Una giornata passata con gli angeli custodi in grigioverde

In volo col 4° Reggimento Altair dell’Aviazione Esercito, il raggruppamento di elicotteri di stanza a Bolzano

L’idea di conoscere da vicino il reggimento elicotteri di stanza a Bolzano ci è venuta quando abbiamo seguito il recupero di un parapendista che si era fatto male dalle parti del Col Rodella (Canazei). Uno sportivo era caduto malamente in un posto non facilmente raggiungibile dal Soccorso alpino ed era sopraggiunta la notte prima che gli elicotteri del 118 potessero intervenire.
L’infortunato era impossibilitato a muoversi e aveva una frattura esposta. In altre parole, non poteva passare la notte lassù.
Tuttavia, una legge fa divieto agli elicotteri civili di atterrare di notte in posti diversi dalle piazzole appositamente attrezzate e, come accade in questi casi, il 118 ha dovuto chiedere l’intervento degli elicotteri militari.
La prassi vuole che la richiesta e il conseguente intervento passi dal Prefetto, che nel caso di Trento si chiama Commissario del Governo, il quale poi attiva l’operazione triangolando il Ministero dell’Interno e quello della Difesa.
Gli aspetti amministrativi non interessano questo articolo, ma citiamo il fatto per segnalare che l’iter - per quanto complicato - è stato comunque brevissimo e non ci è voluto molto affinché si levasse in volo un elicottero da Bolzano.
Il comandante della base di Bolzano, colonnello Arrigo Arrighi (foto di lato), stava tornando in auto a Bolzano da Torino, quando gli venne chiesto di organizzare la missione. Arrighi fece levare in volo un 204, con a bordo cinque persone.
 
«Inevitabile, – ci ha spiegato poi. – I piloti devono essere in due, più il meccanico. Quanto ai sanitari, non conoscendo lo stato del ferito, ho deciso di inviare un medico e un infermiere. Tanto, a bordo ci stanno 12 persone.»
L’operazione venne portata a termine senza problemi. I militari sono addestrati per volare ovunque, in qualsiasi momento e in qualsiasi condizione.
Ultimo particolare, anche i piloti civili del 118 trentino sono capaci di volare di notte e in qualsiasi condizione. Ma sulle macchine del 118 non siamo mai saliti.
Insomma, abbiamo fatto domanda al Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore Esercito ci ha concesso in breve il permesso di fare il nostro servizio.
 
Ma chi è il 4° Reggimento Aviazione Esercito «Altair»?
Lo leggiamo in dettaglio nella scheda che segue, ma è bene dire in due parole che non appartengono all’Aeronautica Militare ma all’Esercito Italiano. Cosa cambia? Che l’Esercito così è autonomo, sulla scorta di tanti problemi che la separazione delle tre Armi ha generato nei conflitti che in passato hanno coinvolto l’Italia.
L’Esercito Italiano ha dunque aerei e elicotteri. Questi ultimi sono dislocati nel Paese in modo che l’autonomia delle macchine (andata e ritorno) sia tale da rendere coperto tutto il territorio nazionale.
Il Raggruppamento Altair di stanza a Bolzano si divide in due unità operative, il Gruppo squadroni Cefeo con sede a Bolzano e il Gruppo squadroni Toro con sede a Torino.
Il nome dei reparti sono quelli di altrettante costellazioni o stelle.
 
L’Altair è il nome di una stella bianca di sequenza principale avente magnitudine 0,77, che si trova a una distanza di circa 17 anni luce nella costellazione dell'Aquila. È la stella più luminosa della costellazione nonché la dodicesima stella più brillante del cielo notturno; è inoltre una delle più vicine alla Terra.
È anche uno dei vertici del Triangolo Estivo, essendo gli altri due Vega e Deneb. La sua vicinanza all'equatore celeste la rende osservabile da tutte le regioni popolate della Terra.
Altair è degna di nota per la sua rotazione su sé stessa, molto rapida: misurando la larghezza delle sue linee spettrali, si è appurato che compie una rotazione completa su sé stessa in appena 8 ore e mezza.
Per confronto, il Sole impiega circa 25 giorni per ruotare su sé stesso. Tale velocità di rotazione schiaccia la stella ai poli, rendendola uno sferoide oblato. Altair è anche una variabile Delta Scuti.
 
