Arrestato il rapinatore dell'Ufficio Postale di Tione
I dettagli dell'operazione in una conferenza stampa al Comando Carabinieri di Trento

Nella foto, il maresciallo comandante della Stazione di Tione, il capitano Francesco Garzya comandante della Compagnia di Riva del Garda.
Sono bastate 15 ore ai Carabinieri di Riva del Garda e della Stazione di Tione per individuare il rapinatore che ieri, 18 aprile, aveva rapinato di prima mattina l’Ufficio postale di Tione, facendo un bottino di 1.100 euro.
Non è stato un lavoro semplice, perché gli indizi raccolti erano decisamente frastagliati e insufficienti per arrivare a qualche risultato.
Le telecamere collocate all’interno dell’ufficio postale e le testimonianze dei dipendenti e del cliente delle Poste avevano solo consentito di definire alcune cose. L’uomo era italiano, di mezza età, armato e deciso con una freddezza da consumato professionista. Insomma tutti e nessuno.
I militari hanno anche fatto sopralluoghi alla stazione delle corriere, pensando che se ne fosse andato con un mezzo pubblico, e hanno anche fermato i bus che si allontanavano da Tione, dove avevano istituito dei posti di blocco. Ma del malfattore nessuna traccia.
Il caso ha voluto che l’analisi delle telecamere poste fuori dell’ufficio postale rilevasse una vettura che corrispondeva all’impressione fornita da un cittadino, che aveva visto solo un’auto nei paraggi, che poi non si è fermata allo stop.
Risaliti alla proprietà (era intestata a una donna di Roncone), i carabinieri hanno studiato la situazione della famiglia in questione.
Il marito era nell'elenco di coloro che si erano recati alle poste qualche giorno prima, per fare una ricarica telefonica di 10 euro, operazione piuttosto inusuale.
Avendo rilevato che qualcuno della sua famiglia deteneva alcune armi regolarmente denunciate alla Questura, decisero di andare a vedere di persona.
Il sopralluogo non stava portando a niente, se non fosse che il capofamiglia, un trentino 52enne di origini siciliane, rispondeva ai militari mentendo su cose palesi e senza apparente motivazione.
Il sospetto che c’entrasse qualcosa con la rapina fu tale che i Carabinieri decisero di perquisire la casa, essendo in prossimità di flagranza di reato, informando il sospettato che poteva avvalersi di un avvocato. L’uomo pretese la presenza dell’avvocato alla perquisizione, e così avvenne.
Di fronte alle varie incongruenze che l’uomo dimostrava di continuare a proferire in risposta delle domande degli investigatori, l’avvocato ha consigliato il proprio cliente di… confessare.
E così alla fine l’uomo ha ammesso le proprie responsabilità.
Quanto all’arma e al malloppo, l’uomo si faceva accompagnare nel locale cimitero e mostrava l’arma usata per fare la rapina a il sacchetto dove teneva i soldi.
L’arma risultava una scacciacani (senza bollino rosso) e non una delle armi detenute regolarmente, e il sacchetto era decisamente vuoto.
Quando gli chiesero che cosa avesse fatto dei quattrini, l’uomo ha detto di aver saldato dei debiti che lo pressavano.
A qual punto, sentito il sostituto procuratore di turno, alle 23 circa i carabinieri hanno proceduto all’arresto del rapinatore e lo hanno portato al carcere di Spini di Gardolo.
È stato deciso che passasse la Pasqua in cella, in attesa dell’udienza di convalida prevista per il 22 aprile, per via dell’allarme sociale provocato con la rapina.
Nel frattempo i Carabinieri non hanno fornito il nome dell’arrestato e hanno distribuito foto con gli occhi coperti.
L'uomo è un artigiano disoccupato, con moglie e due figli.
Nella foto sotto, l'abbigliamento usato per fare il colpo, bandana compresa.
Il fatto che tenesse la scacciacani e il sacchetto in un posto così singolare, fa sospettare i carabinieri che per l’uomo non si trattasse della prima rapina commessa. Ma in proposito i militari si riservano di approfondire.