Si intitola «Milleunanotte»: è un documentario «Social Film»
Sarà proiettato il 28 febbraio al Cuminetti di Trento il documentario di Marco Santarelli sul penitenziario «Dozza»
Proseguirà giovedì 28 febbraio con «Milleunanotte», un documentario firmato da Marco Santarelli, la rassegna «SOCIAL FILM», promossa dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento e ospitata al Teatro «Cuminetti» di Via Santa Croce.
Il titolo potrebbe forse ingannare, ma la storia raccontata da questo documentario realizzato dal regista romano è tutt'altro che una fiaba. Siamo, infatti, a Bologna nel penitenziario «Dozza» dove, nella sezione giudiziaria del carcere, la vita scorre tra speranza e rassegnazione.
Una vita appesa a un tempo che non passa mai e a una «domandina» da scrivere.
Nel linguaggio carcerario, «domandina» è il termine tecnico che indica la richiesta che il detenuto deve compilare per ottenere un'autorizzazione: per incontrare il proprio avvocato, fare una telefonata, fare richiesta per lavorare, avere un colloquio con un familiare, chiedere di vedere il proprio educatore o uno dei tanti volontari che quotidianamente operano nel penitenziario.
E’ seguendo il percorso delle «domandine» che «Milleunanotte» entra nelle storie personali dei detenuti e nei labirinti burocratici che regolano la vita in carcere.
Il documentario non esplora soltanto quello che succede «dentro», ma segue anche il percorso di chi torna, anche se solo per qualche giorno, nel mondo, al di fuori dalle mura carcerarie.
Nella sezione femminile, dopo quattro anni di reclusione per droga, una detenuta ha ottenuto dal giudice di sorveglianza un permesso di cinque giorni per tornare a casa.
Comincia così il viaggio di Agnes, un viaggio di andata e ritorno, per ritrovare luoghi e affetti e tentare di riprendere il filo di una vita normale.
Agnes è stata «dentro» per quattro anni, per droga.
Oggi ha finalmente scontato la sua pena ed è tornata una donna libera.
E con fatica tenta di riallacciare il rapporto con la realtà. Miriam, giovane madre italiana, è dentro anche lei per droga e ha fatto una scelta d’amore: ha preferito tornare in carcere piuttosto che disintossicarsi in una comunità terapeutica, e lo ha fatto perché lì non le permettevano di vedere Vivian, la sua compagna.
Una scelta che ha pagato a duro prezzo.
Ora Miriam divide la cella con Vivian, e sogna un futuro «normale», con un lavoro e una casa.
Missoui, un rapper tunisino, ha scritto una canzone, «I’m sorry baby», dedicata alla figlia di 9 anni che non ha mai visto e che sogna un giorno di incontrare.
Divide la cella con un napoletano e ha imparato a scrivere in italiano grazie alla musica.
Armand, è invece un giovane albanese finito dentro con la sua fidanzata italiana.
Sono in attesa di sposarsi in carcere. Si incontrano due volte al mese nella sala colloqui.
Gli avvocati sono al lavoro, ma non è facile.
E infine c’è Ibrahim che rifiuta le medicine perché è stanco, non ce la fa più, non ha un avvocato, non ha soldi e nessuno va a trovarlo. E vuole solo lasciarsi morire.
Ibrahim ha iniziato lo sciopero della fame ed è sotto osservazione in infermeria per essersi procurato delle ferite.
Il film è stato realizzato nel 2012 e mostra, nell’ordinarietà della vita dei detenuti, una realtà complessa, faticosa e pesante.
Giovedì 28 febbraio, così come in occasione di tutte le proiezioni della rassegna «SOCIAL FILM», il pubblico potrà accedere gratuitamente alla sala del Teatro Cuminetti.
Si inizia alle ore 21,30.