Social film: «EU 013 – L'ultima frontiera», il dramma di migranti
La Rassegna riservata al genere cinematografico del documentario proseguirà giovedì 20 marzo con il terzo titolo in calendario

Prosegue a Trento al Teatro «Cuminetti» la rassegna cinematografica «SOCIAL FILM», promossa dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara e dedicata al genere del documentario.
Giovedì 20 marzo sarà proiettato «EU 013 – l'ULTIMA FRONTIERA», un film di produzione italiana realizzato nel 2013 da Alessio Genovese e Raffaella Cosentino.
I Centri di Identificazione ed Espulsione – in sigla C.I.E. – esistono in Italia da 15 anni, ma questa è la prima volta che il Ministero dell'Interno autorizza una troupe cinematografica a girare all'interno delle strutture.
L’esplorazione di questa realtà, dove ogni anno migliaia di cittadini stranieri vengono trattenuti per non avere un regolare permesso di soggiorno, è drammatica e contraddittoria.
«Il film di Alessio Genovese e Raffaella Cosentino – scrive il blogger Gabriele Del Grande – non è soltanto un viaggio nei C.I.E., ma anche nel nostro immaginario. Perché, in fondo, la vera funzione dei C.I.E. non è controllare i flussi migratori, come dimostrano le basse percentuali di rimpatri effettivi. La vera funzione dei C.I.E. è simbolica. Sono la materializzazione della frontiera, sono il costante tentativo (fatto sulla pelle dei detenuti) di ridefinire il confine. E su quel confine costruire l'identità del nemico e, in fondo, anche la nostra.»
Alessio Genovese e Raffaella Cosentino non si sono limitati a raccontare la vita dei reclusi all'interno dei C.I.E., ma si sono spinti oltre, seguendo il lavoro della Polizia di frontiera all'aeroporto di Fiumicino, a Roma.
Commentano gli autori del film
«Il muro di silenzio che circonda i C.I.E. e chi vi è rinchiuso si è aperto, in via del tutto eccezionale, al nostro breve passaggio per poi richiudersi nell’indifferenza di tutti i giorni.
«Sono luoghi che si raccontano da soli, istituzioni totali che ci ricordano i lager e i manicomi, dove a farla da padrone è la violenza, fisica e mentale.
Gli «ospiti», come vengono chiamati i trattenuti, sono persone private della loro identità. Finiscono rinchiusi per i motivi più svariati.
«La maggior parte di loro ha perso il permesso di soggiorno per effetto della crisi, molti altri hanno finito di scontare una pena in carcere, pochissimi sono quelli che arrivano dagli sbarchi. La percentuale più alta non viene rimpatriata.
«Allo scadere dei diciotto mesi vengono rilasciati con un foglio di via con il quale devono uscire dal territorio nazionale italiano entro pochi giorni.
«Molti di loro non vengono più riconosciuti dai loro consolati, se escono dal nostro per andare in un altro Paese europeo vengono fermati e rimandati in Italia dove vengono riportati in un C.I.E. per altri diciotto mesi. Una storia assurda che sembra non finire mai.»
Giovedì 20 marzo il pubblico avrà accesso gratuito al Teatro Cuminetti e, al termine della proiezione che avrà inizio alle ore 21.00, potrà discuterne con la regista Raffaella Cosentino che sarà presente in sala.