«Il Trentino e l’Alto Adige come i galletti di Don Abbondio»
Schelfi risponde all'esponente dei vignaioli altoatesini Peter Dipoli
Per la verità Diego Schelfi non ha
citato il Manzoni, avendo preferito essere puntuale nella sua
risposta alle battute di mezzo agosto del vicepresidente dei
vignaioli dell'Alto Adige Peter Dipoli.
Ma crediamo di aver interpretato così il significato della sua
nota: Il Trentino e l'Alto Adige hanno bisogno di tutto,
fuorché litigare mentre stanno per andare in
padella.
Con ogni probabilità, premette il presidente Diego Schelfi in una
nota diffusa alla stampa, l'estemporanea uscita di Dipoli sarà
archiviata dai vignaioli della Cooperazione trentina come una
provocazione destinata ad alimentare un dibattito più sui mezzi di
informazione che dentro il mondo vitivinicolo locale.
Tuttavia, la Cooperazione ritiene che ci siano alcune affermazioni
che richiedono una puntualizzazione, proprio perché configurano un
danno grave alla reputazione e all'immagine delle cantine sociali
trentine.
«Non ci pare corretto - scrive Diego Schelfi in una nota fatta
avere alla stampa - e non comprendiamo il motivo di un attacco così
scomposto e lapidario al sistema vitivinicolo cooperativo
trentino.
«Una esternazione che non esitiamo a definire decisamente sopra le
righe, offensiva e a tratti gratuitamente diffamatoria nei
confronti dei tanti operatori che compongono la filiera cooperativa
del vino.»
«Disponibili a parlare con tutti, - aggiunge Schelfi - ma ci sembra
che i toni usati siano quelli della provocazione piuttosto che del
confronto civile basato innanzitutto sulla conoscenza del sistema e
del territorio di cui si parla.
«Quello che a nostro avviso non ha capito il signor Dipoli -
commenta il presidente Schelfi - è che questa terra, il Trentino,
ma anche Trentino e Alto Adige, non ha bisogno di guerre
ma semmai di un sentire comune, di collaborazione piuttosto che
contrapposizione, pur nel rispetto dei ruoli e delle diverse
sensibilità. Non possiamo dimenticarci che il mercato su cui
operiamo è mondiale e noi siamo un puntino su questo pianeta.»
La strada per la valorizzazione di questo nostro territorio,
secondo Schelfi, non può essere a senso unico.
«Dentro ci stanno i vini di qualità eccelsa (ma quante sono le
persone che possono spendere solo 14 euro per una pur
eccellente bottiglia di pinot nero?), e i vini di buona qualità da
vendersi a prezzo decisamente inferiore per un numero maggiore di
consumatori, pur senza scendere a compromessi sui sistemi di
coltivazione della vite e la vinificazione.»
Non va dimenticato che il Trentino ha una superficie vitata doppia
rispetto all'Alto Adige e tuttavia per certi mercati è ancora
poco.
Alcune grandi cantine hanno scelto anche di commercializzare vini
fuori dal Trentino per poter affrontare meglio i mercati
internazionali e dare un ulteriore valore aggiunto ai propri soci.
Inoltre, anche dentro il sistema cooperativo ci sono vini dai
grandi numeri ed eccellenti produzioni di nicchia, provenienti da
limitate zone altamente vocate, che vincono i premi ai concorsi, ma
da soli non potrebbero mai dare reddito sufficiente ai settemila
soci di cantine sociali.
«Adesso, con la crisi internazionale che non risparmia nessuno, -
prosegue Schelfi nella sua reprimenda - il nostro sistema si
interroga su come uscirne nella maniera migliore. E ancora una
volta sono i soci protagonisti, sono loro che ci rimettono se le
cose non vanno bene, loro che scelgono i propri amministratori e i
propri dirigenti. La storia ci dice che sono sempre stati in grado
di farlo, e lo stanno facendo anche in questo momento.»
«Ecco perché giudichiamo particolarmente offensiva la frase
attribuita al signor Dipoli secondo cui il modello che
vede il presidente scelto ed eletto tra i soci non mi sembra il
migliore assetto possibile. Non so se i soci sono all'altezza di
queste questioni (Corriere del Trentino). Egli intacca la
logica stessa della cooperazione, il nucleo fondante di questa
forma di impresa.»
«I modelli si provano e si cambiano, se si dimostrano inefficienti.
- Ammette Schelfi. - Ma quello seguito dalla cooperazione ha fatto
la storia di questa regione, e ha garantito coesione, solidarietà,
capacità imprenditoriale, visione di futuro.
«Ha garantito redditi adeguati ai coltivatori, evitando lo
spopolamento della montagna e, anzi contribuendo a disegnare il
magnifico paesaggio che è sotto gli occhi di tutti.»
A volte le strategie non sono sempre adeguate, ma questo modello di
governance in mano ai soci ha dentro di sé gli strumenti per
modificarle o, se è necessario, cambiarle.
«È quello che stiamo facendo, ed è assolutamente falso affermare
che le cantine sociali da oltre un anno sono costrette a
ricorrere agli aiuti dell'ente pubblico per evitare il
fallimento (l'Adige).
«Gli aiuti sono quelli previsti dalle leggi vigenti che valgono per
tutti (anzi, le cantine più grandi sono maggiormente penalizzate),
nessun favoritismo o intervento eccezionale, ma semmai una doverosa
attenzione dell'ente pubblico ad un settore strategico come quello
agricolo.»
«Non vogliamo erigerci a primi della classe, diversamente dal
signor Dipoli, - conclude Schelfi. - Ma meritiamo un'analisi del
settore più seria e meno urlata". Il gioco al massacro non porta a
nulla di buono. Anzi, assicuriamo il signor Dipoli che di buono,
nella cooperazione, ce n'è molto di più di quello che pensa.»
Facciamo notare, in conclusione, che il nostro giornale non è stato
citato da Diego Schelfi, per la semplice ragione che non abbiamo
riportato le esternazioni estive di Peter Dipoli.