Il Consiglio Circoscrizionale di Ravina–Romagnano dice no alla famiglia Lunelli
«Il vigneto a Terlaga non s'ha da fare» - Una decisione fondata su argomenti imperscrutabili
Francamente non avevo mai visto
tanta scontata demagogia in un consiglio circoscrizionale, ma forse
è perché non ci vado mai… Ma non avevo neanche mai visto una
situazione ambientalistica così ironicamente dominata dalla natura,
per cui il presidente della seduta - mentre stavano parlando gli
ambientalisti con toni catastrofici - ha dovuto chiedere
all'assistente di chiudere le finestre perché degli uccelli
selvaggi, all'aperto, facevano irriverentemente troppo chiasso, al
punto da coprire coi fischi e i cinguettii la voce dei
consiglieri...
L'ordine del giorno Consiglio Circoscrizionale di Ravina -
Romagnano, convocato per la sera del 24 maggio 2007 era così
composto:
1. Approvazione verbale di data 2 aprile 2007;
2. Art. 26 del Regolamento del Decentramento: documento presentato
dalla Consigliera Buscicchio (Verdi e Democratici per l'Ulivo)
inerente "l'effetto serra";
3. Integrazione programma gemellaggio 2007;
4. Art. 27 del Regolamento del Decentramento: parere sul progetto
di massima di trasformazione di coltura in loc. Terlaga di Ravina
(vigneto specializzato per la produzione di uve base spumante
Trento DOC);
5. Art. 26 del Regolamento del Decentramento: razionalizzazione
linee autobus Ravina-Romagnano;
6. Art. 26 del Regolamento del Decentramento: documento presentato
dalla Consigliera Paola Martinelli (capogruppo della maggioranza)
inerente la proposta di utilizzo dei fondi derivanti dal mancato
adeguamento del gettone di presenza di alcuni consiglieri;
7. Comunicazioni del Presidente;
8. Varie ed eventuali.
Noi ci siamo andati per assistere alla discussione del punto N. 4
di cui all'ordine del giorno, quello che riguardava il progetto di
trasformazione di terreno boschivo in agricolo, come richiesto
dalla famiglia Lunelli. Pochi giorni fa ne avevamo parlato perché
il WWF aveva depositato un esposto
al Servizio protezione ambiente della Provincia autonoma di Trento
affinché ne impedisse la trasformazione (vedi
articolo). Oggi la circoscrizione di zona doveva
approvare o respingere il parere della Commissione ambiente del
Comune che si era già espressa contraria al progetto.
Il dibattito è cominciato con la lettura della relazione del VIA
(Valutazione dell'Impatto Ambientale). Mai sentita una descrizione
così minuziosa, dettagliata e scientificamente documentata, in
merito ad una variazione di destinazione di un'area, come quella
letta dal consigliere Degasperi. I quattro professionisti che
l'hanno redatta non hanno tralasciato nulla, e nulla hanno scritto
che potesse lasciare dubbi sulla loro valutazione: praticamente
nessun rischio ambientale.
Per scendere in dettaglio, la fauna coinvolta al (parziale)
trasloco forzato sarebbe formata dal picchio verde, dallo
scoiattolo e dal gufo, peraltro nobilissimi animali. E' esclusa la
possibilità di caduta massi perché pendenze non ce ne sono. Il
terreno verrebbe solamente mosso senza subire trasferimento di
materiale da o per altre aree. Il rischio idrogeologico è
trascurabile perché la zona non comprende specchi d'acqua. La
produzione idrica è di 4 litri al secondo, dei quali 0,5 andrebbero
alle necessità di Villa Margon e il resto all'azienda agricola. Le
abitazioni più vicine non possono essere raggiunte dal gas di
macchine agricole. Le piante del bosco degne di interesse sono
poche, ma non verrebbero toccate nella trasformazione. L'azienda
agricola sarebbe supermoderna e quindi impiegherebbe solo mezzi più
che compatibili con l'ambiente. Nel territorio si trova una
calchèra (antica fabbrica di calce) in buone condizioni, che
verrebbe riportata allo stato originale. Insomma, i 13, 7 ettari
farebbero sicuramente meno danni di quanti non ne avesse fatti la
calchèra quand'era in funzione.
