Arrivederci «suoni» con i Mahler Chamber Soloists
L’ultimo appuntamento al rifugio Roda de Vael, in Val di Fassa

Il prestigioso ottetto, emanazione della Mahler Chamber Orchestra fondata nel 1997 con il sostegno di Claudio Abbado, ha chiuso l'edizione 2015 de I Suoni delle Dolomiti. |
I luoghi attorno al rifugio Roda de Vael sono magici in tutti i sensi. Lo sono per la bellezza delle Dolomiti che lo circondano, per il panorama all'orizzonte che tocca Marmolada, Monzoni, Lagorai, Latemar, lo sono perché guardando la Buja de Vael, poco oltre il rifugio, non si può non pensare all'enrosadira - il giardino d rose - di cui parlano le leggende ladine.
E proprio in quella conca della Buja de Vael è andato in scena l'ultimo concerto de I Suoni delle Dolomiti che ha visto i Mahler Chamber Soloists imbracciare i loro strumenti a fiato per regalare a tutti un ultimo magico appuntamento con la musica.
Un viaggio tra alcuni dei compositori più interessanti di inizio secolo trascritti per trombe, tromboni, clarinetto e fagotto suonati da Chiara Tonelli, Matthew Hunt, Peter Whelan, Chiara Santi, Christopher Dicken, Sarah Slater, Andreas Klein e Mark Hampson.
Per tutti un’esperienza molto emozionante, anzitutto per i musicisti che hanno sfoderato sorrisi e stupore quasi infantili al termine del primo brano, «Ottetto» di Stravinski, quando le pareti della Roda De Vael hanno rimandato in una lunga eco le ultime note della composizione.
Un fuoriprogramma a cui non sono abituati i frequentatori delle sale da concerto.
A seguire una selezione di Madrigali di Gesualdo, decisamente meno «sperimentali» di Stravinski ma capaci di sondare le ombre e l'interiorità umana e l'accoppiata fagotto e clarinetto che si è cimentata in una Sonata di Poulenc.
Ampio spazio ha avuto Weill con una selezione di brani tratti da «L'opera da tre soldi».
Il pubblico ha riconosciuto e premiato con applausi le melodie famigliari come quelle della Ballata di Mackie Messer o della Canzone dei cannoni a cui si son aggiunte una Ouverture in apertura e un Tango-Ballata.
Mutando combinazioni e numero di esecutori, l'ottetto si è via via trasformato in duo, quartetto e quintetto per dimostrare a tutti la grande varietà di soluzioni che nel tempo i compositori hanno pensato per questi strumenti, come ad esempio fa Gabrieli nel suo «Quintetto» per quattro ottoni e fagotto.
A chiusura perfetta del concerto e di una stagione di musica in montagna che ha saputo contaminare generi sonori differenti, musica, natura e persone, è infine arrivata la Jazz Suite n.1 di Shostakovic nell'arrangiamento per ottetto di S. Verhaert.