Tracce di dinosauri/ 3. – Schede di approfondimento

La galleria del Monte Buso. - Possibilità di vista. - La scoperta delle orme. - Gli autori delle orme. - Relazione con le altre orme in Trentino

Il Museo Tridentino di Scienze Naturali ha inviato, in allegato alla notizia scientifica della scoperta che ha sconvolto la conoscenza attuale della geografia giurassica, una scheda di approfondimento che riteniamo sia molto utile per gli appassionati.

La galleria del Monte Buso
Individuata due anni fa e oggetto di lavori di pulizia e messa in sicurezza da parte del gruppo grotte SAT E. Roner di Rovereto, si apre a circa 2000 di quota nel cuore del massiccio del Pasubio.
Lunga quasi trecento metri, attraversa la dorsale rocciosa del Monte Buso collegando la prima linea austriaca con le retrovie. I lavori di scavo della galleria si sono protratti per parecchi mesi, verosimilmente verso la fine del conflitto tra il 1917 e il 1918.
Nella galleria erano ancora in posto le traversine dei carrelli usati per movimentare il materiale di scavo e attrezzi abbandonati dagli austriaci.
Possibilità di vista
La galleria, sebbene ripulita e parzialmente messa in sicurezza, mantiene pericolo di crolli e il suo accesso non è consigliato ad alpinisti poco esperti.
Per questo, nell'ambito del 116 congresso SAT che si terrà a Rovereto dal 25 settembre al 3 ottobre, la locale sezione della Società Alpinisti Trentini ha organizzato per il giorno 26 settembre una visita guidata che permetta di vedere le strutture militari recentemente ripristinate (compresa la galleria).
La scoperta delle orme
E' avvenuta il 21 giugno 2010, durante un sopralluogo condotto dai tecnici del Museo Tridentino Scienze Naturali, della Sede centrale della SAT e della sede SAT di Rovereto, finalizzati proprio a valutare il grado di accessibilità per il pubblico della galleria.
Gli autori delle orme
I Dilofosauri furono i principali predatori del Giurassico inferiore (200-190 milioni di anni fa).
Il primo scheletro (quasi completo) di questo dinosauro fu trovato nel 1942, in Arizona (Kayenta Formation).
I dilofosauri erano lunghi sei - sette metri e alti 2,5 m. Pesavano fino a 500 kg.
La testa era molto grande rispetto al corpo e il collo, lungo e flessibile, era dotato di una poderosa muscolatura.
Era molto agile e si spostava correndo sulle zampe posteriori, con piedi simili a quelli di un uccello attuale. La coda era corta e alta per meglio bilanciare il peso durante il moto. Tutti gli appartenenti al suo gruppo possedevano una strana cresta ossea sul capo.
La sua funzione è ancora dibattuta ma si ritiene che fosse una specie di segnale di riconoscimento.
Possedevano zampe anteriori corte e robuste poste molto in alto rispetto al corpo, e ciascuna mano contava quattro dita, tre delle quali erano dotate di artigli affilati.
A differenza della maggior parte dei dinosauri carnivori avevano mascelle sottili e deboli, non adatte alla caccia di grosse prede. È quindi probabile che questi animali si nutrissero di carogne.
I denti sembrerebbero sostenere questa teoria. Infatti quelli anteriori erano lunghi e a forma di rastrello, utili per asportare pezzi di carne dalle carogne. Quelli posteriori erano più corti e servivano per la masticazione.
Secondo alcune teorie, potrebbero persino essere stati pescivori. Questa cosa sembrerebbe confermata dal ritrovamento delle sue orme in ambienti sempre prossimi al mare.
Probabilmente riuscivano anche a nuotare, usando la coda come un remo e aiutandosi con le zampe posteriori per muoversi in avanti.
Le impronte lasciate dagli artigli ci suggeriscono che il dilofosauro, nonostante il grosso corpo, si muovesse con molta agilità e leggerezza anche in terreni fangosi e infidi.
Relazione con le altre orme di dinosauro del Trentino
Le orme del Monte Buso sono le più giovani tra quelle rinvenute nel Giurassico della Piattaforma di Trento (Lavini di Marco, Chizzola, Becco di Filadonna, Finonchio).
Sono probabilmente coeve solo con quelle della Valle del Sarca (coste di Monte Anglone) e rappresentano traccia del passaggio degli ultimi dinosauri che potevano vivere nelle nostre regioni immediatamente prima della rottura definitiva del Pangea e dello sprofondamento di questi territori.