Ci risiamo. L'ennesimo intervento «a
gamba tesa» sui finanziamenti pubblici alla cooperazione ci
costringe a ribadire ancora una volta lo stesso concetto: alla
cooperazione non va un euro in più rispetto agli altri settori
economici.
Come è ampiamente noto, la legge provinciale n. 6 sull'economia è
unica, non fa distinzione tra forme di impresa e comprende tutti i
settori con l'eccezione del credito e dell'agricoltura.
Va assolutamente rispedita al mittente l'affermazione contenuta nel
titolo «Il Bistrot è finanziato e a noi privati niente».
L'intervento sull'Adige di oggi da parte della signora Giulia De
Pretis, titolare di un albergo a Mezzocorona, si riferisce
all'apertura di un bar integrato nel nuovo negozio della Famiglia
Cooperativa di Mezzocorona e San Michele.
Un radicale intervento di ristrutturazione che comprende anche il
«bistrot» aperto peraltro con lo stesso orario del negozio.
Non entriamo nel merito delle opinioni circa l'opportunità o meno
dell'apertura. Ognuno è libero di pensarla come vuole.
Ma non possiamo accettare che per argomentare si usino
affermazioni false nei confronti delle cooperative, che generano
sfiducia e disaffezione nelle persone che le leggono, soprattutto
in un periodo come questo dove i cittadini pongono giustamente
molta attenzione all'utilizzo delle risorse pubbliche.
Un po' di chiarezza
Proviamo quindi a fare un po' di chiarezza: innanzitutto non può
esserci alcuna contrapposizione tra cooperazione e «privati»,
semplicemente perché è privata anche la cooperazione, e se la gioca
alla pari con tutti i soggetti sul mercato. L'unica differenza -
che conferisce alla cooperazione una sorta di rilevanza «pubblica»
- è il numero dei proprietari (i soci), che sono in genere qualche
centinaia o migliaia. Nel caso della Famiglia Cooperativa di
Mezzocorona, i proprietari sono 1.800 soci.
A questa speciale società a proprietà collettiva la Costituzione
riserva una particolare tutela per la «funzione sociale della
cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione
privata».
L'unica, residuale forma di incentivo che ancora è in capo alla
cooperazione è una parziale riduzione della tassazione degli utili,
che però vanno ad incrementare il patrimonio della cooperativa e in
nessun modo potranno mai essere distribuiti ai soci.
Se una cooperativa chiude, il suo patrimonio viene devoluto ad un
fondo di promozione di tutta la cooperazione, che in Trentino si
chiama Promocoop.
Se la signora de Pretis decidesse di vendere il proprio albergo,
giustamente pretenderebbe di intascare i soldi della
transazione.
I contributi per la realizzazione del «Bistrot» a
Mezzocorona
Per quanto riguarda l'investimento realizzato dalla Famiglia
Cooperativa a Mezzocorona, la ristrutturazione dell'intero
compendio di 300 metri quadrati è costata circa 700mila euro.
Il bistrot occupa circa un terzo della superficie.
La cooperativa, come qualsiasi altra impresa, ha chiesto un
contributo sulla legge 6 dell'economia. Se sarà accordato, non
potrà superare il 20% sulla spesa ammessa di 700 euro a metro
quadrato. Quindi massimo 42 mila euro per tutto il complesso. A
spanne, 14 mila euro per il bistrot.
A questo si dovrebbe aggiungere il contributo del 7,5% sulle
attrezzature e arredi, che sono costati circa 60mila euro. Quindi
altri 4.500 euro. Punto.
Ripetiamo: la stessa cosa avrebbe potuto farla qualsiasi altro
operatore economico privato, indipendentemente dalla forma
societaria di impresa.
Forniamo un elemento in più, recuperando i dati pubblicati giusto
venerdì scorso dai giornali.
Negli ultimi otto anni gli aiuti pubblici sugli investimenti delle
imprese trentine sono ammontati a 453 milioni di euro.
Di questi, alla cooperazione ne sono andati 10,7, pari al 2,3%.
Questo è quanto, e speriamo sia sufficiente. Ci chiediamo solo
quante volte ancora dovremo ripetere le stesse cose.
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