Un giro di prostituzione minorile – Di Giuseppe Maiolo, psicanalista
Non serve incolpare esclusivamente la tecnologia digitale: urge invece dire «Basta!» allo stupore dei genitori che non vedono come sono realmente i loro figli
Emerse nei giorni scorsi azioni di adescamento on line di minori finiti poi nel giro della prostituzione minorile, i giornali hanno giustamente riferito con dovizia di particolari di insospettati professionisti, per la gran parte bresciani, ma uno anche della provincia di Bolzano, i quali per lungo tempo hanno pagato prestazioni sessuali a ragazzi minorenni.
Sui rischi che i minori corrono in rete non si parla mai abbastanza o se ne parla quando accadono fatti del genere.
Personalmente ritengo sia la sfida educativa dei prossimi anni a cui dobbiamo prepararci. Ne parlo in continuazione ai diretti interessati, ai minori andando nelle scuole, ma anche ai genitori e agli insegnanti.
Sostengo dovunque che, per vincere la nuova sfida educativa che vede il rischio continuo di dipendenza dai Social o quello dell’adescamento da parte di pedofili oppure del Cyberbullismo (altra piaga in espansione), vi è l’urgenza che gli adulti di riferimento, quelli che hanno in carico il progetto educativo, devono conoscere e valorizzare le enormi potenzialità delle nuove tecnologie, ma anche sapere quali pericoli si corrono ed educare prestissimo i minori al loro corretto utilizzo.
Pochi, pochissimi, sono gli adulti che accompagnano i figli a conoscere i vari dispositivi con cui già da bambini interagiscono facilmente.
Nessuno mostra loro con coerenza come ci si deve comportare in rete e perché bisogna fare attenzione a postare foto personali.
Così i minori imparano ad arrangiarsi, si abituano a non dire quello che fanno quando navigano e a nascondere le loro esperienze negative.
Molti dei genitori che incontro non conoscono nemmeno il significato di parole come ad esempio «sexting» o «grooming».
Molti illusoriamente credono di tenere sotto controllo i figli guardando la cronologia dei siti o si illudono di sapere i loro contatti per il semplice fatto di far parte della loro lista di amici su un Social.
In realtà tutto è molto più complesso. Ad esempio un’assidua frequenza sul web porta un bambino a confondere il mondo virtuale con quello reale e a non vedere alcuna differenza nel passare dall’uno all’altro.
Tutto poi, ma proprio tutto, è a portata di un click.
Il sesso è a disposizione di ognuno nella sua infinita gamma di rappresentazioni.
Entri in chat erotiche e menti sulla tua data di nascita, conosci le fantasie, i desideri o le perversioni degli altri che facilmente possono far presa sulla pulsante sessualità degli adolescenti quando ancora però non sei attrezzato psicologicamente.
La pornografia dilaga in rete tra i giovani e di solito gli adulti di riferimento non ne sanno nulla.
I genitori conoscono poco o nulla della sessualità dei figli, non sanno i loro pensieri, le loro fantasie e soprattutto non hanno idea di cosa fanno quando navigano in rete, nell’isolamento della loro camera.
Ho chiesto recentemente a due genitori di una dodicenne vittima per un paio di anni di un pedofilo che l’aveva adescata in rete e aveva chiesto e ottenuto pose sessuali e filmati hard, che cosa pensassero di lei.
Mi hanno risposto che non avrebbero mai immaginato che sapesse già tutte quelle cose.
Non serve però incolpare esclusivamente la tecnologia digitale o demonizzarla.
Viviamo un tempo in cui la sessualizzazione diffusa della società ha portato alla scomparsa del concetto di infanzia e sul piano della sessualità tutto avviene in maniera anticipata.
Urge invece dire «Basta!» allo stupore dei genitori che non vedono come sono realmente i loro figli.
Basta non saper cosa fare e cosa dire.
C’è il bisogno urgente di predisporre progetti di intervento per la scuola e la famiglia che diano strumenti di autodifesa ai minori ma anche nuove attrezzature educative agli educatori.
Giuseppe Maiolo
www.officina-benessere.it