Metti una sera a cena. – Massimo D’Alema e Condoleeza Rice

Così la liberazione di Mastrogiacomo non ha messo in crisi i rapporti tra Italia e USA

Noi avevamo detto fin dall'inizio quali fossero le controindicazioni dell'operazione fatta dal nostro governo per ottenere la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, anche se abbiamo sempre premesso - posizione che confermiamo anche adesso - che la vita del collega andava posta al di sopra di tutto.
La cosa che ha sconcertato di più è stata la differenza con la quale è stato posto il peso di un cittadino europeo rispetto ad un cittadino afgano. L'uccisione dell'autista e la mancata liberazione dell'interprete di Mastrogiacomo ricordano tanto il periodo coloniale europeo, per cui la vita dell'uomo bianco valeva mille volte di più di un cittadino coloniale. Anche la liberazione di 5 prigionieri contro un solo ostaggio suona nello stesso antipatico modo.
Ma, contrariamente a quello che vorrebbe il consolidato senso etico della vita, non sono questi i problemi che hanno colpito l'opinione pubblica mondiale. Tutti i nostri alleati si sono assatanati contro la trattativa stessa e ancora di più contro la liberazione di pericolosi terroristi in cambio del nostro collega. In effetti, un precedente costa di più di qualsiasi altro prezzo, perché i terroristi vengono così incentivati a proseguire nella loro attività criminosa. E - dato che la Merkel si è affrettata a dichiarare che lei non prenderà neppure in considerazione la possibilità di negoziare per la liberazione di due cittadini tedeschi in Iraq - con l'aggravante che solo il nostro Paese si è dimostrato disposto a scendere a patti, il che potrebbe mettere in difficoltà tutti i nostri connazionali all'estero.

In questo scenario abbiamo assistito ad un singolare rapporto dialettico tra l'Italia e gli Stati Uniti. D'Alema, il ministro degli esteri che si era adoperato personalmente affinché le cose andassero così come sono andate, si era recato negli USA poco prima della liberazione dell'ostaggio, ed era stato informato in volo del successo dell'operazione. Giunto a Washington ha preso i suoi contatti e svolto le sue consultazioni, concludendo la visita con una romantica cena con la Segretario di Stato americano Condoleeza Rice. Non abbiamo detto «romantica» per sottolineare il rapporto di reciproca simpatia che esiste tra i due uomini politici, ma proprio perché da quanto ci è stato dato di sapere, i due hanno parlato di tutto fuorché di lavoro. Un classico. O una bugia.
Lasciati gli USA dal nostro ministro, l'Amministrazione Americana si è affrettata ad emettere un comunicato nel quale si condannava l'iniziativa portata a termine dall'Italia per la liberazione di Mastrogiacomo. D'Alema, sbarcato in Italia, si è detto meravigliato di «questa improvvisa e inaspettata e tardiva reazione negativa» dei nostri alleati, confermando che comunque «i rapporti tra Italia e USA sono solidi e impostati un una reciproca fiducia».
Detto dall'ex segretario di Achille Occhetto, suona di per sé quale prezioso indice del cambiamento di rotta del Mondo Occidentale. Ma ci si domanda lo stesso come sia possibile che nella visita del nostro capo della diplomazia non sia mai stato affrontato il problema della liberazione degli ostaggi. La Rice non ha aiutato a chiarire lo scenario perché si è limitata a dichiarare la poco credibile versione del «non eravamo al corrente dei particolari». Uno dei massimi vertici USA, il paese che più è in grado di conoscere le mosse del mondo, sarebbe stato messo al corrente «in ritardo»? Davvero poco credibile.
Allora si pone l'interrogativo sul come sia possibile che le cose siano andate in due modi diversi, cioè una versione ufficiale edulcorata ed una altrettanto ufficiale del tutto contraria. Se le risposte date in tal senso dai due massimi responsabili della diplomazia italo-americana non hanno dato risultati, non ci resta che esprimere la nostra ipotesi più verosimile.

Secondo noi gli USA non hanno voluto assolutamente prendere in antipatia il nostro prezioso Paese che, pur avendo un governo di Centrosinistra, si è dimostrato il più vicino alla posizione americana. Ma dovendo comunque dare un segnale forte a tutti, dai terroristi agli alleati, sulla contrarietà degli USA di fronte a qualsiasi cedimento di fronte al terrorismo, hanno scelto di esprimersi in modo tale da non dover affrontare la problematica per via ufficiale vis-à-vis. Ecco il perché, ad esempio, dell'anonimato del funzionario che ha emesso la nota di protesta. Ecco il perché, ad esempio, della protesta avvenuta in ritardo con un tempismo davvero sorprendente. Ecco il perché, ad esempio, di un commento ufficiale che si è concluso con un «mi raccomando ragazzi, non fatelo più».
Insomma, se condividiamo che sono stati troppi i problemi sollevati dal nostro singolare modo di affrontare le situazioni di crisi nei paesi di guerra, dobbiamo evidenziare che - e anche questo lo avevamo detto fin dall'inizio - senza il benestare implicito o esplicito di tutti i nostri alleati alla liberazione dei terroristi prigionieri, nessun governo dell'Afganistan avrebbe mai messo in libertà neanche un ladro di galline.