«Figli e lavoro, si può» – A cura di Adele Gerardi

«…la cosa importante non è sopravvivere, ma contribuire al cambiamento, ognuno a suo modo, nella propria comunità.» – Thiago de Mello, poeta brasiliano

Titolo: Figli e lavoro, si può
Autrice: Adele Gerardi

Editore: GreenTrenDesign Factory Rovereto
Pagine: 96, brossura

Presentazione: a Rovereto il 4 dicembre
Contatti: 0464 443427

Il contenuto
Mobbing, proposte di dimissioni in bianco, rifiuto del rinnovo del contratto di lavoro, pressioni al licenziamento, part-time negato, gravidanza celata, demansionamento del ruolo al rientro al lavoro dall’aspettativa, sono alcune delle conseguenze vissute da donne lavoratrici in Italia nel 2012 in seguito alla maternità.
Questi e altri casi analoghi sono stati anche oggetto di un libro-inchiesta dal titolo «O i figli o il lavoro», scritto dalla giornalista Chiara Valentini.
Un versante drammatico, quello della discriminazione sul lavoro delle mamme, ma anche verso chi deve prendersi cura dei genitori anziani, o ha problemi fisici e personali.
Cronache di vita vissuta che colpiscono, perché risalgono solo a due anni fa e non al secolo scorso.
Discriminare, a tutti i livelli, si traduce inesorabilmente in un disagio per la società intera del nostro Paese, che da anni veste la maglia rossa in Europa, e nel mondo, per crescita demografica.
L’Italia si conferma uno dei paesi con il più basso tasso di natalità al mondo: nel 2012 il numero medio di nascite per donna è stato stimato a 1,42, in calo rispetto all’1,46 del 2010 che rappresentava il valore più alto dal 1984.

Secondo i dati del bilancio demografico della popolazione residente in Italia, sono stati 534.186 gli iscritti in anagrafe per nascita nel 2012, oltre 12.000 in meno rispetto al 2011.
Il dato conferma la tendenza alla diminuzione delle nascite: sono oltre 42.000 i nati in meno dal 2009. (dati Istat ).
Un disagio che in Italia non si riflette solo sul piano sociale, ma anche su quello politico: la nostra Costituzione ci dice che a tutti i cittadini è riconosciuto il diritto al lavoro.
La Corte costituzionale, in base a questo diritto ha affermato più volte, che le donne non devono mai essere costrette a scegliere tra lavoro e famiglia.
Nell’Europa del nord si tutelano le mamme lavoratrici e i padri lavoratori, la famiglia: lo fa la Svezia, in primis, seguita da Francia, Germania e Austria, solo per citare alcuni Paesi.
Un dettaglio, su tutti, la dice lunga, ad esempio, sullo stato di avanzamento delle pari opportunità nel Regno Unito: «Nell’agenzia di stampa Reuters, le giornaliste mamme sono un esercito, e, a volte, quando fanno un figlio vengono addirittura premiate».
In Italia si arranca, ma ci sono territori che si differenziano per la capacità di autogoverno, dove è l’empatia con la propria comunità ad avere la priorità nelle scelte di governance.


Adele Gerardi.

Adele Gerardi: per il diritto a non dover scegliere
Nel quadro a tinte fosche sopradescritto, abbiamo voluto inserire con questa pubblicazione un tassello a colori, a forma di farfalla, per volare sulle ali di una speranza che ci dice che oltrepassare il bivio «o i figli o il lavoro» è possibile.
Il Trentino presenta, da alcuni anni, un innovativo contesto di strumenti normativi, stabiliti dalle istituzioni dell’Autonomia, per promuovere la conciliazione tra l’attività lavorativa e gli impegni familiari, che lo pone in asse con il welfare più avanzato del Nord Europa, come si può evincere leggendo l’appendice «Accade in Europa».
In Provincia di Trento nel 2010 è stato anche concepito e poi realizzato un vero e proprio marchio di garanzia, il Family audit, che certifica se un’organizzazione, sia pubblica che privata, tuteli il benessere familiare dei propri dipendenti.
Il Family audit ora è in progressiva adozione nel resto del Paese. Gli strumenti di conciliazione adottati in Trentino non si riducono solo al contratto part-time, che spesso è risultato penalizzante, sia in termini di previdenza che di carriera lavorativa, ma si declinano in molte formule più avanzate e congeniali alle lavoratrici e ai lavoratori: congedi di paternità, nuove forme di flessibilità di orario del lavoro, mensile, annuale, verticale, nidi aziendali, asili nido di comunità, telelavoro, servizio di assistenza domiciliare Tagesmutter, voucher conciliativi, il Registro provinciale Co-manager, cooperative di baby sitteraggio.
Misure, queste, volte non solo a emancipare la donna (vetusta espressione), ma a favorire la condivisione del lavoro di cura in famiglia, sia dei figli, sia dei genitori anziani.
Strumenti questi, in buona sostanza, mirati a raggiungere un’effettiva pari opportunità lavorativa tra uomini e donne e la conseguente migliore qualità di vita, che vede nel benessere familiare le proprie fondamenta.
Strumenti resi possibili anche dall’investimento in nuove tecnologie, se si pensa a formule di partecipazione lavorativa da casa, come quella offerta dal telelavoro.