Cèfeo (o Cefèo) è una costellazione settentrionale raffigurante il leggendario re dell'Etiopia, marito di Cassiopea e padre di Andromeda.
È una delle 88 costellazioni moderne, ed era anche una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo.
Cefeo contiene un gran numero di stelle variabili brillanti, di cui alcune sono pure fra le più conosciute e studiate del cielo; in particolare, tre di esse sono dei prototipi di altrettante classi di variabili.
 
Il reparto di stanza a Torino, guarda caso, porta il nome della omonima costellazione. È grande e prominente nel cielo invernale boreale, tra l'Ariete ad ovest e i Gemelli ad est. Verso nord si trovano il Perseo e l'Auriga, a sudovest Orione e a sudest Eridano e la Balena.
Il Toro è una costellazione di dimensioni medio-grandi situata nell'emisfero celeste boreale, facile da individuare e ben nota. La sua caratteristica più conosciuta in assoluto è la presenza del brillante ammasso delle Pleiadi, il più luminoso ammasso di stelle dell'intera volta celeste.
Ecco, adesso sappiamo perché il 4° Reggimento porta legittimamente questi nomi, ridondanti nella volta celeste ma esplicativi nella nostra geografia aeronautica militare.
 
  
Da sinistra: Altair, Toro, Cefeo. 

 Scheda 4° Reggimento Aviazione Esercito «Altair»
Il reggimento è stato costituito il 20 gennaio 1976, dopo un iter storico iniziato nel lontano settembre 1958, come II Reparto elicotteri.
Reggimento elicotteri a lungo inquadrato nelle truppe alpine e impiegato su tutto l'arco alpino, ha sviluppato particolari capacità di volo in ambiente montano.
Alimentato con personale volontario, il reggimento è basato sull'aeroporto Sabelli di Bolzano (BZ).
Lo Stendardo del Reggimento è decorato di cinque Medaglie d'Argento al Valor Civile, una Croce d'Argento al Merito dell'Esercito ed una Croce di Bronzo al Merito della Croce Rossa Italiana.
La festa del reggimento si celebra, come per tutta l'AVES, il 10 maggio, anniversario della costituzione della prima unità della Specialità (1953).
 
Attualmente è configurato sue due gruppi di volo.
- 54° Gruppo squadroni Aves «Cefeo» sulla base di Bolzano;
- 34° Gruppo Squadroni Aves «Toro», sulla base di Venaria Reale (Torino).
 
Dotazioni
Distribuiti tra le due basi, ha una dotazione di una ventina di elicotteri, B2005 A e 2004 UH 205°.
La forza conta su oltre 200 militari.
Dal 2011 è comandato dal colonnello Arrigo Arrighi. 
 
Stendardo decorato con 5 medaglie d’argento al Valor Civile e 1 croce d’argento al merito dell’Esercito:
- Disastro Vajont nel maggio 1964;
- Alluvioni nel TN AA e Bellunese nel novembre 1966;
- Missioni di soccorso alpino in val D’Aosta nel 1971-1974;
- Sisma del Friuli nel maggio 1976;
- Missioni di soccorso in montagna nel 1976-79;
- Operazione di pace in Mozambico nel 1995.
 
Caduti in servizio: 29 tra ufficiali e sottufficiali.
Ore di volo effettuate nell’ultimo anno: 700 sulla base di Bolzano e 350 sulla base di Venaria Reale.
Ore di volo effettuate nell’ultimo anno in missione al’estero: 1.000 (Operazione ISAF – Afghanistan).
 
Principali attività a favore della comunità:
- Addestramento ed esercitazioni con il CNSAS
- Campagna di rilevamento dei confini di Stato in Alta montana;
- Trasporto di personale per la bonifica in quota di vecchi depositi di munizioni e ordigni bellici;
- Addestramento ed esercitazioni con le unità cinofile della Croce Rossa Italiana;
- Addestramento ed esercitazioni congiunte per le emergenze aeroportuali;
- Addestramento ed esercitazioni con unità del Corpo permanente del VVFF di Bolzano nella lotta agli incendi boschivi.
 
Impiego del personale del Reggimento all’estero:
- Libano, dal 1979;
- Namibia,d al 1089 al 1990;
- Kurdistan, nel 1991;
- Somalia e Mozambico, dal 1992 al 1994;
- Bosnia Erzegovina, dal 1998;
- Kosovo, dal 1999;
- Afghanistan, dal 2012 e tuttora in atto.

