«Gentile e caro Elio Fox...»
L'intervento del sindaco alla consegna del sigillo a Elio Fox, che noi condividiamo
Riportiamo qui di seguito l'intervento pronunciato del sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, alla consegna al poeta Elio Fox dell’Aquila ardente di San Venceslao la massima onorificienza prevista per cittadini che si sono distinti per meriti di assoluto rilievo.
Non aggiungiamo altro, salvo precisare che ci associamo a quanto dichiarato dal sindaco di Trento
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Gentile e caro Elio Fox,
desidero esprimerLe la gratitudine dell’Amministrazione di questa municipalità e della città tutta per la Sua rigorosa, appassionata, indispensabile militanza culturale.
Dico militanza non a caso, perché mi pare che questa parola descriva al meglio la Sua tenacia, la Sua capacità di presidiare e seguire da vicino tutto ciò che accade nel mondo culturale trentino (e non solo trentino), la Sua costante attenzione all'evolversi della lingua e in particolare del dialetto e dei dialetti.
Sfogliando le sue numerose pubblicazioni, mi sono venuti in mente alcuni versi dagli «Ossi di seppia» di Montale:
«...Non ho che le lettere fruste
dei dizionari e l'oscura
voce che amore detta s'affioca
si fa lamentosa letteratura...»
Uno dei più grandi poeti novecenteschi lamentava così l'insufficienza della nostra lingua, capace solo di un «balbo parlare» e di «frasi stancate».
Montale dava voce al dramma di tutta la poesia del Novecento in cerca di nuove strade espressive, in cerca di nuove soluzioni linguistiche, capaci di ovviare alla sensazione di stanca letterarietà emanata dalle parole dei dizionari.
In cerca, in definitiva, di nuove strade e nuove soluzioni capaci di catturare meglio la vita.
E' qui che entra in scena il dialetto.
Quello strumento espressivo tutt'altro che arretrato, tutt'altro che plebeo, scelto da titani del verso come Noventa e Zanzotto o come il nostro Marco Pola.
Il dialetto, che Lei, caro Elio Fox, ha testardamente indagato e coltivato e difeso anche quando non era di moda, anche quando la Cultura con la C maiuscola pareva contemplare solo una lingua uniforme e standardizzata e piatta.
Invece Lei ci ha dimostrato che il dialetto non è solo un linguaggio intimo e domestico, ma può diventare una forma letteraria in grado di rivelare pieghe dell'esistenza e dell'animo umano che altrimenti resterebbero oscure e inespresse.
Grazie a Lei abbiamo scoperto che il dialetto trentino può essere tutt'altro che provinciale, tutt'altro che folkloristico, tutt'altro che nostalgico.
Abbiamo scoperto che il dialetto può essere una lingua dell'oggi, agile ed elastica e addirittura di chirurgica precisione.
Anche se la Sua attività si fosse limitata «solo» a questo, noi tutti Le dovremmo la nostra gratitudine.
Ma c'è molto di più nello straordinario itinerario che l'ha condotta dal giornalismo all'attività di commediografo, e ancora – enumero alla rinfusa - alla direzione di Ciacere en trentin e di altri prestigiosi periodici, alla presidenza del Club Armonia (per ben 25 anni!), alla pubblicazione di saggi «trentini» rigorosi e documentati.
In aggiunta a tutto questo c'è una generosità rara: la generosità che porta a riconoscere e a promuovere il talento altrui.
Basta sfogliare una qualsiasi delle oltre cinquanta prefazioni alle raccolte poetiche degli autori trentini per accorgersi dell'attenzione non distratta da Lei dedicata a ogni nuova voce, a ogni nuovo componimento, a ogni nuovo verso.
L'impressione è che, nel corso dei decenni, Lei si sia assunto il compito di fare da levatrice alla cultura trentina, di valorizzarne tutti i contributi, di cercare di contestualizzarli.
E' così che, negli anni, anche grazie al suo preziosissimo contributo, la produzione dialettale ha trovato i suoi spazi e il suo pubblico.
C'è un ultimo aspetto su cui mi voglio soffermare. I temi della Sua opera sono spesso «popolari»: il dialetto, naturalmente, ma anche le osterie, ma anche la fotografia, quella che ritrae la quotidianità, la cronaca.
E poi il teatro dialettale, che – nonostante Goldoni, Scarpetta e De Filippo – è spesso considerato materia per filodrammatiche amatoriali.
Nella scelta dei soggetti di studio è evidente quello che gli inglesi definirebbero understatement come se, quasi inconsapevolmente, Lei avesse voluto dedicarsi ad argomenti dai più ritenuti «minori».
Però le Sue armi filologiche, il Suo bagaglio culturale, la Sua preparazione critica sono tutt'altro che minori, cosicché anche la storia delle osterie trentine diventa un'opera dotta e documentata, una storia della città, dei suoi abitanti e dei suoi ospiti, dai cardinali del Concilio a Napoleone al poeta Heinrich Heine, per non parlare delle prefazioni alle poesie trentine, che sono non di rado trattati veri e propri di dialettologia.
Il Suo contributo alla riscoperta, alla promozione e alla produzione culturale trentina è stato in questi decenni inestimabile.
Ci ha resi più consapevoli e più orgogliosi delle nostre radici, più attenti alla nostra storia.
Sia chiaro, Lei non ci ha mai esortato a rinchiuderci entro i confini dell'appartenenza, ma piuttosto ci ha insegnato che chi sa da dove viene, chi sa parlare con una voce propria, originale, è in grado di dialogare meglio con tutti, alla pari, senza complessi, né di inferiorità né di superiorità.
Gentile Elio Fox,
è per queste ragioni che la città intera vuole testimoniare la propria amicizia e la propria stima nei Suoi confronti.
E’ per questo che, raccogliendo le sollecitazioni e l’affetto di numerosi Suoi amici ed estimatori, sono onorato di consegnarLe l’antico sigillo della città: l’Aquila ardente di San Venceslao.
Grazie.
Alessandro Andreatta
sindaco di Trento