L’insostenibile leggerezza dell’ONU: con i Marò, come Pilato

Per il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, il problema di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre riguarda solo Italia e India

Abbiamo evitato di affrontare in questi giorni l’argomento dei Marò Girone e Latorre perché sembrava che il nostro Paese, sia pure con due anni di ritardo, stesse recuperando la necessaria determinazione per risolvere il caso con le buone o con le cattive.
Perfino l’Europa, alla fine - bontà sua, - si è schierata con l’Italia. Non tanto perché l’Italia faccia parte dell’Europa, ci mancherebbe!, ma perché potrebbe capitare a un altro stato dell’Unione.
Grazie alle pressioni internazionali, che parevano contrapporsi significativamente a quelle interne dell’India, si cominciava a sperare che la vicenda potesse riprendere il dialogo sulla base degli accordi internazionali che - sottoscritti anche dalla stessa India - impongono che a processare eventuali militari indiziati di qualche reato mentre svolgono il loro compito in acque internazionali siano i paesi di appartenenza.
 
Avendo preso atto (con riluttanza) che il Diritto non è un’opinione anche nei paesi in via di sviluppo, l’India si è trovata costretta a ipotizzare il reato di pirataggio a carico dei nostri Marò, altrimenti qualsiasi corte di giustizia si sarebbe dovuta dichiarare incompetente a giudicarli.
Se da una parte questo ci tranquillizzava perché - come abbiamo scritto a suo tempo - l’accusa si sarebbe persa come la spuma di un’onda fiacca, dall’altra dobbiamo ammettere che si tratta di un’accusa infame e infamante.
Accusare di pirataggio dei militari che rischiano la vita per combattere la pirateria, comunque la si voglia vedere, è una vergogna istituzionale che non può passare inosservata agli occhi di tutto il mondo.
Ed è qui che ci riallacciamo a quando accaduto ieri alle Nazioni Unite sull’argomento Marò italiani.
 
Negli ultimi giorni, come abbiamo detto, il governo italiano ha iniziato a rivolgersi a tutte le istituzioni internazionali di cui è membro, aumentando il pressing sulla portante dell’indignazione generata dall’indolenza indiana.
La richiesta è giunta dunque anche sul tavolo del segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon, il quale ha preso atto della crisi come se ne fosse venuto al corrente solo ora, per poi esprimersi nel peggiore dei modi: come Pilato.
«È meglio che la questione venga affrontata bilateralmente tra India e Italia – ha dichiarato – piuttosto che con il coinvolgimento dell'Onu.»
L'Italia chiedeva di valutare se ci fossero gli estremi per procedere contro l’India per «violazione dei diritti umani», in quanto i due militari sono internati in India da due anni senza un preciso capo di imputazione.
 
Ovviamente il nostro governo, Presidenza, Esteri e Difesa in particolare, si sono indignati di una risposta del genere.
Ma nell’attesa che dalla benvenuta indignazione si passi agli auspicati quanto improbabili fatti, esprimiamo anche noi le nostre considerazioni.
Lasciando a parte le considerazioni più più volte sostenute sul diritto internazionale e sulla mancanza di giustizia in India, ora ci indigniamo nei confronti di quell’organizzazione che si Chiama ONU e che raramente è riuscita a dirimere questioni internazionali.
L’Italia spende fior di milioni non solo per mantenere la sua quota parte dell’ONU, ma soprattutto per svolgere missioni umanitarie, civili e militari, nei posti dove è necessario intervenire su incarico delle Nazioni Unite.
 
Un esempio a caso? Il Libano, dove siamo riusciti a disarmare il Partito Armato del Libano e a convincere Israele a concordare il confine definitivo con i due paesi. Al di là del costo materiale della missione, ogni giorno dei ragazzi italiani sui 20 anni rischiano la vita sminando mine antiuomo per consentire la posa dei Blue Pillar, i paletti di confine blu dell’ONU.
Digitando su google la parola Blue Pillar, escono le foto scattate dall’Adigetto.it, missione di cui andiamo fieri.
Ma le Forze Armate italiane sono impegnate anche nella lotta contro la pirateria del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano. Eppure l’ONU - di fronte a questa crisi minimale quanto macroscopica - dei Marò se ne lava le mani.
Trasponendo la situazione Marò al Libano, se i Palestinesi dei campi profughi del Libano meridionale se la prendessero con i militari italiani della missine UNIFIL, chi ci dice che possiamo contare sull’appoggio dell’ONU?
 
È ben vero che Ban Ki-Moon sta cercando di rimediare alla gaffe, ma è impossibile anche per lui rimettere il dentifricio dentro il tubetto.
La nostra idea, concreta e ponderata, è di sospendere tutte le operazioni in corso contro il pirateggio marittimo finché la crisi italo-indiana legata alla sorte dei Marò non venga risolta.
È paradossale spendere soldi al servizio di una comunità internazionale che non è in grado di assumere le proprie responsabilità quando si verificano crisi nel corso delle missioni che ha attivato.
Ma soprattutto è inaccettabile mettere a rischio la vita dei nostri ragazzi, sapendo che in caso di necessità devono cavarsela da soli.
Sono cose che con infinita tristezza abbiamo visto accadere nel corso della Seconda guerra mondiale e che dobbiamo moralmente impedire in anticipo che possano accadere ancora.
 
G. de Mozzi