L’occasione si è presentata due mesi fa, quando gli elicotteristi dell’Esercito e quelli dell’Aeronautica Militare si dovevano trovare all’aeroporto di Trento per svolgere, insieme con i colleghi del 118, un corso di aggiornamento per istruttori del Soccorso Alpino e Aereo.
Cioè, per chi non l’avesse capito, in quell’occasione avrebbero addestrato istruttori. In particolare nell’uso del verricello e nel soccorso notturno.
Alle 10 di mattina eravamo all’aeroporto Caproni, dove abbiamo assistito all’atterraggio di alcuni 204 del Reggimento di Bolzano e un elicottero enorme dell’Aeronautica, un HH-3F Pelican.
 

 
Abbiamo potuto assistere al brief, dove venivano stabiliti i piani di volo e le modalità dell’addestramento. Voli sulle e tra le montagne, con esercitazione di atterraggio in piazzole attrezzate e in altre zone libere.
Particolare attenzione sarebbe stata dedicata dunque ai voli notturni, che con le effemeridi di allora sarebbero cominciati alle 18.
Le piazzole di atterraggio adottate per l’esercitazione si trovavano nella Valle dei Laghi, gli atterraggi liberi vennero stabiliti a metà costa del Bondone.
Secondo la prassi stabilita, gli elicotteri sarebbero stati a una buona distanza l’uno dall’altro e sarebbero entrati in funzione solo uno per volta.
Noi siamo saliti a bordo del 205 del colonnello Arrighi, il quale ci ha presentato i suoi elicotteri, gli UH 205A, dove H sta per Helicopter e U per utility.
Merita conoscerli, perché sono quelli che tutti abbiamo visto operare nel Vietnam. Li abbiamo visti volare come se fossero più docili di un cavallo, ma in realtà era solo la mano felice del pilota a farli obbedire, perché erano (e sono) privi di dispositivi elettronici che correggono da soli le sollecitazioni del vento.

 Scheda UH 205A
Il progetto risale agli anni ’50, quando la Bell Helicopters di Fort Worth (Texas) vinse una gara per la realizzazione dell’elicottero adatto alle nuove necessità dell’Esercito degli gli Stati Uniti.
Venne realizzato il prototipo, denominato XH-40, che volò per la prima volta nello stabilimento Bell il 22 ottobre del 1956, spinto da un motore turboalbero Lycoming T53-L-1A da 860 shp. All'XH40, seguirono altri 6 prototipi di preserie, siglati YH-40 e consegnati dall'agosto del 1958.
I test di volo furono assai soddisfacenti e indussero l'US Army a farlo produrre su larga scala.
Ridenominato dall'esercito statunitense prima HU-1 e poi UH-1, divenne il nuovo elicottero multiruolo dell'Aviazione dell'Esercito USA.
Questo modello andava a soppiantare i tipi H-34 e H-21 a pistoni, mezzi affidabili ma lenti, pesanti e onerosi sotto il profilo della manutenzione. La vera novità dell'UH-1 era l'adozione del motore a turboalbero, che, oltre ad essere considerevolmente più leggero di un motore a pistoni, garantiva un maggiore rendimento.
Ma in generale si può dire che nell’insieme era assai moderno rispetto alle macchine contemporanee e la Bell lo denominò commercialmente model B-204.
 
