Cartoline dal Maestro Ezio Bosso – Di Bruno Lucchi

«Togliere, mettere…» è il momento magico: per un musicista come per uno scultore

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«Togliere è mettere». Così Ezio Bosso diceva agli orchestrali.
Questa frase mi è frullata nella testa durante le prove dello «Stabat Mater» di Rossini a Todi, nei primi giorni di maggio.
«Togliere». «Mettere». Parole amiche per uno scultore.
Sia ben chiaro: lontana da me l’idea di paragonarmi ad un gigante della musica e di umanità qual è Ezio.
Penso che il lavoro di un direttore d’orchestra ha davvero molto in comune con il mio: lo scultore.
La scultura è architettura, spazio, forma, materia, proporzioni, armonia.
La creazione di un'opera d'arte inizia da un'idea, si sviluppa con un disegno, poi con un progetto, infine per vederla realizzata bisogna «mettere le mani».
 

 
Il compositore traccia, posando note sul pentagramma, infiniti movimenti.
Disegna curve sottili o pesanti, tanto da sentire il peso della leggerezza dei passi di un ballo o la pesantezza di un dramma.
È scrittura, quella musicale, che evoca forme piene, dense, vibranti, esuberanti a volte. Silenzi vuoti. È scrittura che dà armonia.
Ecco di nuovo: idea, disegno, progetto e, infine, per vedere realizzata l'opera bisogna «mettere le mani». Similitudine straordinaria.
Entrambe, musica e scultura sono gesti, movimenti, pause, spazi pieni e vuoti. Silenzi e suoni, luci e ombre. Materia da manipolare.
Guardare la musica.
Sentire la materia.
Nel desiderio comune di bellezza, l'opera viene alla luce. Appare.
Che magia l'arte.  
 

 
Per eseguire un'opera musicale si inizia da una partitura.
Oltre alle note, il compositore riporta spesso indicazioni, così da poter ottenere l'esecuzione, da parte di un'orchestra, il più aderente al proprio pensiero musicale.
Il compito del direttore d'orchestra è, innanzitutto, studiare, studiare, studiare.
Mettersi in ascolto del compositore, approfondire le indicazioni riportate sullo spartito, per poi - infine - misurarsi con l'orchestra.
È un lavoro di ricerca. Di scavo, proprio come chi come me plasma, leviga, incide la materia. Una prova non da ridere.
Una sfida che solo gli artisti o gli incoscienti hanno il coraggio di affrontare.
 

 
Assistere alle prove d'orchestra è un'esperienza impagabile. Significa assistere alla genesi di un'opera. Una lezione di vita.
La prima lettura. La comprensione dei brani. L'approfondimento di alcune frasi musicali.  Le diverse tecniche di esecuzione da mettere in sintonia.
La rigorosa attenzione ai dettagli. La delicatezza di un pizzicato. Le indicazioni del direttore ai singoli musicisti - per noi a volte di difficile comprensione.
L'esercizio per ottenere, dal proprio strumento e in quello spazio, il suono desiderato.
È una narrazione e - come in un buon racconto - solo all'ultima pagina, alla perfomance finale, si giunge alla comprensione vera dell’opera.
Lo stesso avviene realizzando una scultura. Difficile immaginare il risultato finale, anche se in alcune fasi intermedie, per un occhio non allenato, l’opera può risultare terminata.
 

 
Il direttore d’orchestra prende posizione in mezzo all'orchestra, solo dopo anni di studio e di esperienze. Ha a propria disposizione strumenti, a volte voci, partiture, musicisti.
Ma anche mani, sguardi e «quell'esile bacchetta, che quando l'abbassa genera un'esplosione di energia. Inimmaginabile».
Mi rivedo nel silenzio del mio studio, con gli strumenti per lavorare l’argilla sporchi di terra (oggetti meno poetici di un'esile bacchetta bianca che emana riverenza) che vibrano di paura e tensione, e incido il blocco di terra vergine. Umido.
Provoca un'esplosione - certamente meno rumorosa - piena di luci, di colori, di sensazioni, di gioia, di emozioni. Inimmaginabile.
Anche lo scultore usa, soprattutto, le mani. Dopo ricerche, confronti, approfondimenti sui materiali da utilizzare, si mette all'opera: realizza disegni, bozzetti.
Ma, è solo dopo anni di studi, esperienze, fatiche, prove, esperimenti e fallimenti, che si apre la strada a risultati significativi. Tutto questo è tempo che non si vede, ma c'è.
Come la musica: c'è, ma non si vede.
È un lavoro di scavo. È «mettere le mani» dentro la materia.
 

 
Tutti i musicisti sanno leggere ed eseguire le musiche di uno spartito, ma è solo con la guida e sensibilità di un direttore,
capace di armonizzare i suoni dei vari strumenti e unire le diverse personalità di musicisti, che il risultato potrà essere un'opera d'arte.
E se - infine - l'artista, sia esso un direttore d'orchestra o uno scultore, ci mette l'anima, il risultato sarà un capolavoro.
È con questi pensieri che, con la mia Nikon, ho cercato di rubare il momento magico costantemente cercato da Ezio in quei quattro giorni di musica entusiasmanti.
Quel momento magico- capace di scatenare sguardi di gioia e abbracci a volontà - al termine del concerto, una volta svanito il riverbero dell'ultima nota, è giunto. Non avevo dubbi.
E anch’io, parte del pubblico, quello che Ezio definisce «il terzo musicista», mi son sentito partecipe alla creazione di quest’opera assieme a tutti i presenti.
LA BELLEZZA IERI, OGGI, SEMPRE, - per concludere rubo un'affermazione di Ezio - «NON BASTA MAI!»

Bruno Lucchi
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