I Marò non saranno processati per pirateria
Ma non è una decisione della Corte Suprema, è solo la richiesta formale del governo indiano: di fatto è un altro rinvio
La Corte suprema indiana, chiamata a dare una risposta giuridica sul caso dei Marò italiani Latorre e Girone, di fatto ha nuovamente glissato il problema, aggiornando ogni decisione al prossimo 7 marzo.
Stavolta la scusa sta nella richiesta fatta dal governo indiano che, per mano del Ministero della Giustizia, ha chiesto formalmente che i due Marò non vengano incriminati sulla base della «SUA Act», la legge antipirateria, ma a termini di codice penale indiano.
Per rispondere all’istanza dell’Esecutivo, la Corte si è riservata 11 giorni da oggi.
A indagare, sempre su richiesta del governo indiano, sarà comunque la NIA, l’agenzia che si occupa di pirateria.
Ovviamente la notizia ha irritato le autorità italiane che, oltre a veder rinviare ancora una volta la definizione del capo di imputazione, trovano incongruente l’intervento della NIA anche in termini di indagine.
Su istanza di entrambe le parti, la decisione che verrà comunicata (forse) il 7 marzo riguarderà il soggetto che dovrà concludere le indagini presentando le prove del caso.
Ancora una volta, la debolezza italiana viene dimostrata dall’aver accettato implicitamente fin dall'inizio il dialogo con un Paese che ha imposto la propria giurisdizione violando gli accordi internazionali.
Non si può dire che il governo Monti si sia mosso in modo adeguato alla gravità della situazione e adesso i due Marò stanno ancora pagando le conseguenze.