Non ci volle molto per rendersi conto che il 204 era destinato a entrare nella storia dell'aviazione.
Nel giro di pochi anni non solo rivoluzionò il settore dell'ala rotante, ma anche le tattiche e le procedure d'impiego dell'elicottero stesso.
Il nuovo elicottero era indubbiamente un mezzo affidabile e dalle grandi capacità, ma non esente da difetti. Uno dei pochi talloni d'Achille (che però condivideva con gli elicotteri in genere) era la vulnerabilità al fuoco di terra: un semplice colpo di Kalashnikov era in grado infatti di perforare la sottile fusoliera metallica.
Le uniche protezioni presenti, destinate all'equipaggio, erano costituite da seggiolini corazzati e, in certi casi, da corpetti antiproiettile che i piloti indossavano per proteggersi. Non era infatti possibile blindare l'elicottero, in quanto una simile soluzione ne diminuiva drasticamente il carico utile, la velocità, l'autonomia e la maneggevolezza.
Inoltre, il torrido clima caldo umido dell'Asia Sudorientale metteva sotto sforzo il motore a turboalbero, impedendo così di sfruttare completamente il carico utile dell'elicottero.
A causa del suo intensivo impiego durante tutta la durata della Guerra del Vietnam e della migliaia di missioni effettuate grazie all'ausilio di questi apparecchi, poco meno di 2.000 esemplari delle Versioni B 204 e B 205 andarono persi.
Oltre ad essere stato utilizzato durante la Guerra del Vietnam dalle forze armate statunitensi e da quelle sud-vietnamite, l'UH-1 è stato esportato e prodotto su licenza in vari paesi.
In molti di essi, compresa l'Italia che lo costruisce negli stabilimenti all’Agusta, le versioni più aggiornate del modello 205 si trovano tuttora in servizio attivo.
Sono quelli in forza al 4° Reggimento Altair, i cui piloti vanno fieri del mezzo, conosciuto come l’elicottero della Guerra del Vietnam.
Indubbiamente gli Agusta Westland AW 139 in dotazione del Nucleo Elicotteri della Provincia autonoma di Trento sono di nuova generazione, in quanto dispongono di due motori e di attrezzatura elettronica che li rende affidabilissimi.
Per contro, sono più delicati, hanno minore autonomia e necessitano di un altro tipo di manutenzione. Insomma vanno bene per servizio civile.
 
Tipo elicottero leggero utility
Equipaggio 2
Costruttore Bell
Data entrata in servizio 1956
Lunghezza 12,98 m
Altezza 3,84 m
Diametro rotore 13,41 m
Superficie rotore 141,26 m²
Peso a vuoto 2 300 kg
Peso max al decollo 4 309 kg
Propulsione
Motore 1 turbina Avco Lycoming T53-L-5
Potenza 716 kW (960 shp)
Prestazioni
Velocità max 204 km/h (110 kt)
Autonomia 383 km
Tangenza 3 505 m (11 500 ft)
Armamento
Mitragliatrici 4 da 7,62 mm
Lanciatori 24 razzi

L’elicottero del Colonnello Arrighi è in grado di trasportare 12 persone, quattro delle quali nei posti denominati «canili», perché è li che alloggiano i cani quando vengono trasportati. In realtà sarebbero i posti dei mitraglieri, che però vengono impiegati raramente anche in Teatro Operativo, in quanto la difesa aerea viene affidata ad altri aeromobili.
Noi e una giornalista di Brescia siamo saliti sull’elicottero del colonnello. La collega si è sistemata nel “canile”, noi nel primo sedile vicino al suo, dalla stessa parte in modo che potessimo fare entrambi le fotografie. Il portellone è stato chiuso, le vetrate tolte apposta per noi. Volano spesso a portelloni aperti, ma il freddo costringerebbe a indossare tute termiche.
Il levarsi in volo è stato come percorrere un corridoio a bordo di un aereo. La prassi infatti vuole che gli elicotteri seguano un preciso percorso prima di alzarsi.
Ci siamo alzati dolcemente, senza sollecitare né le macchine né i passeggeri. Noi abbiamo fotografato un po’ tutto, la città, il fondovalle, le montagne, la valle dei Laghi. Ascoltavamo i dialoghi dei piloti grazie alla cuffia che ci era stata data.
 

 
Il volo era a vista. Il nostro elicottero, per così dire di comando, dava disposizioni e a sua volta ascoltava le operazioni che gli altri piloti comunicavano prima di intraprendere l’iniziativa.
Li abbiamo visti atterrare in piazzole predisposte dalla Protezione civile trentina, ma anche in piazzole non riconosciute come tali. Anche per gli elicotteri esistono dei divieti, a meno che le circostanze non impongano comportamenti diversi. In un caso, ad esempio, non si può atterrare perché la piazzola “occasionale” era in prossimità di un serbatoio idrico. È impensabile che un velivolo perda olio nel corso della sua breve attività al suolo, ma la sicurezza non è mai abbastanza.
Abbiamo assistito anche ad alcuni atterraggi in zone particolarmente difficili. Se uno sciatore si fa male in un posto irraggiungibile dai soccorsi, o semplicemente è urgente trasportarlo al’ospedale, deve intervenire l’elicottero. Ogni volta va individuato il luogo più vicino all’infortunato, dopodiché si studia il fondo per atterrare magari appoggiando solo una parte dell’elicottero.
Quello che abbiamo fotografato sul Montesel (Bondone) aveva scelto un posto aperto ma difficile, nel senso che non si trovava in piano e la neve toglieva stabilità e alzava un polverone togliendo visibilità.
Eppure è riuscito stare dieci minuti appoggiato sul solo pattino di destra fermo immobile come se fosse piantato in terra. I soccorritori scendevano e risalivano facendo attenzione alle pale dell’elica che, trattandosi di pendenza, da una parte erano molto vicine al suolo. E il salire e scendere dall’elicottero davano sollecitazioni diverse alla stabilità.
Mentre si esercitavano, il nostro elicottero girava in tondo sopra di lui osservandolo e dando eventuali suggerimenti ai piloti.
 

