28° WAM Festival Mozart «Wolfgang e la Danza»

Rovereto - Ala - Mori - Riva del Garda - Villa Lagarina – 14 – 25 agosto 2015

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 Il concerto inaugurale 
Con un programma dedicato alla danza e alle sue occasioni di incontro con la musica mozartiana si apre la 28a edizione di WAM Festival Mozart, la rassegna nata per esplorare nuove occasioni musicali anche oltre la musica del genio salisburghese che Rovereto ospitò nel 1769.
Dopo l’esordio dello scorso sabato, a Riva del Garda con il Trio Sacs Voyage, il Festival entra ufficialmente nel vivo venerdì 14 agosto, con uno spettacolo di nuova produzione elaborato per l’occasione da Monica Farnè e Ilaria Sainato, con l’Ensemble Girometta di Venezia e il Gruppo Slapstick di Cremona.
Una forma di spettacolo che per diversi motivi soddisfa non solo l’orecchio, ma anche gli occhi: musica, danza e immagini si fonderanno nella cornice del magnifico teatro Zandonai, alla cui recente riapertura il Festival rende omaggio dedicando proprio la serata inaugurale.
Il sipario si alzerà alle ore 21, e in scena verranno interpretate le melodie di una delle forme di danza più popolari al tempo di Mozart: la contraddanza.
Il titolo del progetto, «L’Isola. Dalla contraddanza al segno contemporaneo: viaggio tra suoni e visioni», prende spunto dall’usanza di alcune donne veneziane di inizio Settecento di ballare questa particolare danza proprio su un’isola della laguna in particolari occasioni.
 
Venerdì 14 agosto 2015 ore 21.00
Teatro R. Zandonai – Rovereto, Corso Bettini 36
 L’isola. Dalla contraddanza al segno contemporaneo: viaggio tra suoni e visioni 
Monica Farnè, coreografie danza contemporanea
Ilaria Sainato, coreografie danza barocca
Francesca Corrias, voce
Roberto Cipelli, pianoforte
Attilio Zanchi, contrabbasso
Musiche di autori vari.
Danzatori: Elena Ajani, Elisa Barbazza, Isabella Cecchini, Elisabetta Farnè, Anna Lazzarini, Anna Mantovani, Martina Rossetti, Ilaria Sainato, Elena Spada
Costumi: Les Andronettes, La Girometta
Luci: Barbara Caliendo, Emanuele Luzzeri
   
 Il progetto
Il progetto prende spunto da un fatto realmente accaduto nel Settecento: si racconta che alcune donne avessero l’usanza di lasciare i palazzi veneziani e trasferirsi su un’isola della laguna per ballare da sole la contraddanza, un sistema coreutico che, a partire dal XVII secolo, si era diffuso dall’Inghilterra prima in tutta Europa e poi nel Nuovo Continente.
Il nome è probabilmente una corruzione di country dance, parola che identificava genericamente coreografie in fila o in cerchio, che approdate in Francia diventarono contredanses e adottarono strutture che si fecero più complesse grazie all'inserimento dei passi principali della cosiddetta belle danse (a noi comunemente nota come danza barocca).
Nasce qui il tema dell’isola, da sempre scena privilegiata di esperienze straordinarie, capace di evocare suggestioni molteplici come spazio, tempo, confine, viaggio, linguaggio, fuga.
Isola con la sua duplicità e ambivalenza di incanto, perdizione, meraviglioso, sofferenza, liberazione, prigionia.
 
Isola come altrove, ma anche come rifugio, come simbolo femminile del ritorno a se stesse necessario al cambiamento, luogo in cui lasciare liberi i pensieri e in cui potersi raccontare; luogo in cui frammentare, destrutturate, ricomporre le strutture coreografiche, lo spazio e le geometrie, il gesto e il corpo, mettendo in risalto le diversità dei linguaggi barocco e contemporaneo, fondendo le similitudini dei segni e dei disegni.
La nostra isola galleggia tra sogno e realtà, tra il desiderio dell’approdo a nuove scoperte e a nuovi spazi, e l’abbandono all’immaginazione, alla visione; è il luogo dove si sceglie di andare per ritagliarsi uno spazio privato; per tracciare, nell’isolamento, nuove mappe del corpo.
L’arrivo sull'isola rivela la presenza di figure enigmatiche che parlano un linguaggio sconosciuto, strettamente connesso allo spazio; le presenze in realtà sono una proiezione di chi agisce, di chi guarda, e nascono dal desiderio e dall’impulso a creare immagini che superino la realtà per giungere al sogno, procedendo per ricordi, intuizioni, mondi manifesti eppure segreti.
Per produrre nuove suggestioni servirà comprendere; perché si giunga al tesoro bisognerà decifrare.
 
E così avviene un incontro: quello tra il linguaggio della danza contemporanea e quello della danza barocca, un incontro che a un primo sguardo potrebbe sembrare insolito, spiazzante, un cluster di linguaggi che suona perlomeno bizzarro, ma che troverà sull’isola lo spazio ideale.
Cornice di questa avventura il mare, una soglia che non resta in penombra ma si fa porta attraverso cui si entra in una dimensione nuova da scoprire, mare che diventerà limite a un mondo ormai estraneo, abitato da chi si era prima, e spazzerà via la nostalgia per ciò che si è lasciato.
La nostra isola ha un suo suono e una sua voce, un linguaggio che continua a risuonare nello spazio circoscritto e limitato: la musica è un’altra lingua con cui misurarsi, e le melodie delle contraddanze che hanno transitato liberamente attraverso generi musicali colti e meno colti (opera, quartetti, sinfonie…) verranno reinterpretate, rilette, con l'idea di creare uno strappo sonoro che dia nuova forma al gesto danzato.
Resta l’unicità dell’isola, dell’esperienza, del viaggio senza ritorno in cui si vive lo spazio privilegiato della ricongiunzione attraverso la fusione dei linguaggi. Il segno che resta rappresenta una proiezione metaforica di questo incontro a più voci, e più che un luogo l’isola diventerà una condizione: intraprendere il viaggio, esserci dentro o fuori, è il modo di viverla.
 
Monica Farnè e Ilaria Sainato