Fenalt: pronta la causa per i buoni pasto

l lavoratori delle case di riposo trentine non hanno il buono pasto anche se la spesa è compresa nel contributo provinciale

Fenalt, sindacato di maggioranza nel settore case di riposo, non ci sarà alla festa per i 25 anni di attività organizzata oggi da UPIPA presso l’auditorium del Consorzio Sant’Orsola a Cirè di Pergine.
«Come sindacato – osserva Roberto Moser, vice segretario generale Fenalt e responsabile area Apsp – riteniamo che non ci sia molto da festeggiare. La situazione delle case di riposo trentine è critica: manca personale, i carichi di lavoro sono eccessivi e per farsi riconoscere diritti elementari è necessario andare in tribunale». Il problema che pone Moser è quello dei buoni pasto, a tutt’oggi non riconosciuti ai lavoratori delle case di riposo. «Mentre leggiamo l’ordinanza della Corte di Cassazione (25840/2024) di qualche giorno fa che riconosce anche ai lavoratori in ferie il diritto al buono pasto, noi siamo qui a combattere per ottenerlo mentre siamo sul lavoro».
 
Dati alla mano, Moser spiega: «La PaT riconosce oggi alle APSP trentine un contributo che varia in base alla gravità dell’ospite e che in totale assomma a più di 137 milioni di euro. A questi si aggiungono altri finanziamenti che portano il totale a più di 143 milioni di euro, senza considerare le rette pagate dalle famiglie. In queste cifre, che si aggiornano quando viene rinnovato il contratto di lavoro, è compresa anche la spesa del pasto per i dipendenti: 7 euro a giornata lavorativa con una durata di almeno 6 ore. Ma la gran parte degli operatori la mensa non la vede mai, perché è impegnata ad alimentare gli ospiti. In questo modo le case di riposo risparmiano 7 euro al giorno per dipendente. Non ci può andar bene. Se un operatore, come succede oggi, non arriva ad usufruire della mensa, col buono pasto ha la possibilità di spendere il denaro, dopo il turno, nei locali convenzionati».
 
Fenalt non si ferma qui e per far valere un diritto che la Cassazione ora riconosce anche a chi è in ferie, annuncia di aver quasi concluso una raccolta firme per conferire mandato ai propri legali di procedere in sede giudiziaria.
Ma non basta. «Riteniamo – conclude Moser - che la spesa di circa 230 milioni di euro annui per 4500 ospiti sia una spesa elevata. Da anni abbiamo individuato dei tagli praticabili, senza incidere sulla qualità dell’assistenza e tanto meno sugli operatori che ci lavorano. Ma l’amministrazione e la parte politica non ci ascoltano. Stiamo valutando pertanto di rivolgerci anche alla Corte dei conti. Comunque in Fenalt siamo ottimisti: confidiamo nei 50 anni per tagliare la torta insieme».