Il Presidente della Comunità Bisoffi ricorda Francesco Cocco
Anche Patrizia Belli ne ricorda la figura con un suo personale accorato pensiero
«Il Trentino perde un uomo di grande cultura, che ci lascia in eredità un percorso architettonico, artistico e culturale di spessore.»
Con queste parole il presidente della Comunità della Vallagarina Stefano Bisoffi, a nome della Comunità tutta, ricorda la figura dell'amico architetto veneziano di nascita ma residente a Rovereto da molti anni, Francesco Cocco.
«La sua curiosità intellettuale lo portò a un eclettismo straordinario permettendogli di spaziare dall'architettura, all'urbanistica, all'arte con grande sensibilità e competenza. Numerose le testimonianze delle sue creazioni architettoniche a Rovereto, nella Vallagarina e oltre. Attento osservatore delle dinamiche sociali e politiche della nostra terra, era discreto ma dinamico e non lesinava consigli e suggerimenti agli amministratori quando questi erano impegnati nella visione dello sviluppo del territorio. Tra i tanti riconoscimenti che ebbe (tra cui una importante amicizia con autorevoli architetti di fama nazionale tra cui lo storico Bruno Zevi), un posto di rilievo va al People Mover collegamento funiviario da Venezia al Tronchetto che gli valse nel 2010 il premio Sommer-Awards 2010, per il miglior impianto funiviario. Francesco Cocco disegnò una stazione a forma di conchiglia che ricorda le ali di un gabbiano. La sua scomparsa – conclude Stefano Bisoffi - ci lascia un po' più soli, ma siamo confortati dalle opere architettoniche e artistiche che ci ha lasciato e dal ricordo di una relazione umana ricca e indimenticabile.»
Erano gli anni '70 e quando l'architetto Francesco Cocco lasciò la sua città natale: Venezia per risiedere a Rovereto. Anche mio padre aveva lasciato la multinazionale di progettazione tecnica: Techint che aveva sede a Milano per tornare a Rovereto: sua città natale, dove aveva aperto uno studio tecnico nella casa paterna di via Vannetti. Si incontrarono e decisero di diventare soci, non solo per una forma di convenienza: Cocco conosceva poco il territorio e mio padre nonostante l'esperienza internazionale nella progettazione aveva solamente il diploma di geometra, insieme a Cocco invece avrebbero potuto realizzare opere architettoniche di grande respiro, ma soprattutto decisero di unirsi per una comune visione di entusiasmo e sensibilità nella creazione di opere urbane a misura d'uomo. Il sodalizio durò anni e quelli furono gli anni in cui imparai a conoscere Francesco. Imparai ad apprezzare la sua straordinaria elasticità mentale, era un uomo di vastissimi interessi: architettura, arte, cultura. Ricordo le discussioni interminabili e bellissime su ogni cosa. Era anche un uomo ironico: lui e mio padre si sbellicavano dalle risate su quel nome che siglava il loro sodalizio professionale: «Cocco Belli» ricordando il venditore di cocchi che in spiaggia gira con il secchio al grido «cocco bello!». Ci siamo sempre tenuti in contatto, perlopiù epistolare e in una delle sue ultime lettere avevamo riflettuto sui segni del destino. Mio padre non c'era già più e Francesco per casualità viveva nella casa di Santa Maria a Rovereto dove mio padre era nato. Come se ci fosse stato un legame sin dall'origine. Bruno Zevi di lui scrisse: «Alla fine del secondo millennio gli architetti operanti in città sono spesso in stato di frustrazione: ma dalla provincia emergono forze sorprendenti, individui coraggiosi, come Francesco Cocco....» Francesco è stato uno straordinario protagonista del nostro tempo, ha seminato arte nella architettura e architettura nell'arte. È stato anche un caro amico e mi mancherà. Patrizia Belli |