Le «rogge» ovvero del significato di una tecnica tradizionale
La Val Pusteria partecipa così alla Settimana della biodiversità 2013

C’era una volta… un contadino intento a costruire canali per l’irrigazione dei campi più aridi. Dalle nostre parti un racconto del genere lo si può sentire in Val Venosta.
Ma in altre zone non era raro osservare la stessa situazione: in Val Pusteria ad esempio, ma anche in Carinzia e a Salisburgo.
È proprio di questi canali che si occupa il progetto di ricerca transfrontaliero «AlmWaal» che mette in contatto scuola e ricerca.
Il progetto è stato presentato questa mattina alla Scuola professionale per l’agricoltura di Teodone, come contributo alla Settimana della biodiversità.
All’iniziativa era presente Erich Tasser dell’Istituto per l’Ambiente Alpino dell’EURAC che ha accompagnato il lavoro degli studenti dal punto di vista scientifico.
Le rogge sono canali artificiali per l’irrigazione dei terreni agricoli che si trovano sia nel fondovalle che nei pascoli.
13 di questi sistemi di irrigazione sono stati studiati negli scorsi mesi dagli studenti della Scuola professionale per l’agricoltura di Teodone, assieme al loro insegnante di economia forestale e alpicoltura Markus Rederlechner.
Inizialmente sono state prese in esame le rogge disseminate tra Predoi e Fundres, poi l’analisi si è estesa anche alla Val Casies.
Gli studenti hanno intervistato i contadini e malgari più anziani e dalla discussione è subito emerso un fatto curioso, come loro stessi raccontano.
«Visto che lungo il versante della Zillertal le precipitazioni erano sufficienti, ci siamo chiesti cosa abbia portato l’uomo a costruire le rogge. I contadini ci hanno spiegato che i canali servivano soprattutto per la concimazione e che nei campi che – grazie alle rogge - venivano irrigati con acqua dei ghiacciai crescevano meno arbusti e graminacee.»
Erich Tasser (foto in basso) puntualizza così.
«Questo ci è stato confermato anche da alcuni testimoni storici, dei contadini anziani che tuttora utilizzano il sistema delle rogge.»
Il ricercatore dell’EURAC racconta che nelle Alpi le rogge esistevano già a partire dal Medioevo e sono state adoperate fino agli anni Settanta, non solo per scopi irrigui ma anche per la concimazione e il miglioramento dei pascoli, come hanno mostrato gli studi condotti in Svizzera.
«Ora queste osservazioni sono state documentate e spiegate. E si è colto il valore delle rogge anche ai fini delle biodiversità: in questi canali artificiali erano soliti insediarsi animali e piante molto speciali, creature che visibilmente hanno arricchito, e arricchiscono tuttora, la biodiversità del paesaggio agricolo alpino. I canali irrigui, dunque, non miglioravano solo la produttività agricola, ma favorivano anche la biodiversità», afferma Tasser.
Il professor Rederlechner aggiunge così.
«Le rogge erano allo stesso tempo economiche ed ecocompatibili. Viene da chiedersi se questa tecnica tradizionale potrebbe rivelarsi utile ancora oggi.»
Questa è una delle questioni con cui Juliane Gasser Pellegrini, direttrice della scuola di Teodone, incita i giovani agricoltori a cimentarsi durante i tirocini estivi e nell’ultimo anno di scuola.
Al progetto «Almwaale» partecipano anche le scuole professionali per l’agricoltura di Bruck (Salisburgo) e Litzlhof (Carinzia).
L’iniziativa è promossa dal Ministero austriaco per la scienza e la ricerca nella cornice del programma di finanziamento Sparkling Science.