«Inaccettabili ritardi e rigidità di certe interpretazioni europee»

E' l'opinione di Federcasse, che precisa: «Fortemente penalizzate le banche di territorio e il credito a imprese e famiglie»

Federcasse (la Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali) esprime viva preoccupazione per gli effetti sull’industria bancaria italiana e sulla capacità di finanziamento dell’economia reale generati dalle modalità con le quali si è deciso di gestire l’ultima fase della crisi di quattro banche da tempo commissariate (Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Banca dell’Etruria e del Lazio e Cassa di Risparmio di Chieti).
Il provvedimento inciderà sulla redditività di tutta l’industria bancaria e, in particolare per le BCC, in misura considerevole anche sui peculiari processi di patrimonializzazione.
Ciò mentre i requisiti patrimoniali sono resi sempre più severi da normative soffocanti che penalizzano il credito e non si preoccupano dei rischi rappresentati dalla mole di derivati detenuti dai colossi bancari anche europei.
Le BCC hanno nella capacità di generare reddito la propria pressoché esclusiva fonte di patrimonializzazione (oggi peraltro mediamente superiore a quella del resto dell’industria bancaria).
Ma ciò che più preme rimarcare è che il provvedimento - che costerà al sistema BCC 225 milioni di euro solo nel 2015 (rispetto ai 55-57 milioni previsti dal contributo ordinario 2015 già accantonato) – sottrarrà preziose risorse al finanziamento di imprese e famiglie.
 
Pur confermando che la prospettiva dell’Unione Bancaria sia il traguardo da costruire (anche se dovrà essere raggiunto tenendo conto delle diversità di finalità/dimensione/natura giuridica/rischiosità delle aziende di credito europee), Federcasse contesta nettamente le condizioni che hanno impedito il mancato coinvolgimento del FITD (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi) nella risoluzione delle quattro banche in crisi, che dello stesso FITD sono consorziate.
Se quest'ultimo fosse intervenuto, non solo ex-ante, ma anche durante la risoluzione stessa, il costo a carico dell’intero sistema e delle BCC sarebbe stato nettamente inferiore.
Pertanto è imperativo che le Autorità riconsiderino, da un lato, la corrente interpretazione della normativa sugli Aiuti di Stato che impedisce ai DGS di intervenire precocemente per impedire le crisi e, dall'altro, l'applicazione delle neo-recepite norme sulla risoluzione delle crisi che non sembrano escludere, anzi prevedono, la partecipazione dei sistemi di garanzia dei depositanti al finanziamento delle operazioni di risoluzione.
Si è giunti a tale situazione a causa dei ritardi da parte del nostro Paese nel recepire la direttiva BRRD che doveva essere trasformata in legge italiana già nel gennaio scorso.
Ma soprattutto, e inaccettabilmente, si è arrivati fin qui per una serie di rigidità e di opzioni interpretative, tutte da discutere, da parte della Commissione Europea.
E ciò dopo che in Europa (ma non in Italia) sono stati approvati complessivamente interventi pubblici (di ricapitalizzazione, salvataggio attivi, garanzie e misure di liquidità) per 5.763 milioni finalizzati a salvataggi bancari.
 
In secondo luogo, il provvedimento - sostiene Federcasse - colpisce in modo pesantissimo e ulteriormente ingiusto quelle banche (come le banche di credito cooperativo) che hanno sempre fatto fronte alle eventuali difficoltà in modo autonomo, grazie agli strumenti di tutela che la categoria si è dato, come il Fondo di Garanzia dei Depositanti, senza chiedere né interventi statali né il contributo delle altre banche.
«Volontariamente e dal 1978 – ricorda il Presidente di Federcasse Alessandro Azzi – ci siamo fatti carico di risolvere da soli e per tempo le nostre crisi.
«Volontariamente e velocemente, negli ultimi mesi (proprio a causa delle rigidità interpretative della Commissione delle norme sugli aiuti di Stato) abbiamo deciso di rimborsare con un contributo pro-quota volontario di tutte le BCC italiane i sottoscrittori delle obbligazioni subordinate delle banche in crisi.
«Se non avessimo fatto così, quegli investitori avrebbero perso tutto.»
«Ricordo a questo proposito – aggiunge poi Azzi – la tutela che il Credito Cooperativo offre, grazie al Fondo di Garanzia degli Obbligazionisti ai possessori di obbligazioni emesse dalle BCC per un limite massimo di 100 mila euro aggiuntivo a quello di pari importo per i depositanti.»
 
In terzo luogo, uno dei tanti aspetti sui quali si dovrà fare chiarezza riguarda l’assurdo di dover pagare una sorta di «polizza assicurativa» che solo una parte delle banche potrà utilizzare, vale a dire quelle di dimensioni tali da superare il «test» del cosiddetto interesse pubblico.
Tutte le banche pagano, anche le piccole banche, ma soltanto alcune – quelle che rivestono «interesse pubblico» – ne beneficiano.
Da ultimo, destano preoccupazione le condizioni e i tempi con i quali verrà gestita la fase di immissione nel mercato delle quattro nuove banche risultato del processo di risoluzione. Federcasse vigilerà per prevenire condotte e decisioni improprie che dovessero diminuire il potenziale valore di realizzo e quindi penalizzare tutte le banche italiane che debbono contribuire alla copertura delle sofferenze e alla capitalizzazione delle quattro nuove banche.