 
La nostra esperienza di volo è finita dunque dopo un’ora di esercitazione.
Non abbiamo potuto assistere anche all’esercitazione notturna, ma non avremmo potuto fare fotografie di una certa rilevanza perché nel volo notturno gli elicotteri hanno apparecchi che possono essere disturbati dai flash, mentre le vibrazioni dell’elicottero non vano d’accordo con le lunghe esposizioni.
Tecnicamente (ci si perdoni il linguaggio familiare), al di là dei visori notturni che amplificano la luce delle stelle, gli elicotteri hanno un dispositivo infrarossi che predispone la visibilità del suolo grazie ai rilevatori infrarossi. Usare un flash porterebbe alla saturazione dei dispositivi.
Noi siamo stati in Afghanistan, dove la luce è vietata in qualsiasi elicottero sia all’interno che al’esterno. Possiamo assicurare che è difficile volare con dei visori notturni, sia perché danno immagini bianco nero (i colori devi immaginarli, come fanno i daltonici), sia perché riducono di molto la capacità di reazione.
Insomma, pilotare al buio come se fosse giorno, è il frutto di lunga esperienza, di sensibilità, di professionalità.
 

 
Qualche tempo dopo siamo andati a visitare la base Altair di Bolzano. È un patrimonio tecnico e professionale che la gente conosce poco, ma che invece va raccontata perché si tratta di professionalità di eccellenza.
La base di Bolzano è compresa in una tenuta piuttosto grande situata a fianco dell’aeroporto civile. Gli elicotteri dei Carabinieri e della Guardia di Finanza stanno dall’altra parte della pista di atterraggio, ma il grosso degli elicotteri sta nascosta tra i grandi alberi latifoglie della parte a ovest dell’aeroporto.
È costituita di palazzine a un piano come in tutte le basi aeree, a parte gli hangar per gli elicotteri sia a rimessa che in manutenzione.
Anche la torre di controllo è al piano terra, perché gli operatori non devono vedere i velivoli che atterrano ma dirigere il traffico in terra e in volo. La sala operativa è dotata di gigantesche cartine topografiche, che all’apparenza possono sembrare superate dalla moderna tecnologia, mentre in realtà la conoscenza diretta del territorio semplifica notevolmente le operazioni ai piloti al lavoro.
 

 
Quando siamo arrivati alla base dell’Altair di Bolzano, c’erano dei piloti che provenivano dalla centrale operativa degli elicotteri dell’esercito (Perugia) per un addestramento al volo di montagna.
Gli elicotteri si addestravano al recupero col verricello e restavano fermi nell’aria come dei colibrì. Senza dispositivi elettronici, ben s’intende. Questo è l’addestramento.
Il 20 percento degli addetti alla base di Bolzano sono piloti. E difficilmente continuerebbero a restare nell’Esercito se non potessero volare più.
Lo stesso comandante della base, mentre eravamo con lui, è stato chiamato.
«Colonnello – ha detto il suo assistente, – tra poco tocca a lei, forse è meglio che si prepari…»
E così ci siamo lasciati. Ma poco prima di partire ci ha raccontato l’avventura più bella della nostra aviazione dell’esercito, il trasferimento degli elicotteri dal Libano all’Italia. A portarli lì furono i C130, per tornare a casa, non so perché, hanno dovuto tornarci in volo. Tenendo conto che hanno un’autonomia di volo di due ore, si può immaginare i problemi che hanno dovuto superare…
Ma di questo ne parleremo nella seconda parte del nostro servizio, perché è una storia che vive da sola.
 
Guido de Mozzi
[email protected]
 
Le foto che seguono raccontano un po' la nostra avventura di volo.