A una settimana dalle elezioni tutto è ancora incerto
È in discussione la scelta per due mondi opposti di vedere il Trentino. - Ma solo domenica 9 novembre si metterà fine a questa «drôle de campagne».
Pensavamo che le elezioni «dure»
sarebbero state quelle del 2013, quando l'attuale presidente
avrebbe concluso «naturalmente» il suo secondo e ultimo mandato e
la maggior parte degli attuali consiglieri provinciali si sarebbero
collocati a riposo per limiti di età. Tra cinque anni la lotta per
la successione sarebbe stata dunque violenta perché entravano in
gioco le nuove generazioni.
E invece la campagna che sta per concludersi è stata la più
violenta che ci si ricordi, zeppa di colpi bassi e mazzate
giudiziarie, di clamorosi colpi di scena e plateali tradimenti, di
esclusioni improbabili e riammissioni respinte. Inutile dire che
«non ci sono più i signori di una volta»: di un tempo non
c'è proprio più nulla.
Non vogliamo fare la cronistoria dei fatti che si sono succeduti
negli ultimi 40 giorni, ma solo commentare alcuni aspetti che forse
sono sfuggiti e di cui invece la gente dovrebbe tenere a quando si
troverà nel segreto dell'urna.
La prima cosa che va messa in evidenza è che il rinvio delle
elezioni ha provocato il crollo dell'interesse della gente verso la
politica. Lo possiamo dire perché le statistiche automatiche del
nostro sito dimostrano che nelle ultime due settimane è crollata la
presenza di parole chiave legate a nomi di politici e di partiti.
L'unico nome che è emerso è stato «Casini», e non siamo neanche
sicuri che coloro che hanno digitato la parola si riferissero al
presidente dell'UDC.
Se fino a due settimane fa la durezza della campagna comportava un
aumento considerevole dell'affluenza alle urne, questa disaffezione
(peraltro comprensibile) dovrebbe portare con ogni probabilità
all'opposto, cioè un calo anche sensibile. Se così fosse, i partiti
che più ne soffrirebbero sarebbero quelli della maggioranza
uscente, perché coloro che vogliono cambiare sono sempre più
motivati degli altri.
C'è solo una interferenza esterna che potrebbe modificare questa
tendenza al ribasso, le elezioni presidenziali negli USA del 4
novembre. Il clamore che certamente genera la scelta del nuovo
inquilino della casa Bianca potrebbe fare riaffiorare l'interesse
per il voto in casa propria. Ma anche questo lo sapremo solo la
sera del 9 novembre.
Per scendere all'analisi delle parti in campo, pare evidente a
tutti che la lotta serrata sarà tra Dellai Divina. I vari sondaggi
che si sono susseguiti a suo tempo sono stati superati da eventi
tali da renderli del tutto inutili, ma una cosa era emersa con
certezza: che sul filo di lana si sarebbero trovati Dellai e
Divina.
Dato che a due settimane dal voto i dati dei sondaggi non possono
essere divulgati, non sappiamo se qualcuno ne abbia commissionati
di nuovi. Se non ne sono stati fatti altri, la ragione è che i
contendenti si avvalgono dei risultati solo come strumento
funzionale alla campagna elettorale, quando invece dovrebbero
servire quasi esclusivamente (o principalmente) al committente per
adattare le proprie iniziative alle risultanze.
Ritenendo con cognizione di causa che la nostra opinione non sia
assimilabile a quella di un sondaggio, ci permettiamo di esprimere
alcune considerazioni.
La prima è che la scelta tra Dellai e Divina è decisamente epocale
in quanto anticipa quel giro di boa che all'inizio dicevamo di
attenderci tra cinque anni.
La seconda è che la differenza tra i due contendenti è tale che non
ci possono essere dubbi tra chi vuole stare da una parte o
dall'altra.
Entrambe le coalizioni hanno le carte in regola per vincere e le
condizioni oggettive per perdere. Senza scendere nei dettagli,
ognuno ha i suoi cadaveri nell'armadio e i migliori cavalli fuori
uso.
Dellai ha commesso l'errore di cambiare il nome del suo partito a
pochi mesi dalle elezioni e non si sa se la gente abbia fatto in
tempo ad associare il suo nome all'UPT. Divina si trova ad avere in
casa un partito decisamente corposo come il PDL, che però si trova
per la prima a svolgere un ruolo di gregario anziché da
primario.
Certamente Dellai si trova in posizione di vantaggio, dato che ha
gestito per dieci anni la Provincia, cosa che - dati alla mano - ha
fatto decisamente bene. Ma non possiamo dimenticare che il successo
non è mai stato foriero di scontate vittorie elettorali, perché
quando la gente ha voglia di cambiare, non ci sono rendite di
posizione che tengano.
Divina si trova spinto da un'ondata anomala che potrebbe travolgere
tutto e tutti. Ma sappiamo anche che il successo non ha
memoria.
Il fatto più clamoroso della campagna è stata comunque
l'estromissione dell'UDC dalla competizione elettorale per vizio di
forma. Il vizio consisteva nella mancata autentica della firma da
parte del segretario politico che aveva presentato la lista e della
certificazione della sua qualifica personale. Su questo si è
parlato e si parlerà a lungo, perché non esiste proprio che «la
burocrazia possa inibire la democrazia», come avevano commentato
all'UDC la pragmatica sanzione.
