Al MAG, «No War No Peace»: gli effetti della fine dei conflitti
In collaborazione con Atlante delle Guerre e Conflitti del Mondo, foto di Fabio Bucciarelli

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Il Trentino è coinvolto in questi giorni da un grande evento, l’Adunata Nazionale Alpini, il quale, a cento anni dalla fine della Grande Guerra, non può non ispirare una riflessione politico-culturale ad ampio spettro.
Numerosissimi sono di fatto gli eventi culturali che enti e realtà del territorio si sono impegnati a realizzare per commemorare il centenario e che inevitabilmente intersecano le sfere di interesse dell’imponente appuntamento trentino.
Il MAG, dal canto suo, ricorda il centenario della fine della Prima guerra mondiale con un progetto ad hoc, Guerre e Pace. 1918-2018, che si dispiega per tutta la stagione 2018 attraverso proposte espositive e appuntamenti dentro e fuori gli spazi museali.
Se questa 91° Adunata intende svolgersi nel solco della pace, al Museo di Riva del Garda è in corso una mostra che si interroga proprio sul significato della parola «pace» e su cosa comporti in verità la fine di una guerra.
La mostra No War No Peace, pilastro imprescindibile del progetto Guerre e Pace. 1918-2018, pone di fatto la questione dello status di «non pace» che caratterizza infiniti scenari post-bellici, a partire da quel 1918 fino ai nostri giorni.
Se il 1918 è ricordato come l'ultimo anno di guerra, come non interrogarsi su ciò che determinò quel «dopo», e se sia corretto definirlo con il termine «pace»?
La fine di una guerra produce la pace oppure le sementi per un nuovo conflitto stanno già germinando?
No War No Peace (non c'è pace dopo la guerra) intende fermare il pensiero sulle tracce di una guerra che è stata, ponendo in relazione i confini ridisegnati allora con le ferite rimaste aperte nel corso del Novecento e con gli stati di «non pace» dell’oggi.
L’attenzione volge verso la fragilità insita nel termine «pace», a cento anni da allora, a diciotto anni dalla fine del «secolo breve»: non sempre infatti la pace è conseguente – come crediamo – alla fine di una guerra.
Sono decine, negli ultimi anni, le guerre cessate che non hanno però determinato la pace.
Esattamente come cento anni fa la fine della Prima guerra mondiale non creò una pace duratura, ma gettò le basi per la brutale guerra successiva, gli ultimi decenni sono disseminati di tristi esempi di stati di pace non raggiunti.
Il piano terra del Museo di Riva del Garda si trasforma così in una scenografia per un percorso che vuole rendere conto della guerra con una visione che affonda le radici nel primo conflitto mondiale per interrogare i concetti di ricostruzione, pace e confine in dialogo e corrispondenza tra ieri e oggi, in un’Europa dal destino incerto e dalle prospettive precarie.
Cosa rimane «il giorno dopo» gli armistizi, nelle guerre che si dispiegano fino a oggi? Cosa accomuna questi «dopo» che sono subito «oggi», se non già dimenticati «ieri»? Queste sono alcune suggestioni che l'ambiente-mostra pone in luce.
Le installazioni – costituite dalle immagini del fotoreporter Fabio Bucciarelli, dalle strutture evocative create dallo studio di architettura Weber+Winterle, da video storici, interviste e materiale di approfondimento consultabile attraverso touch screen e realizzato dal gruppo di lavoro di Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo – richiamano i diversi e così simili «dopo» che accomunano i momenti della fine dei conflitti, raccontano la contraddizione della fine della guerra senza costruzione della pace, in una linea di continuità e di rimandi che si dispiega per un intero secolo.
La mostra, che rimarrà visitabile fino al 4 novembre 2018, è realizzata in collaborazione con Associazione 46° Parallelo | Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, a cura di Andrea Tomasi e Claudia Gelmi su un progetto di Raffaele Crocco.