I No-TAV come nella rivolta in Egitto: non tollerano i giornalisti

L’ossimoro dei dimostranti che non vogliono far sapere quello che ostentano quando scendono in piazza: la Tav a loro importa poco o punto

Mentre a Trento i No-Tav sono andati a spasso senza creare troppe difficoltà (foto), a Roma il corteo ha degenerato e, contrariamente agli avvertimenti della Questura, si è portato addirittura sulla tangenziale.
Traffico bloccato e, come sempre, danni gratuiti.
Con una novità, la caccia ai giornalisti.
 
Per la verità, il disprezzo per i giornalisti da parte dei No-Tav è generalizzato un po’ in tutto il Paese. Quindi anche a Trento. Più di un collega ha provato a intervistare i dimostranti, i quali hanno negato.
A Roma invece hanno gettato acqua e colla in faccia a una collega de La Sette che aveva tentato di intervistarne uno.
 
Va da sé che noi non intervisteremo nessuno di loro, per due ordini di ragione.
Il primo è che non è accettabile che un favore venga scambiato per un dispetto. Magari penseranno davvero che si tratti di una provocazione, ma quando si cerca di dare voce a qualcuno è sempre un atto di democrazia.
Il secondo nasce dal contrasto di concetti. Quando si scende in piazza per dimostrare qualcosa, lo si fa per farlo sapere. Altrimenti non è una dimostrazione ma un’azione a senso unico.
 
Quest’ultimo aspetto è un «ossimoro» e va rimarcato con particolare attenzione, perché sta a dimostrare che i ragazzi scendono in piazza solo per fare casino. Per divertirsi o per sfasciare tutto.
Il che fa perdere non tanto i valori originali, che forse non ci sono mai stati, ma gli obbiettivi immediati sì.
In altre parole, della TAV importa loro poco o punto.
 
Come abbiamo scritto nel titolo, l’intolleranza nei confronti dei giornalisti ricorda drammaticamente l’analoga situazione in cui si sono trovati i nostri colleghi che al Cairo hanno provato a documentare la primavera araba egiziana.
Questa caccia ai giornalisti sta a dimostrare sostanzialmente che i dimostranti non vogliono proprio far sapere che cosa stanno facendo.
In due parole, o si vergognano di quello che fanno, oppure non lo fanno per ideologia ma per conto di qualcuno.