentino del dopo guerra.
Quello attuale, invece, come dicevo, è il tempo soprattutto della difesa e della salvaguardia del nostro sistema autonomistico, avendo peraltro l'accortezza di ricordare che nelle vicende umane non c'è niente di definitivo.
Nessuno, fino a due anni fa, poteva immaginare la guerra alle porte.
Siamo nell'epoca del post (la post modernità, la post ideologia, la post democrazia), dell'eclissi del senso e del dominio della tecnica, che alla fine sottrae all'uomo la libertà di scegliere i fini.
Con lo spaesamento che ne è seguito e che ne segue.
E, poiché non siamo un'isola, anche la politica deve fare i conti con l'impatto di mutamenti così radicali sulla psicologia delle donne e degli uomini, anche di casa nostra.
Uno spaesamento che in Trentino ha avuto e ha effetti devastanti sull’identità e sul senso di appartenenza, dal momento che è bensì vero che l’autonomia è fondata, costruita è garantita da una cornice giuridico istituzionale, da una «Costituzione formale» e anche da una «Costituzione materiale».
Ma è altrettanto certo che la sua essenza intima è fondata in primo luogo sull’adesione e sul sostegno del suo popolo, e su un capitale sociale che ne sappia moltiplicare l’efficacia.
In realtà dobbiamo purtroppo constatare che nel corso degli anni, il nostro senso di appartenenza identitario si è largamente affievolito, con il risultato che si è anche largamente indebolita la nostra capacità di resistenza alle omologazioni provenienti dalle pianure.
Cosi come abbiamo perduto la cultura del confine.
Nel comune sentire le sensibilità e i comportamenti propri di un'area che per secoli è stata governata dal confine sono andati sostanzialmente perduti.
Abbiamo cioè perduto il senso della nostra «missione confinaria» quella cioè di essere partecipi e anche costruttori dei destini dell'intera area del Sudtirolo e del Trentino.
Caro Presidente.
In una società complessa come la nostra, complesso è chiaramente anche il ruolo della politica nel rispondere adeguatamente alle spinte dei cambiamenti.
Perché se da un lato il contesto interno - ed anche quello europeo e quello internazionale - impongono grande attenzione e azioni politiche efficaci per la salvaguardia del sistema (dove il raccordo con il Sudtirolo è naturalmente strategico, dal momento che è l'unitarietà dello Statuto la sua massima, vorrei dire unica, garanzia).
Dall’altro lato resta anche più impegnativo il ruolo e l’impegno che il mondo della politica, non da sola evidentemente, ma anche il mondo della cultura, quello dell’economia, quello dell’informazione, tutti insieme hanno oggi davanti a sé : non solo e non tanto quello di recuperare il senso identitario di appartenenza, quanto piuttosto quello di costruire una nuova declinazione del senso e delle ragioni all’autonomia, che certo vengono dalla storia, ma abbisognano di calarsi e immettersi nella dinamicità dei tempi che stiamo vivendo.
La cura del tessuto sociale e la sua ricomposizione culturale, psicologica ed emotiva saranno determinanti per la solidità futura del nostro autogoverno.
Impegni e ruoli decisivi.
Giorgio Postal.