Non vogliamo qui discutere le scelte di coloro che si sono assunti
quelle responsabilità, ma certamente la legge elettorale va
modificata in due direzioni. La prima è che i ricorsi devono poter
essere fatti prima della tornata elettorale e non
dopo, perché è troppo dannosa l'eventualità che si debbano
rifare le votazioni. La seconda è che l'iter per la presentazione
delle liste deve prevedere una sorta di camera caritatis, come ad
esempio potrebbe essere una giornata «cuscinetto» tra la scadenza
ufficiale e il deposito effettivo, in modo da consentire agli
uffici di verificare la correttezza formale e, se del caso, porvi
rimedio.
È una notizia proprio di quest'ultima ora che ben tre liste della
PDL sono state escluse dalle elezioni regionali dell'Abruzzo per
vizi di natura formale. Detti vizi sono relativi all'«autentica
delle firme» e all'annessa «qualifica di chi le ha presentate».
Esattamente gli stessi vizi riscontrati (e non sanati) dalla nostra
burocrazia. All'Aquila hanno inviato le liste al tribunale affinché
verifichi se tali vizi siano sanabili o no. Poiché la proceduta
appare completamente diversa da quella adottata in Trentino, dalla
risposta che avremo lunedì vedremo se in questo paese ci sono due
metri e due misure.
Ma l'aspetto che va segnalato in questa esclusione sta nel fatto
che qualcuno ha fatto ricorso avverso la riammissione dell'UDC
affinché venisse esclusa nuovamente. Chi lo ha fatto non ha
presentato il controricorso anche contro una lista appartenente la
sua stessa coalizione che come l'UDC era stata esclusa e poi
riammessa. La cosa è legittima, sia ben chiaro, ma è del tutto
strumentale prima ancora che antisportiva. Se ci si consente un
parallelo con lo sport, infatti, sarebbe come se per far vincere la
Ferrari di Massa oggi in Brasile, Raikkonen avesse buttato fuori
pista Hamilton.
Ci si obietterà che una corsa elettorale non ha nulla a che vedere
con lo sport, ma infatti ci permettiamo solo di far notare che per
qualcuno questa campagna elettorale non ha avuto proprio alcun
aspetto sportivo. L'importante era vincere, punto.
Commovente comunque l'appello degli ex candidati UDC che invitano
oggi dai quotidiani trentini a votare per Dellai, «che rappresenta
quel grande Centro che avrebbero voluto costruire insieme».
Ultimo aspetto, gli argomenti messi in campo per ottenere i
consensi della gente, perlopiù attivati per attaccare l'avversario
che per portare avanti i propri valori.
Non vogliamo parlare qui dell'inchiesta «Giano Bifronte», che
secondo qualcuno sarebbe stata orchestrata opportunamente da un
partito di una delle due coalizioni. Né vogliamo parlare dei colpi
bassi che ogni candidato si è dimostrato disponibile a fare anche
contro uno dei propri compagni di corsa. Così come non vogliamo
commentare dal punto di vista comunicazionale (anche se tanto ci
starebbe a cuore) i messaggi che sono stati veicolai e il modo con
cui sono stati somministrati e presentati alla gente. Cui
riserviamo di parlarne ad elezioni avvenute. Preferiamo
concentrarci sulle due strategie poste in campo dalle due
candidature principali.
Da una parte Dellai presenta come credenziali il proprio operato
(in testa a tutto la sua recente opera di uomo di Stato
nell'affrontare la Crisi mondiale), dall'altra la strategia di
Divina attacca tutto l'operato di Dellai, comprese le sue
iniziative intraprese per affrontare la Crisi («che le aveva già
invocate da tempo la Lega»). E ancora Dellai che ammonisce contro
il Federalismo Fiscale voluto dalla Lega («è come la grandine sulle
mele»), dall'altra Divina che contrattacca accusando centralismo e
clientelismo (rifacendosi alla logica reiterata della «magnadora»).
Dellai accusa l'incompetenza di Divina e la sua dipendenza da
Bossi, dall'altra Divina accusa Dellai di non comprendere le
istanze dei Trentini nel nuovo millennio.
Dal nostro punto di vista, noi non abbiamo voluto raccogliere tutti
quei comunicati stampa che le parti hanno inviato alle redazioni
per attaccare l'avversario. Possiamo solo dire che la nostra
impressione è che da entrambe le parti non ci fossero né un
giornalista né un pubblicitario a gestire l'intero impianto
comunicazionale delle varie segreterie. O almeno speriamo che sia
così.
Per tirare le somme, possiamo dire che c'è la totale incertezza
della situazione. Secondo noi tutto dipende dalla grande incognita
rappresentata dagli elettori dell'UDC. Se si recheranno a votare,
il voto potrà andare in una certa maniera. Se per protesta o
indignazione si asterranno dal voto, tutto è nelle mani di coloro
che hanno fatto estromettere il loro partito.
GdM