Sabatini: «La ripresa sarà lenta e non sarà colpa delle banche»

Il direttore generale dell’Associazione delle Banche Italiane (ABI) ha incontrato stamane i vertici delle Casse Rurali trentine

Le banche italiane hanno continuato a svolgere il loro ruolo anche durante la crisi, ma l’Italia ha perso competitività rispetto agli altri paesi, e questo si riflette sugli investimenti e sulla domanda di credito.
«Quando aumenterà la domanda di credito – ha detto stamani il direttore dell’Abi Giovanni Sabatini incontrando i presidenti e direttori delle Casse Rurali – noi saremo felicissimi di soddisfarla.»
Oggi le condizioni non consentono che questo si realizzi.
«D’altronde – ha aggiunto – l’origine della crisi è proprio un eccesso di debito, pubblico e privato. Spingerlo oltre certi livelli non aiuta la crescita sostenibile.»
 
La crisi ha fatto perdere 9 punti percentuali di Pil, una distruzione di valore seconda solo a quella della seconda guerra mondiale.
Nell’area euro l’economia crescerà nel 2014 appena dell’1%, in Italia dello 0,5%, dopo aver chiuso il 2013 in territorio negativo dell’1,8%.
Un segnale positivo viene dai mercati finanziari, dove le tensioni si stanno allentando, come dimostra la diminuzione dello spread tra i titoli decennali tedeschi e italiani.
La dinamica del credito in Italia è più positiva della media europea, ma la pressione fiscale è più elevata rispetto agli altri competitori.
 
Cresce anche la raccolta, segno che la clientela si fida della propria banca.
Ma crolla la redditività, mentre balzano verso l’alto le «rettifiche su crediti» segnale inequivocabile della grande difficoltà in cui versa l’economia, banche comprese.
 
In generale comunque il «modello italiano» di banca commerciale basato sui prestiti ad imprese e famiglie si salva rispetto agli altri paesi europei, dove le banche sono maggiormente dedite alla finanza, ed hanno avuto bisogno di massicci interventi statali per sopravvivere.
Tengono le banche locali come le Casse Rurali, che hanno una relazione speciale con il territorio, e riescono ad essere vicine alle imprese e famiglie.
Serve (anche per le banche locali, trattate alla stregua degli istituti più grandi) una decisa omogeneizzazione delle norme, che sono troppe, sia nazionali che europee, e incidono profondamente sulla competitività.
A questo proposito, le banche italiane dovranno cambiare.
 
La disdetta del contratto di lavoro aveva una funzione «segnaletica» di mostrare la criticità del momento e la necessità di avviare immediatamente il confronto su basi innovative.
«Con il sindacato abbiamo ripreso a parlarci», ha detto Sabatini.
 
La tutela dell’occupazione passa attraverso il recupero della produttività del settore.
«Occorre ricollegare gli elementi salariali con la produttività. In futuro cambierà anche l’organizzazione territoriale. Allo sportello non si faranno probabilmente le comuni operazioni che possono essere svolte per via telematica, ma si andrà in banca per la consulenza e per particolari operazioni, che hanno bisogno di personale preparato e formato allo scopo», ha concluso il direttore dell’Abi.
 
Temi che entreranno nella trattativa per il nuovo contratto, che dovrà essere conclusa entro il mese di giugno.