Nel libro non troverete un’indagine scientifica, con dati e statistiche, ma una serie di racconti di vita. Sulla base della convinzione che sia più efficace, ai fini della comunicazione, calare nel quotidiano le misure di conciliazione famiglia-lavoro per capirne l’effettivo funzionamento.
Ringrazio di cuore i protagonisti del libro, perché oltre ad aver avuto il coraggio di parlare di sé, hanno desiderato, attraverso le proprie esperienze di alleggerimento dei carichi familiari e di lavoro, tendere la mano anche agli altri per dimostrare che si può essere sereni a casa, senza rinunciare alla «carriera», concetto che trova conferma anche nelle interviste ai rispettivi datori di lavoro.
Conoscerete, quindi, dei percorsi di vita, diversi gli uni dagli altri, in cui una scelta, a volte obbligata, si è trasformata nella libertà di poter godere la famiglia, senza penalizzare la propria attività professionale.
Le storie sono narrate in parallelo: datore di lavoro/dirigente e dipendente, in modo da poter comparare i due punti di vista e capire come ben si amalgamano le due esigenze, apparentemente o storicamente per mentalità, contrastanti.
Le testimonianze raccolte nel libro ci fanno vedere che è possibile innescare un ciclo virtuoso di miglioramento, che comincia dalla soddisfazione di poter seguire i propri impegni familiari, senza ansia di prestazione sul lavoro.
«Incoraggiante.» Questo è l’aggettivo che userei, se mi fosse stato chiesto di sintetizzare con una sola parola l’effetto complessivo di questa pubblicazione.
La serie di storie di vita vissuta, raccontate in «Figli e lavoro si può», evidenzia nel quotidiano il successo delle misure di conciliazione degli impegni familiari con quelli del lavoro, portando un po’ di ottimismo in tempi in cui le difficoltà economiche lasciano poco spazio a sentimenti di speranza di un futuro migliore.
Qui non si parla di numeri, di statistiche, di profitti al lordo o al netto, o di Pil, ma di esperienze reali di donne e uomini, madri e padri, in cui ognuno può riconoscersi e per questo sentirsi incoraggiato a superare le proprie difficoltà.
Le dieci storie assumono anche un’ulteriore e particolare sfumatura, perché appartengono al contesto sociale di una comunità che si autogoverna.
L’Autonomia del Trentino storicamente vede tra i propri pilastri, appunto, la famiglia, il cui benessere è da sempre un tassello imprescindibile per la coesione sociale. Le buone pratiche messe in campo dalla Provincia autonoma di Trento per sostenere il lavoro e la famiglia, di cui la conciliazione è uno degli strumenti, ma non il solo, intendono sottolineare anche i vantaggi di una visione che trova nella differenziazione dei territori, a seconda della propria storia e delle proprie consuetudini, un valido contributo per lo sviluppo e l’avanzamento sociale di tutto il Paese.
La conciliazione famiglia-lavoro può essere oggi una delle parole chiave per aprire le porte su scenari futuri di benessere personale e di slancio economico allo stesso tempo.
Nel libro, oltre alle esperienze dei dipendenti, che hanno potuto gestire le criticità familiari senza perdere il lavoro, o penalizzarlo, sono riportate anche le considerazioni dei rispettivi datori di lavoro.
Tutti concordano sul fatto che misure come il telelavoro o l’orario personalizzato hanno ridotto le assenze, i permessi e le aspettative realizzando notevoli economie di scale.
Valorizzare il capitale umano è di fatto un fattore di sviluppo per le stesse aziende.