Cerimonia oggi a Pejo a 10 anni dal ritrovamento del Piz Giumella

Onorati i soldati di entrambi i fronti che quassù vennero ad affrontarsi, in un terreno al limite le condizioni di vita e di combattimento

Allo scoppio della guerra Pejo si trovava agli estremi confini sud occidentali dell’impero austro-ungarico ed era con i suoi 1.600 metri s.l.m. il Comune alla quota più alta di tutto il territorio imperiale.
Con l’entrata in guerra del Regno d’Italia Pejo si trovò improvvisamente a ridosso della prima linea che correva lungo lo spartiacque tra i valichi verso l’Italia del Tonale e dello Stelvio.
Tra i settori operativi della Guerra Bianca, quello dell'Ortles-Cevedale in assoluto presentò le condizioni estreme.
A cent'anni dall’inizio del Primo Conflitto mondiale il ricordo di quegli eventi è vivo più che mai nella memoria collettiva di tutta Europa, basti pensare alle innumerevoli iniziative permosse per celebrare  l’anniversario appena iniziato.
Nel nostro Trentino il segno profondo lasciato da quell’immane tragedia ha dato origine ad eventi celebrazioni di grande potenza evocativa.
Pejo puntualmente come ogni anno ha voluto ricordare al cimitero di San Rocco tutti i caduti della Grande Guerra e in particolare quei soldati dell’impero austro-ungarico ritrovati dieci anni fa sul Piz Giumella, periti nell’ultima battaglia del San Matteo ai 3.678 metri di altitudine.
 
Una doppia ricorrenza quindi per la comunità che assieme all’Amministrazione comunale, al Museo «La Guerra sulla Porta» di Pejo e del Centro studi per la valle di Sole nel corso dell’estate ha predisposto ben 11 eventi per ricordare il Centenario dell’inizio del conflitto bellico che da subito ha coinvolto anche queste valli e per riproporre un ricordo per i primi Kaiserschützen che i ghiacciai hanno riportato alla luce nel 2004
Il Cardinale Giovanni Battista Re Prefetto emerito della congregazione dei vescovi, durante la Santa Messa celebrata assieme al parroco di Pejo Don Enrico Pret, ha ribadito quello che deve essere il percorso della comunità cristiana, ossia di pregare per i caduti, portare un fiore e dire una preghiera sulle loro tombe, ma che tutto ciò ci spinga a guardare al futuro, ai giovani con rinnovata speranza e fiducia che certi fatti non debbano più accadere.
«Ricorrenze e celebrazioni – ha detto il sindaco di Pejo Angelo Dalpez nel suo intervento -per noi ricche di significato che ci riportano ancora una volta a deprecare la guerra ma anche ad onorare quei soldati di entrambi i fronti che quassù vennero ad affrontarsi, dove l’eccezionale impervietà del terreno, se da un lato impedirono azioni belliche di un certo respiro, dall’altro esasperarono al limite le condizioni di vita e di combattimento degli uomini coinvolti nel conflitto. Tutti eroi che vivono nel ricordo della pietà umana.»
 
Presente il Presidente della Provincia Autonoma Ugo Rossi è stato l’Assessore alla Cultura, cooperazione e protezione Civile Tiziano Mellarini, a portare il saluto della comunità ribadendo come la pace si costruisca giorno per giorno nei rapporti umani e nelle istituzioni.
«Dopo la guerra – ha detto ancora Mellarini - la montagna è diventata luogo di abnegazione, ma è diventata anche, seppur lentamente, lo scenario in cui, gli stessi uomini hanno scoperto di appartenere ad uno stesso mondo. E le divise che oggi vediamo qui lo dimostrano: Kaiserschützen, Kaiserjäger, Alpini uniti tutti in un anelito di pace.»
 
Per la Croce Nera d’Austria è intervenuta Annemarie Wieser Cattani che ha ripercorso a sommi capi quello che è stato l’iter con il ritrovamento del 2004 dei 3 Kaiserschützen.
Inizialmente l’Austria voleva riportare i tre soldati sul proprio territorio, mentre ora riposano nel luogo sacro di San Rocco dove tra l’altro, lo scorso anno, hanno trovato giusta dimora i due soldati austriaci ritrovati sul Presena.
Per la Croce Nera era anche presente in forma ufficiale anche Erwin Fitz particolarmente legato a questi luoghi mentre a concludere gli interventi è stato il Senatore Franco Panizza che da sempre ha affiancato la comunità e la Croce Nera per fare si che il cimitero di San Rocco tornasse ad luogo di culto e di raccolta dei resti che puntualmente emergono con il ritiro dei ghiacciai.

Panizza si è quindi soffermato su un concetto già espresso da Mellarini e dalla rappresentante della Croce Nera.
«Queste cerimonie – ha detto – spesse volte si trasformano in feste folcloristiche, in esibizioni spettacolari ma che poco hanno del principio di solidarietà, pietà umana e rispetto di quanti combatterono e morirono tra queste montagne.
«Pejo – ha concluso Panizza – grazie alla sensibilità del direttore del Museo di Pejo Maurizio Vicenzi e dell’Amministrazione comunale, è un esempio di sobrietà, di rispetto, e di particolare attenzione su quei fatti accaduti cento anni fa.»
Alla cerimonia erano presenti molti i rappresentanti delle istituzioni provinciali, del Centro Studi della Valle di Sole, diversi sindaci, Kaiserjäger, Kaiserschützen, Alpini con il vicepresidente sezionale Sandri e molti consiglieri oltre alla compagnia Schützen della Valle di Sole che come da tradizione a conclusione a sparato dei colpi a salve.