Il relatore, evidentemente contrario alla trasformazione, si è
affrettato a dire che sì, i professionisti che avevano steso la
relazione erano degli scienziati di prim'ordine, ma «nessuno può
essere in grado di assicurare che in futuro questa iniziativa non
possa portare a disastri ambientali allo stato imprevedibili».
C'era da chiedersi perché mai avessero chiesto la valutazione al
VIA, con questo presupposto acquisito… Inoltre, precisa sempre il
relatore affinché i presenti si rendano conto della grandezza dei
quasi 14 ettari, «si tratta di un territorio vasto quanto 28
campi da calcio.»
A questo punto il Presidente prende la parola per leggere il punto
4 della famosa donazione fatta illo tempore dal barone
Salvadori alla Famiglia Lunelli. Da quella clausola, in effetti, si
evince che la donazione richiedeva che il donatario si preoccupasse
della manutenzione della villa e del suo parco, affinché il
pubblico potesse accedervi liberamente. Dopodichè apre il dibattito
ai consiglieri.
Chi ha preso la parola, della maggioranza o della minoranza che
fosse, l'ha fatto per esprimere sostanzialmente due concetti. Da
una parte i Lunelli dovevano mettere a disposizione del pubblico la
villa e il parco. Dall'altra, non era male l'idea che venisse fatto
un vigneto di qualità nella zona. Un consigliere di maggioranza si
è dichiarato decisamente a favore dell'iniziativa dei Lunelli,
mentre un suo collega ha lamentato che un rappresentante della
famiglia Lunelli non fosse stato invitato al consiglio. Nessuno ha
commentato queste affermazioni.
A quel punto il presidente offre la parola alla gente del pubblico
e, naturalmente, non mi sono tirato indietro. Mi rivolgo al
presidente.
«Mi domando alcune cose, signor presidente. La prima è perché ha
letto quella parte del contratto di donazione, fatta dal barone
Salvatori ai fratelli Lunelli, che si riferisce alla destinazione
d'uso della donazione stessa, quando il terreno in questione è
esclusiva proprietà della famiglia di questi ultimi. La seconda è
come si possa fare una discussione su una problematica come questa,
senza che nessuno ne abbia presentato i risvolti economici. Nessuno
si chiede cosa produrranno quei 14 ettari? Ma soprattutto, nessuno
si chiede quanti posti di lavoro possano produrre e quale sia
valore aggiunto che, in tasse e in altri vantaggi, ricadrebbe
sull'intera società locale e provinciale? Infine una cosa anche a
lei, signor relatore. Non so se in 13,7 ettari ci starebbero i 28
campi da calcio che dice. Certo però non ci starebbe neanche un
quarto di un campo da golf.»
Mossi da queste parole, altri chiedono di esprimere la propria
soggettività.
Un signore afferma che se il terreno appartiene al parco della
donazione di Villa Margon ha senso parlarne, se appartiene alla
famiglia Lunelli stiamo parlando del sesso degli angeli (traduzione
personale di un'altra espressione più esplicita).
Un agricoltore dietro di me protesta che nel Trentino il bosco sia
superiore al 50%, che venga continuamente portata via superficie
agricola. L'assessore provinciale, precisa, aveva dichiarato che
ogni centimetro rubato all'agricoltura deve essere restituito
all'agricoltura. «E voi volete lasciare a bosco l'area in
questione?»
Un altro signore lamenta che l'agricoltura, per un motivo o per
l'altro, viene sempre messa da parte. Ma la sua battuta migliore la
dice a me in un orecchio. «E' gente troppo giovane. Non hanno
sofferto la fame come abbiamo fatto noi. Stanno troppo bene…».
Lo guardo meravigliato di tanta saggezza, perché «i è massa
tesi» risponde perfettamente alla mia osservazione su un
dibattito fatto senza valutare e discutere sulle implicazioni
economiche e sociali.
