L’Omelia di Vescovo Lauro sulla Solennità del Natale

Le parole pronunciate stamattina alle dieci nel Duomo di Trento: «C’è il pericolo concreto che esistano le parole e non la realtà»

«La Parola si fece carne».
La provocazione del Vangelo di Giovanni è stata al centro dell'omelia dell'arcivescovo Lauro nel solenne pontificale di Natale, alle 10 di questa mattina in cattedrale di Trento.
Don Lauro ha sottolineato il valore vitale delle parole, ma anche i rischi.
«C’è il pericolo concreto – ha detto – che esistano le parole e non la realtà. Il timore che la parola, da forza creatrice, si spenga e divenga suono sordo, vuoto, senz’anima, è forte. Possono fare questa fine anche gli auguri di Natale.»
 
«Mirabile questo Dio che si fa regalare l’attitudine a parlare da Maria e dal falegname di Nazareth.
«Loro per primi danno a Gesù quella parola che diverrà annuncio di consolazione, giustizia, libertà. Bellissima l’umiltà di Dio che diventa parola rivestendosi della nostra umanità.
«Come sorprendenti sono i trent’anni in cui questa parola rimane custodita nel quotidiano di Nazareth.  Quanto sarebbe bello, se anche le nostre parole ritrovassero il gusto del silenzio della grotta di Betlemme per riprendere verità, incisività, creatività.»
 
«Questo Dio profondamente umano, che si fa carne nelle donne e negli uomini che sanno essere casa gli uni per gli altri, spesso – ha argomentato ancora l'Arcivescovo – vorremmo relegarlo in cielo e impedirgli di frequentare l’umano, per poi scaricare su di lui le nostre responsabilità, chiamandolo a intervenire al bisogno, o imputandogli i mali del mondo.
«Fare Natale, invece, è accogliere l’Emmanuele, il Dio con noi. È sapere che abbiamo la possibilità di incidere nella storia, e farla diventare terreno di comunione.
«Egli – ha concluso – è la Parola che si è fatta carne, per trasformare la carne della nostra storia, in Parola di vita. A noi, accogliere o rifiutare.»