A 25 anni dall'«Operazione Locusta» nel Golfo Persico
Allo scoppio della Guerra del Golfo i nostri Tornado partirono per gli Emirati Arabi Uniti,l primo intervendo dell'Aeronautica dalla Seconda guerra mondiale
Il 2 agosto 1990 le Forze Armate irachene invasero il Kuwait che viene annesso all’Iraq come diciannovesima Provincia.
La mossa a sorpresa di Baghdad innescò una gravissima crisi mondiale a seguito della quale la comunità internazionale, visti vani i tentativi di far recedere il Governo iracheno dalla posizione presa, con una risoluzione ONU approntò un’imponente macchina bellica per attuare un embargo all’Iraq.
Per questo fine, il 14 settembre l’Italia inviava nel Golfo Persico una componente aerea di cacciabombardieri Tornado del 6°, 36° e 50° Stormo con trentaquattro equipaggi, tutti con ottimi profili professionali e tutti combat ready, cioè pronti al combattimento.
L’Operazione, chiamata «Locusta», prese il via da Gioia del Colle il 25 settembre 1990 e i Tornado decollarono diretti alla base aerea di Al Dhafra negli Emirati Arabi Uniti.
Nello stesso giorno venne costituito il Reparto di Volo Autonomo dell’Aeronautica Militare nel Golfo Persico.
Tre giorni più tardi il Reparto iniziava le missioni addestrative e da ottobre le missioni di difesa aerea e di copertura alle forze navali operanti nel Golfo.
Il 28 novembre, a seguito degli scarsi risultati dell’embargo, il Consiglio di Sicurezza deliberava l’impiego della forza in caso di mancato ritiro delle forze irachene dal Kuwait entro il 15 gennaio 1991.
In quella data, a mezzanotte, iniziano le operazioni di guerra ma i Tornado italiani entrano in azione con due giorni di ritardo per la mancata autorizzazione del Governo a partecipare alle operazioni belliche della coalizione.
La notte del 17 gennaio, durante la prima missione di guerra compiuta dall’Aeronautica Italiana, quarantasei anni dopo la fine della II Guerra Mondiale, un Tornado viene abbattuto dalla contraerea irachena.
La base di Al Dhafra, un aeroporto militare negli Emirati Arabi Uniti, era stata scelta a seguito di un sopralluogo effettuato da un’apposita commissione dell’Aeronautica Militare, incaricata di valutare la sede più rispondente in relazione alle esigenze tecnico-operative dell’unità.
Il trasferimento era avvenuto con un volo di 2.500 miglia senza scalo, durante il quale erano stati effettuati due rifornimenti in volo da aerocisterne VC-10K della Royal Air Force (RAF).
Il compito della prima ora era quello di assicurare il concorso e la protezione diretta e indiretta al 20° Gruppo Navale della Marina Militare, presenti nelle acque del Golfo già dal mese di agosto.
L’organico del Reparto, inizialmente costituito da 239 uomini, tra i quali dodici Carabinieri dell’Aeronautica Militare per esigenze di vigilanza e polizia militare, viene successivamente portato a 314 elementi.
Nella notte tra il 17 e il 18 gennaio 1991, gli otto cacciabombardieri Tornado si levano in volo dalla base «Locusta» nella Penisola Arabica, sede del Reparto di Volo Autonomo, per compiere la prima missione disposta dal Comando aereo interalleato dell’Operazione «Desert Storm».
All’appuntamento per il rifornimento in volo, le condizioni meteorologiche proibitive impediscono al grosso della formazione italiana e ad altri velivoli alleati di portare a compimento la missione e impongono il loro rientro alla base.
L’unico Tornado che riesce nell’impresa prosegue da solo la missione ma, in fase di disimpegno, viene colpito dall’intenso fuoco della contraerea nemica.
L’equipaggio, costituito dal Maggiore Pilota Gianmarco Bellini e dal Capitano Navigatore Maurizio Cocciolone, viene catturato dai soldati dell’Esercito Iracheno.
È l’unica perdita registrata dall’Aeronautica Militare nei 42 giorni di guerra.
Una perdita che assume significato emblematico di una partecipazione che, sebbene quantitativamente limitata a fronte della dimensione della macchina bellica allestita dai Paesi alleati, qualitativamente è risultata di estrema efficacia per la professionalità e la determinazione del personale italiano chiamato ad esprimere con le armi l’adesione del Paese alla risoluzione delle Nazioni Unite a difesa del diritto internazionale violato.
Le missioni successive, delicate e complesse ma puntualmente portate a compimento e coronate da pieno successo grazie all’indiscussa professionalità del personale e alla qualità delle macchine impiegate, testimoniano il reale livello di capacità operativa della Forza Armata. Numerosi altri motivi hanno reso unica e impegnativa la missione nel Golfo Persico: l’operare ad oltre 4.000 km di distanza dall’Italia in ambiente desertico e la necessità di garantire un supporto logistico efficiente e capillare hanno messo alla prova l’intera struttura organizzativa della Forza Armata.
I velivoli Tornado hanno effettuato, nel corso dell’Operazione «Desert Storm», 226 sortite per complessive 589 ore circa di volo.
A tale impegno va aggiunta l’attività svolta dalla cellula di velivoli da ricognizione (per un totale di 384 sortite e 515 ore di volo) operanti in Turchia nel quadro della AMF NATO (ACE Mobile Force NATO).
Tale cellula era stata rischiarata, a fronte di una decisione in ambito NATO, nella Penisola Anatolica a tutela di un possibile attacco iracheno.
Di sicuro rilievo è anche il grande sforzo dei velivoli da trasporto che hanno realizzato 244 missioni per 4156 ore di volo, assicurando il sostegno alle unità nazionali aeree e navali nonché l’evacuazione di connazionali dalle zone a rischio.