All’alba Vivaldi incontra jazz e tradizione ladina

MarioBrunello, Cello4Ever e Dave Douglas hanno incantato un folto pubblico che si è disposto sulle verdi distese del Col Margherita

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Sono molti, moltissimi i motivi per cui qualcuno può scegliere di assistere a un concerto de I Suoni delle Dolomiti all'alba.
L'ora inconsueta, il mistero, l'arrivo del sole che svela il mondo, la fatica che si trasforma in sonno a concerto finito, le sagome delle montagne che diventano sempre più nitide man mano che la notte cede il passo all'aurora e al sole.
Di certo è qualcosa che è ancora in grado di affascinare, e lo si è compreso una volta di più oggi all'unica Alba delle Dolomiti prevista nell'edizione 2015 del festival trentino di musica in quota.
Sono arrivati in tanti, oltre tremila, per ascoltare il violoncellista Mario Brunello, il trombettista jazz Dave Douglas e i violoncellisti dei Cello4Ever.
Sono saliti in silenzio in un ordinato via vai sin dalle ore 3.30 della notte, si sono seduti o sdraiati sulle rocce punteggiate di licheni o sull'erba ancora umida, hanno indossato giacche a vento colorate, occhiali da sole, berretti; qualcuno ha portato con sé il sacco a pelo e la compagnia di un fidato cane. Nessuno alla fine era solo.
E in silenzio tutti hanno atteso i musicisti e il sole che fortunatamente si sono svelati insieme.
E così gli applausi si sono equamente divisi tra gli artisti che prendevano posto e i raggi del primo sole che disegnavano le cime di Costabella, davano forma alle pietre e profondità ai corpi togliendo tutti dall'attesa.
Il «risveglio», se così lo possiamo chiamare, è stato un insieme di stupore e meraviglia e mentre lo sguardo di tutti i presenti si perdeva nella luce e nei colori che finalmente ritrovavano posto nell'orizzonte, Mario Brunello ha intonato un canto poeticissimo e dolente.
Una melodia che a tutti è venuta da cantare nella mente, senza però ricordare da dove venisse esattamente.
Al Maggini del concertista veneto si sono aggiunti i violoncelli del Cello4Ever e infine anche la tromba di Douglas e allora tutti hanno capito che quella canzone veniva da lontano, era una canzone di gente comune che finì di qui o di là del confine e che dovette indossare una divisa e andare al fronte a morire.
Brunello l'ha detto con un sussurro: un omaggio dovuto e voluto a chi combatté la Grande Guerra. E ormai il sole aveva schiarito il verde dei Monzoni, dove un tempo era dispiegato l'Alpen Korps tedesco e le cime di Costabella che invece finirono per risuonare di parole italiane.
 

 
Dopo questo momento molto raccolto l'Alba si è mossa in un giusto equilibrio di leggerezza e profondità con Brunello e Douglas a giocare traducendosi reciprocamente o a contare quanti spettatori li avevano visti durante le rispettive passate esibizioni.
Nel mezzo tanta musica, la musica amata dai concertisti come l'Aria per Soprano e Orchestra di Francesco Cilea che il jazzista newyorkese ha chiesto di poter eseguire costruendo su un sottofondo di archi una serie di assoli notturni e malinconici, pieni di memorie e ricordi.
Dal jazz al blues il passo è breve, solo che all'Alba non è arrivato il blues canonico ma quello "classico" del Cinque-Seicento con la Ciaccona di Henry Purcell.
In quello che si è presto svelato un tripudio di luce e calore non poteva mancare Antonio Vivaldi o, come lo chiama Douglas e i newyorkesi Tony Vivaldi, con l'esecuzione del concerto in Re maggiore con tre movimenti dedicati rispettivamente allo splendore di Venezia, alla malinconia della città e, infine, al teatro dei calli e dei campi in laguna.



 
La seconda parte del concerto è stata dedicata a Mountain Passages, la composizione che Dave Douglas ha scritto espressamente per I Suoni dele Dolomiti nel 2003.
Come ha spiegato il trombettista in questa suite - appositamente adattata a questa nuova esibizione - c'è molto: la memoria di un padre innamorato della montagna, il ricordo di un fratello e un universo di rimandi e atmosfere come quello  dei ladini.
«La cosa che mi ha stupito - ha spiegato - è l'aver trovato nei canti ladini una continua alternanza tra una grande energia da una lato e una certa malinconia e un certo mistero dall'altro».
Con lui Brunello e i Cello4Ever hanno dato il meglio per rielaborare in una chiave nuova le "camminate montane". Grandi applausi alla fine e richiesta di bis, puntualmente regalato con un brano russo che ha riportato tutti su altri orizzonti, quelli di San Pietroburgo.
Una Venezia slava che ha fatto da contrappunto a quella italiana e latina.
Il tutto però suonato su un mare che non c'è più e si è fatto roccia: le Dolomiti.
Uno scenario ambientale di grande, irresistibile fascino, fatto di rocce, erba, boschi, vento, che attrae e seduce turisti provenienti da ogni angolo d’Europa e non solo; uno scenario che è anche prezioso spazio acustico, dove le note risuonano verso l’alto e si espandono tutt’intorno arricchendosi di sfumature e inflessioni espressive inedite.