Un altro ancora, sempre sottovoce ma quanto basta per registrarlo
con mio recorder, dice una parola sola: «Invidia».
Il dibattito del pubblico finisce e il presidente dà nuovamente la
parola ai consiglieri. Di fronte a quanto sentito, due della
maggioranza e due delle opposizioni si dichiarano favorevoli al
progetto della famiglia Lunelli. Uno di questi due esclama
addirittura «Con i no non si va da nessuna parte!»
Ma inutilmente. Sottoposto alla votazione, infatti, il progetto non
passa. In sette votano contro l'iniziativa e in quattro si
astengono (cioè non l'approvano). Tutto come da copione e senza che
nessuno dei contrari abbia spiegato la ragione del «no».
Insomma l'esposto del WWF, che sembrava del tutto fuori luogo, era
invece solo un modo per legittimare una decisione che evidentemente
qualcuno aveva già presa. E per ragioni imperscrutabili, se non per
le motivazioni che i miei concittadini del pubblico avevano esposto
nel dibattito.
A questo punto desidero precisare alcune cose.
Premetto che il sottoscritto non sta dalla parte dei Lunelli, ma
dalla parte di coloro che investono del proprio per generare
ricchezza e senza alterare il territorio. Ma L'Adigetto è
nato proprio per gettare dei salvagenti a chi se li merita e dei
mattoni a coloro che possono andare a fondo, senza guardare in
faccia a chi si trova nell'acqua.
Guardando le cose da vicino, vediamo
che la Cassa di Risparmio aveva rinunciato alla donazione di Villa
margon perché troppo onerosa. La sola rimessa a punto della tenuta
e della villa sarebbe costata 6 miliardi di Lire, ed era
decisamente troppo per la Cassa. I Lunelli l'hanno sistemata,
restaurata e restituita all'antico splendore, spendendo analoga
cifra. Adesso la tengono a disposizione del pubblico per 120 giorni
all'anno con tre guardiani, che diventerebbero 15 se dovesse
restare sempre aperta al pubblico, per via deii pericoli di
incendi, furti edanneggiamenti. Agli animali tengono
particolarmente, tanto vero che ogni inverno fanno portare nel
bosco numerose gerle di mele di terza scelta, perché anche gli
animali trentini non si accontentano più del fieno… Parte della
villa è tenuta a disposizione del discendente del Barone che ha
fatto la donazione, il quale avrà sempre il diritto di trasmettere
a sua volta l'abitazione ai suoi discendenti.
Su tutto questo si può discutere, tenendo sempre presente che però
tutto ha il suo limite e che finora i Lunelli non hanno mai chiesto
contributi per la villa.
Ma una cosa deve essere tenuta sempre presente. Tutto questo nulla
c'entra con la richiesta di trasformazione d'uso della boscaglia di
zona Terlaga. E' dei Lunelli. Dovessero, o volessero, restituire
Villa Margon, Terlaga è e resta loro, punto e basta.
Che a qualcuno dia fastidio che i Lunelli aumentino la loro
ricchezza, è evidente a tutti e non troviamo altre risposte diverse
da quelle bisbigliate dalla gente di buonsenso presente con me al
dibattito della Circoscrizione.
Il tutto suona stonato all'indomani delle dichiarazioni fatte dal
sindaco Pacher e dall'assessore provinciale all'Agricoltura
all'inaugurazione della «artistica» 41ª mostra dei vini
trentini. Si sono lamentati che il bosco trentino occupa ben il 53%
del territorio, ma si sono felicitati che «per fortuna» il terreno
destinato alla viticoltura sta aumentando.
Non so dove abbiano fatto i conti e con chi, ma avranno sicuramente
ragione. Certo è che nessuno dei suoi sembra volere nuovi vigneti a
Terlaga, mentre a Mattarello stanno destinando a caserme 27 ettari
di fertilissimo terreno (pari a 50 campi da calcio, e ad un campo
da golf di 9 buche…).
Guido de Mozzi