Oggi si chiude la campagna elettorale, ma non nei «social»
Gli accessi politici in rete sono stati più di 37 milioni, composti da 6,7 milioni di messaggi e da 30,4 milioni di interazioni
Le Delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale hanno spinto i mezzi di comunicazione a muoversi con estrema cautela nel calderone della campagna elettorale.
Ecco uno stralcio nel riquadro.
In tema di diffusione dei messaggi politici e elettorali su quotidiani e periodici, la legge 28/2000, all’art. 7, comma 2, prevede che tale forma di comunicazione politica sia limitata, nel periodo elettorale, alla pubblicazione di: • annunci di dibattiti, tavole rotonde, conferenze e discorsi; • presentazione dei programmi delle liste, dei gruppi di candidati o di singoli candidati; • confronto fra più candidati. Sono vietate altre forme di comunicazione politica. A differenza di quanto accade nel settore radiotelevisivo, per l’editoria è prevista la possibilità di comunicazione politica da parte di singoli candidati. I messaggi politici elettorali di comunicazione politica devono essere riconoscibili come tali e pubblicati in box chiaramente evidenziati e aventi caratteristiche uniformi per ciascuna testata. devono anche recare la dicitura «messaggio elettorale» ed indicare il nome del committente del messaggio. |
In pratica le uniche tribune elettorali che hanno giocato un ruolo importante in questa campagna elettorale sono quelle gestite dalle emittenti televisive nazionali.
Noi, inizialmente interessati a dare spazio a tutti i partiti, ci siamo poi defilati per evitare di perdersi non tanto nelle maglie della legge – che comunque avremmo rispettato – ma per mantenere la propria identità intellettuale e professionale.
Un quotidiano online come il nostro ha preferito non rischiare di perdersi con il mare di social network che dilagano nella rete.
La differenza tra un giornale e un social network come Facebook deve rimanere sempre chiara a tutti: ne va della credibilità di cui una testata non può fare a meno.
Ma vediamo come sono stati utilizzati in campagna elettorale i social che, in quanto bacheche virtuali, non erano vincolati dalla legge.
L’idea di utilizzare media che non costino nulla ha portato a una proliferazione spaventosa di messaggi e contromessaggi, cioè a verità mischiate a fake news.
I dati nelle nostre mani (Blogmeter) dicono che gli accessi politici in rete sono stati più di 37 milioni, composti da 6,7 milioni di messaggi su social network, blog, forum e siti e da 30,4 milioni di interazioni social generate (like, retweet, commenti, condivisioni). Conti alla mano, si tratta di più del doppio dei volumi registrati prima delle elezioni del 2013.
Il medium più utilizzato è stato Facebook: il 59% dei messaggi e il 91% delle interazioni.
A seguire troviamo Twitter col 36% dei messaggi, mentre Instagram è al secondo posto.
Tra i leader di partito, il politico che a febbraio ha ricevuto più citazioni è stato Matteo Salvini con il 32% delle conversazioni, seguito da Luigi di Maio al 22% e Matteo Renzi al 19%.
Silvio Berlusconi, che nel 2013 era il più discusso, oggi si trova al quarto posto con il 17%, mentre Giorgia Meloni è all’8% e Grasso al 2%.
Ma se consideriamo solo gli autori unici (cioè contiamo solo una volta chi scrive anche se pubblica centinaia di messaggi) la classifica in parte cambia: Salvini rimane il leader più citato (30%), ma al secondo posto spunta Renzi (21%), seguito da Berlusconi (20%) e da Di Maio (19%).
Il partito più citato è stato il Movimento 5 Stelle (26%), che ha staccato di poco il PD (25%).
Più distanti invece la Lega (13%), Forza Italia (12,5%), Liberi e Uguali (9%), Fratelli d'Italia (8,5%), +Europa (4,3%).
Anche in questo caso, considerando gli autori unici (713.600) lo scenario cambia: primo è il PD (26,8%), poi M5S (20,9%), e più giù Forza Italia (13,8%), Lega (12,7%), Liberi e Uguali (10,7%), Fratelli d'Italia (7,7%), +Europa (4,9%).
Quest’ultimo dato rivela che anche se coloro che scrivono del Movimento 5 Stelle e della Lega sono molto prolifici online, numericamente sono inferiori a quelli che postano citando il Partito Democratico.
Le citazioni dei partiti hanno generato 14 milioni di interazioni, quelli che stimolano maggiormente like, commenti, condivisioni (vedi grafico allegato) sono stati il Movimento 5 Stelle (39,8% di tutte le interazioni), il PD (15%), la Lega (14,7%), Fratelli d'Italia (10,3%), Forza Italia (8,9%), +Europa (6,4%), LeU (3,3%).
Passando ad analizzare le performance dei politici sui social media (Facebook, Twitter, Instagram e YouTube) emerge che nel mese di Febbraio a suscitare più interazioni è stato il leader della Lega con 4,6 milioni.
Lo seguono il capo politico del M5S con 3,7 milioni e la leader di Fratelli D'Italia con 1,6 milioni.
Renzi si ferma sotto il milione segno che, pur avendo conquistato in questi anni un elevato numero di sostenitori, ora non riesce più a stimolarli adeguatamente.
Tra i temi più trattati troviamo l'immigrazione è stata la materia predominante nei post di Salvini, Meloni e Bonino (che ovviamente si occupa anche di Europa).
Di Maio invece è stato molto sbilanciato sul tema dei costi della politica.
Più variegati i post di Renzi (lavoro e immigrazione in primis), Berlusconi (tasse, lavoro, immigrazione) e Grasso (lavoro, ambiente, immigrazione).
Il messaggio che ha stimolato più interazioni durante questa campagna elettorale è stato quello col quale Luigi Di Maio su Facebook ha attestato la verifica dei suoi bonifici da parte de Le Iene.
Un post da guinness dei primati perché rappresenta il messaggio politico con più reazioni di sempre: circa 300 mila, soprattutto di apprezzamento da parte dei fan. Il post più commentato invece è stata la diretta Facebook del comizio di Matteo Salvini a Milano, oltre 43.000 i commenti e 1,7 milioni di visualizzazioni. In generale scorrendo la lista dei messaggi più engaging emergono senza dubbio quelli indirizzati dai politici alla pancia dell'elettorato: in sostanza più che sui programmi, i leader hanno puntato principalmente sui fatti di cronaca, in particolare su quelli che avevano attinenza con i costi della politica e con l'immigrazione (in quest’ultimo caso specie dopo i fatti di Macerata).
Trattandosi si bachece virtuali, dove chiunque può scrivere quello che vuole, nessuno è in grado di impedire propaganda politica anche domani o domenica, vigilie e giorno del voto.
D'altronde, questi sono i social: fatti per scrivere e non per essere letti