La solennità dell’Epifania celebrata nella Cattedrale di Trento
Vescovo Lauro: «Le parole del Vangelo sono di straordinaria attualità: oggi a essere turbata e in preda alla paura è l’Europa, alle prese con l’arrivo di nuovi popoli…»
I Magi videro spuntare la sua stella e vennero ad adorarlo. «All’udire questo il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme» (Mt 2,3)
Le parole del Vangelo sono di straordinaria attualità: oggi a essere turbata e in preda alla paura è l’Europa, alle prese con l’arrivo di nuovi popoli, con le sue culle sempre più vuote, le sue carte d’identità inesorabilmente datate, la percezione di essere ormai ai margini della geopolitica del mondo.
I suoi «scribi» si rifanno stancamente alle «scritture»: fuor di metafora, sulle ceneri di due Guerre mondiali abbiamo scritto pagine importanti sui diritti umani e individuali, abbiamo dato vita a un sistema di welfare tra i più avanzati al mondo, abbiamo sognato e lavorato per un’Europa unita.
Tuttavia, come per gli scribi, anche per noi, c’è il rischio che tutto questo rischi di essere una scatola vuota: la pace non sia più un valore supremo, in qualche misura la violenza sia legittimata, i diritti siano per alcuni e non per tutti, l’isolamento prevalga sull’unità.
I Magi «al vedere la stella provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10).
Abbiamo un “problema” con le stelle. Fatichiamo a vedere la novità. Spesso mette paura. Le nostre agende di giornata sono piene di «già visto» e di ovvietà.
Tra le stelle che sono giunte tra noi, ci siete voi rappresentanti dei popoli, in particolare dell’America Latina, dell’Asia, dell’Africa, che siete arrivati tra noi con le vostre diverse sensibilità, spesso un modo nuovo di vivere la fede e l’appartenenza alla Chiesa.
«Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2, 11)
In questa Epifania, facciamoci il regalo di entrare, insieme, nella grotta di Betlemme. Deponiamo, assieme ai Magi, le nostre idee su Dio, lasciamoci regalare, dal bambino di Betlemme, il vero volto di Dio.
In quel bambino, ai margini della grande Storia, abita una luce nuova. Dove sta il nuovo?
Quel Dio fatto Bambino rivela che la potenza sta nel ritrarsi, nel fare spazio, nell’ospitare. In lui ogni uomo è chiamato a fare altrettanto.
Ospitare non è in primis un atto di bontà e di solidarietà: è nell’ospitare che passa la vita. È la condizione dell’esistere. Chi non ospita rinuncia a vivere.
Un popolo refrattario a storie diverse, culture altre, a ciò che profuma di nuovo, non ha futuro.
«Per un'altra strada, fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12)
La strada «altra» da imboccare, per tutti, è la via dell’incontro, dell’includere, dell’accogliere.