Coop social: La «svolta buona» di Renzi arriva in Trentino

Il riconoscimento politico locale e nazionale chiama la cooperazione sociale da protagonista nella costruzione del benessere della comunità

In questo tempo di crisi la cooperazione sociale non solo regge, ma cresce: i dati finora raccolti confermano che, in generale, anche nel 2013 i bilanci chiudono in positivo con un aumento sia dei fatturati che dell'occupazione.
Questi risultati si accompagnano ad un sempre più ampio consenso istituzionale e politico.
«Non era mai accaduto prima nella storia del nostro Paese - ha affermato Mariano Failoni, presidente di Con.Solida - che un Governo riconoscesse un ruolo di primo piano al Terzo Settore di cui la cooperazione sociale è una parte rilevante. Se si legge attentamente il documento «La svolta buona» di Renzi si vede un riconoscimento che non riguarda solo il welfare, ma investe il nostro modello di impresa ritenuto utile ed efficace per lo sviluppo complessivo del Paese.»
 
Come si pone la cooperazione sociale di fronte a questo investimento?
A questo interrogativo hanno provato a rispondere oggi l'assessora Donata Borgonovo Re e Stefano Granata, presidente CGM (il consorzio nazionale che aggrega 1000 cooperative sociali e 45000 addetti) nel seminario «Il sociale come leva di sviluppo economico» organizzato da Con.Solida.
 
Per essere all'altezza del ruolo che le viene istituzionalmente riconosciuto, la cooperazione sociale deve stare al passo del cambiamento e individuare quali siano le modalità per far fronte ai nuovi bisogni, alle fragilità sempre più diffuse e, soprattutto, ai rischi di nuove disuguaglianze sociali.
Il giornalista Paolo Ghezzi, che ha moderato l'incontro, ha ricordato, infatti, che oggi le cooperative sociali si trovano a far fronte crescenti liste di attesa e per contro ad un calo di risorse pubbliche.
 
Sul tema delle risorse l'assessora Borgonovo Re ha precisato che pur prospettandosi una contrazione, lo stanziamento pubblico rimane notevole e fuori scala rispetto al resto del Paese.
«Il Governo Renzi ha stanziato 500 milioni per il Terzo settore, noi sul welfare ne mettiamo più di 400.
Quella trentina è un'esperienza da valorizzare perchè da tempo il sociale è considerato elemento di punta su cui investire, perché di investimenti si tratta e non di costi.»
 
Questa grande disponibilità di risorse ha prodotto, anche attraverso la cooperazione sociale, benessere e buona qualità della vita, ma ha avuto, secondo l'assessora, anche l'effetto collaterale di spegnere la spinta innovativa, di smorzare la fantasia e lo slancio.
Non è pensabile, seconda l'assessora, che ci sia una retrocessione del pubblico nel welfare e il lavoro della cooperazione sociale e del Terzo Settore in generale non va visto come sostitutivo, ma come un arricchimento che consente di dare una risposta ampia ai bisogni dei cittadini.
 
Detto questo l'assessora non ha nascosto che le criticità ci sono e vanno affrontate insieme con nuove modalità di collaborazione pubblico - privato, in un confronto che riconosca i compiti di ciascuno nell'ambito di un disegno comune.
Per farlo serve anche una rappresentanza del Terzo settore caratterizzato oggi da un'estrema frammentazione.
 
Tra le cose da fare secondo Borgonovo Re: il Piano della salute nell'ambito del quale il sociale rappresenta l'80%, mentre solo il 20% è sanità; un ripensamento della distribuzione delle risorse destinate al welfare sulle Comunità di valle perché che oggi rischia di risultare iniquo; la trasformazione dei benefici economici ad oggi erogati in servizi perché solo questi ultimi hanno una reale ricaduta sul benessere delle persone.
Stefano Granata, presidente di Cgm ha sottolineato che in questi decenni il Terzo Settore ha garantito la tenuta del Paese evitando che esplodessero lacerazioni e diseguaglianze sociali.
«La cooperazione operando nelle periferie ha prodotto coesione e inclusione sociale in un Paese come l'Italia che è il Terzo in Europa per concentrazione della ricchezza.»
 
«Fino ad oggi - ha detto Granata - siamo stati poco visibili perché abbiamo lavorato come piccoli artigiani curando l'inclusione sociale in relazioni uno a uno. Oggi lo scenario è diverso: basta perdere il posto di lavoro e questo immediatamente impatta sull'educazione, sulla casa, sulla mobilità e così via. Diritti che credevamo acquisiti - come appunto l'abitazione, l'istruzione, addirittura l'accesso all'energia - vengono messi in discussione. Diritti che riguardano una moltitudine di persone. Quindi la cooperazione sociale si deve attrezzare, avere un impatto molto più forte passando ad un approccio che potremmo definire «industriale»: occuparsi non più di centinaia di persone ma di migliaia.»
Per quanto riguarda le risorse, secondo Granata la cooperazione sociale deve trovare anche fonti diverse da quelle pubbliche; rivoluzionare i modelli di produzione, innovare i servizi rendendoli più attrattivi sia per gli investitori e capaci di raccogliere la disponibilità all'acquisto dei cittadini, pur garantendo quote di gratuità e per i meno abbienti.