Malaria: quello di Sofia potrebbe restare un caso criptico

Al momento l’unica cosa certa è che non ci sono certezze, né si esclude che si possa mai giungere a una ricostruzione scientifica

Claudio Dario, Paolo Bordon e Nunzia di Palma.
 
Oggi, al termine del lavoro dell’ispezione ministeriale, si è svolta una conferenza stampa all’Azienda Sanitaria del Trentino tenuta dal Direttore generale Paolo Bordon, dal Direttore sanitario Claudio Dario e dalla primaria di pediatria Nunzia di Palma.
La vicenda è purtroppo nota a tutti. Si parla del decesso della bimba di quattro anni Sofia, morta di malaria senza che fosse stata esposta alle condizioni che possono portare al contagio.
Al momento l’unica cosa certa è che non ci sono certezze, né si esclude che si possa mai giungere a una verità scientifica.
Ma andiamo per gradi.
 
La malaria è una parassitosi che si prende esclusivamente attraverso il sangue, solitamente tramite la zanzara anofele femmina che con la puntura trasmette il parassita che alberga nelle sue ghiandole salivari.
Il parassita, un plasmodio, va così a vivere nel sangue umano. Al momento della riproduzione, asessuata, il parassita si centuplica, provocando febbri molto alte alla persona infettata.
Gli sporozoiti vanno poi in tutti gli organi irrorati dal sangue, provocando i danni del caso. La complicazione peggiore è data da quella che si chiama malaria cerebrale e che ha tristemente portato alla morte la nostra povera Sofia.
Gli esperti ci scuseranno se abbiamo descritto la malaria in queste poche righe, ma ci importava spiegare in parole semplici il concetto della malattia.

Come si combatte la malaria?
La malattia viene debellata anzitutto eradicando la zanzara anofele. Negli anni 50 l’Italia ha praticamente estinto questa zanzara con dosi immense di Dicloro Difenil Tricloroetano (il famigerato DDT).
Per chi si reca in paesi dove la zanzara anofele è ancora in agguato, come in certi paesi africani, non c’è un vaccino.
Ci si può proteggere dalle punture delle zanzare, ma la vera prevenzione la si ottiene rendendo il sangue inospitale al parassita con medicine specifiche, che vanno assunte prima, durante e dopo il viaggio.
Il famoso chinino, che peraltro presenta parecchie controindicazioni, cura la malaria con lo stesso principio.
 
A questo punto è bene precisare che ci sono altre vie di trasmissione della malattia.
Una di queste è la somministrazione del sangue infetto. Può accadere con trasfusioni del sangue infetto, ma anche per lo scambio di siringhe infette comune per i tossicodipendenti. Tale metodologia di diffusione compare infatti spesso nei paesi africani dove malaria e AIDS vengono entrambe manifestate nell'individuo,
Un'altra eventualità è la trasmissione transplacentare, con la madre che trasmette il plasmodio al figlio durante la gravidanza
Infine c’è la cosiddetta «malaria da aeroporto»: zanzare infette che provengono dai paesi epidemici possono infettare persone che provengono da altri paesi non soggetti normalmente all'epidemia. Il primo caso si è avuto nel 1977 e da allora si sono registrati quasi un centinaio di casi nella sola Europa. Circa 2,5 all'anno.
 
Nel caso della piccola Sofia, si può scartare la trasfusione di sangue infetto perché trasfusione non c’è stata, così come senza ombra di dubbio non può essere stata usata una siringa infetta.
Resta dunque la possibilità che la poverina sia stata punta da una zanzara infetta, non necessariamente anofele, la cui azione però è difficilissimo da dimostrare.
Nel caso di specie la ricerca della verità si è complicata perché la bimba è stata ricoverata proprio in un momento in cui nello stesso ospedale c’erano due adolescenti colpiti da malaria.
Accertato - come abbiamo visto - che non esiste il contagio nel senso tradizionale del significato, è possibile che una zanzara abbia trasmesso il plasmodio in condizioni davvero impossibili.
La malaria peraltro ha un’incubazione di una durata variabile, che però coinciderebbe in maniera sospetta con il periodo di ricovero della bimba con i due malati accertati.
 
Una risposta più attendibile potrebbe essere data dall’analisi del ceppo del plasmodio. Se risultasse il medesimo in tutti tre i casi, aumenterebbero sensibilmente le probabilità che a contagiare la piccolina sia stata una medesima zanzara che ha punto i vari pazienti.
A quanto ci è dato di capire dalla conferenza stampa di oggi, tuttavia, tale esame potrebbe essere impossibile farlo. Mentre il plasmodio presente nel sangue di Sofia è certamente identificabile, quelli dei due pazienti colpiti da malaria in Africa potrebbero non essere più attendibili perché ormai sono guariti. I vetrini delle analisi fatte a suo tempo sono stati distrutti, come da protocollo, dopo il quinto giorno dal prelievo.
 
E la certezza che il protocollo sia stato rispettato lo si è avuto al termine dell’ispezione sanitaria eseguita oggi sia presso il reparto di Pediatria sia in quello di microbiologia da parte dei Carabinieri del Nas e degli ispettori inviati dal ministero della Salute che indagano sulla morte per malaria di Sofia.
Gli ispettori si sono soffermati sulle procedure del reparto di pediatria, hanno sentito testimonianze del personale e hanno visitato in particolare i luoghi dove sono state ospitate le pazienti, cioè la piccola deceduta e le due bambine ricoverate nello stesso periodo e guarite.
Il giro degli ispettori è durato due ore, stessa durata dell'ispezione effettuata in mattinata anche presso l'ospedale di Portogruaro (Venezia).
 
Sono stati sequestrati l'esame ematico di Sofia eseguito il 17 agosto 2017 e i referti delle altre bambine presenti nello stesso reparto e ricoverate per malaria.
I prelievi saranno sottoposti a indagine molecolare presso l'Istituto Superiore di Sanità per cercare di far luce sul fatto.
Il caso, a detta della dott.ssa Di Palma, si tratta di un evento più unico e raro al quale è e sarà molto difficile trovare una spiegazione certa.
Si attende comunque l'esito dei referti nella speranza almeno di individuare il ceppo. Il parassita comune ai pazienti, ricoverati come per Sofia, è il plasmodium falciparum, di cui ci sono diverse forme e pertanto necessitano di ulteriori e specifiche analisi.
 
Il caso purtroppo è diventato argomento di lite politica.
Non vogliamo dare spazio né a detrattori né a sostenitori del sistema sanitario trentino.
Speriamo che le analisi scientifiche possano fare chiarezza. Ma dovesse restare un caso «criptico», cioè oscuro e inspiegabile - eventualità che gli stessi vertici della sanità trentina hanno ventilato - noi riteniamo che la Sanità trentina sia eccellente e che il caso di specie non debba intaccare l’immagine conquistata in anni di buona, ottima amministrazione.
 
G. de Mozzi – N. Clementi